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Imprevedibili magisteri ecclesiastici

Post n°519 pubblicato il 18 Giugno 2009 da middlemarch_g
 

Ah be’: questa ve la devo proprio raccontare. Mi è tornato in mente leggendo un articolo, che già di suo è abbastanza spassoso.  Me lo vedo con questi occhi, il caro Joseph, che scrive la sua missiva pastorale con accorati appelli: facciamo qualcosa!

Mi ha evocato un episodio che credo di aver letto molti anni fa nel libro di una tipa che si chiama Uta Ranke-Heinmann, Eunuchi per il regno dei cieli, una storia dei costumi sessuali del cattolicesimo. Mi rimase impresso un particolare episodio, sia per la sua capacità di esplicitare in modo assoluto certe perversioni integraliste, sia perché non può non farti sganasciare dalle risate.

Nel XVIII secolo, in Francia, una crisi delle confessioni di analoga portata di quella di cui oggi si lamenta il papa, portò alla completa riorganizzazione pastorale e alla creazione di una precisa figura professionale da scegliersi fra consacrati: il prete confessore. Una classe di sacerdoti preparati appositamente per questo compito con tutta la cura del caso. Perché la gerarchia cattolica sulle pieghe più nascoste della natura umana, specie quelle oscure o che lei giudica tali, l’ha sempre saputa molto lunga. Ché confessare è un’arte: che vi credete, che uno arriva, si inginocchia, e in un istante vi rivela tutti i suoi pensieri più nauseabondi? No cari, non è così che succede. Perché l’orrendo peccatore, giustamente, si vergogna delle sue miserie, e ne ha grandissimo scuorno. E allora ci vuole una figura professionale con ben precise competenze che ti metta a tuo agio e ti spinga a rivelare tutttotuttotutto senza nulla omettere, che si insinui con abilità nelle pieghe della tua anima, che affondi il bisturi stuprando la tua coscienza, ma senza che tu te ne accorga. Non sia mai detto che ti rimanga dentro qualcosa, del pus peccaminoso potenzialmente infetto. Tutto devi espellere, poi pentirti, e infine espiare. E solo allora la Chiesa saprà di aver fatto il suo dovere. Solo che, anche a mettere in campo una nazionale confessori da Champion’s League capace di estirparti l’ombra del peccato col napalm dalle budella, sul fronte delle confessioni sessuali c’era il fondato sospetto che tanto zelo non sarebbe bastato. Perché, si sa, quasi tutti siamo cresciuti cattolici in questa devotissima penisola, e suppongo che a ognuno di noi sarà capitato di fare almeno la prima confessione. Ce lo ricordiamo che se avevi fatto cose zozze non era facile entrare nel dettaglio col prete, no? Tanto più che sapevamo in anticipo che il reverendo padre non si sarebbe accontentato di una descrizione di massima. Vogliamo scherzare? Avrebbe chiesto i dettagli, e haivoglia a evocare lo spirito di Magellano e a circumnavigare l’anatomia umana, non è che la puoi tirare tanto lunga raccontando che lui t’ha toccato là. Perché arrivava implacabile il supplemento d’inchiesta: si ma là, dove? E con cosa? E quanto a lungo? Per cui insomma non sono rari i casi in cui certe cose si evita proprio di dirle. E questo ancora oggi. Figuratevi un po’ nel XVIII secolo.

Allora i reverendi padri transalpini fecero questa bella pensata: tiriamo giù un questionario! Il fedele non deve dare i dettagli: siamo noi che gli facciamo le domande giuste, e lui deve solo rispondere: si, questo l’ho fatto, oppure gesummio no, questo mai!. Hai commesso atti impuri? Ti sei ricordato di astenerti dai piaceri della carne in Quaresima? Hai guardato con cupidigia le tette della moglie del mugnaio? Cose così, insomma. Il prete si portava l’agile pamphlet in confessionale, e le domande le faceva lui, in modo da evitare al peccatore l’umiliazione di entrare in dettagli imbarazzanti. Ed era effettivamente tutto più facile. Lì per lì sembrò l’idea più clamorosa dopo l’invenzione del primato del vescovo di Roma, tanto che in pochi anni, da una prima edizione che conteneva solo una decina di domande, il manuale si arricchì di una casistica prodigiosa arrivando a contarne più di cento. Risultava che per rendere una confessione piena – cioè solo per dare al prete il tempo di leggerle tutte - ci voleva un’oretta buona, per cui vi lascio immaginare la misura in cui si surriscaldava l’ambientino. Per forza ci voleva una figura professionale preparata che carburasse a damigiane di bromuro. Tutto il giorno così, è una roba che stroncherebbe un bue maremmano.

Ma è il finale della storia che sfiora le vette del sublime. Il manuale restò in uso all’incirca per una generazione, diciamo una ventina d’anni, fino a quando non si dovette prendere atto di un curioso fenomeno che non poteva essere interpretato in altro modo se non come una ricaduta imprevedibile di quella riforma. Perché insomma, lasciamo perdere Parigi che avrà fatto storia a sé, ma voi riuscite a immaginare la vita sessuale media dei contadini francesi? E i contadini francesi nel XVIII secolo – come del resto in tutta Europa – saranno stati allora l’85% della popolazione. Si trattava di personcine che in casa concepivano a malapena la posizione del missionario, e fuori casa al massimo lo stupro coatto della gallina. E’ verosimile supporre che nei momenti di svago non si intrattenessero certo in sessioni di evoluzione tantrica. Nel senso che non avevano mai sentito parlare di nulla che andasse oltre la pura pulsione biologica espletata nel modo meno invasivo possibile, compatibilmente con la necessità di dare figli a Dio. Quel che successe invece fu che, dopo aver passato vent’anni a sentir descrivere dettagliatamente dal prete confessore le pratiche più inenarrabili, parecchi di loro ne trassero fecondissima ispirazione. Cose che non avevamo mai osato nemmeno immaginare, d’improvviso si materializzarono di fronte ai loro occhi nel segreto del confessionale, e una volta tornati a casa divenne impossibile accontentarsi di quel sesso sbrigativo, triste e catacombale a cui erano abituati. Provarono, s’accorsero che poteva essere una cosa piuttosto gradevole, e ci presero gusto! Certo, poi confessavano. Però intanto…

E insomma questo decretò la fine della circolazione del manuale, non ricordo bene se seguito a ruota dalla figura del prete confessore oppure no. Si prese atto che le cose avevano preso un'anda deviante, si attese pazientemente che quella generazione fortunata lasciasse questo mondo - contando anche sul fatto che si trattava di argomenti su cui non era probabile che intendessero lasciare indicazioni testamentarie a beneficio dei posteri - e si fece in modo che tutto tornasse come prima. Le vecchie, care abitudini, appunto. Ché quelle si, non muoiono mai.  

 
 
 
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