Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
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Estetica for dummies

Post n°617 pubblicato il 23 Dicembre 2009 da middlemarch_g
 

Va bene, lo confesso. Ieri sera ho visto Ciccia è bella. Non avevo nessuna particolare aspettativa e comunque non voglio mentire a me stessa. L’ho guardato solo perché sentivo il richiamo che questa roba esercita su chi non si sente davvero guarito da una certa patologia. Del resto i disturbi alimentari non sono diversi dall’alcolismo. Si può smettere di bere, ma si resta alcolisti per sempre. Alcolisti sobri. Non è la stessa cosa che sani. A me è andata anche bene. Mai attraversato la linea che divide i borderline dalla realtà, ma ci sono passata abbastanza vicino da averne sentito l’odore, ed essermi spaventata.

Premetto questo: l’aver mandato in video e poi smutandato una serie di donne distanti dal prototipo televisivo come la terra da Saturno, è un’operazione comunque lodevole. Siccome tra un momento inizio a sparare ad alzo zero - perché comunque intendo farlo - prima di cominciare vorrei riconoscere i meriti di chi si è fatto venire in mente quest’idea. Non giurerei sull’onestà intellettuale degli autori - perché è sempre forte il sospetto che si giochi a strumentalizzare una ben specifica e discriminatissima categoria di freak - ma in tempi di vacche magre anche solo l’averlo pensato è indizio che forse c‘è una speranza.

Insomma il format - che non so bene da dove venga - è semplice ed essenziale. Si prendono 3 donne piuttosto carnose abituate al disprezzo assoluto per il proprio corpo perché diversissimo dallo stereotipo dominante, e le si convince che 10, 20 o 30 chili in più non sono un ostacolo serio ad incarnare una particolare variante di bellezza. E‘ giusto, no? Sono le modalità praticate che m’hanno lasciato un po’ perplessa.

Per cominciare, la scelta di Rossella Brescia a presentare il programma non m'è parsa proprio azzeccatissima. E' vero che video non ce n'è molte che diano l'idea di un sereno rapporto con il proprio fisico, ma la Brescia, che pure a suo tempo era una pallocchetta appetitosa, da un anno a questa parte ha assunto un'anda piuttosto inquietante. Le guardi le gambe e senti subito l'impulso a ingerire mascarpone inzuppato di porto fino a stramazzare al suolo. E mangiati un panino alla porchetta ogni tanto, santa madonna! Sembra la versione martiriale di una pin up che ha subito la tortura della ruota e la disarticolazione delle membra. Abbracciava le concorrenti a ogni piè sospinto, ma è talmente scheletrica che dava la sensazione che avrebbe provato molto più gusto a mozzicargli i culoni morbidi.

Poi hanno fatto fare a tutte e 3 le stesse cose, in sequenza. Che mi pare una bella contraddizione. Perché se partiamo dal presupposto che devi tirare fuori il tuo modo unico e particolarissimo di essere bella, che si basa sull’assunto che sei diversa da tutte le altre, il percorso per arrivare a quel risultato dovrai trovarlo tu, semmai. Se devono essere gli autori del programma a farti declinare un protocollo standard - vesti così, muovi l‘anca cosà, ammicca sul tacco 12 col passetto felpatone anche se facendolo richiami solo una tarantolata pugliese, ma tu insisti, vedrai, è tutta questione di esercizio - che cazzo di personalizzazione estetica è?

La cosa che mi ha innervosito di più però è la carestia mentale sottesa alla scelta del percorso evolutivo che dovrebbe portare ogni donna a riscoprire la propria femminilità. Che sarebbe: guardarsi a lungo allo specchio, farsi dare una sistemata dal lookmaker delle dive che ha vestito evaerzigovanaomicampellkatemoss, accettare i consigli di un nutrizionista milanese che al massimo livello delle competenze espresse dalla sua specializzazione ha partorito: carboidrati a pranzo e proteina a cena, affidarsi per il trucco e parrucco a una visagista che anche lei evidentemente gliel’ammolla negli ambienti che contano, affrontare la prova più ardua - che consiste nel posare per un servizio fotografico completamente nude - e il finale coattissimo che sarebbe: arrivare di sera in piazza duomo tutta incendiata dalle lucine di Natale, sulla limo bianca lunga 12 metri, in piena trance estatica, con quell’inconfondibile effetto che fa tanto red carpet alla vaccinara, e guardare dal basso in alto, davanti al pubblico, la gigantografia che ti raffigura discinta nella migliore delle pose scattate nel servizio fotografico di cui sopra. Foto che, va da sé, sono della stessa natura consustanziale di quelle di qualsiasi altra creatura che finisce appesa sui muri con le medesime finalità, cioè 25% per cento DNA umano e 75% Photoshop. Le conclusioni sono abbastanza scontate: mancava solo che pagassero per farle trombare con un calciatore perché l’equivalenza con l’estetica delle veline fosse assoluta.

Ehh, ragazzi, così non va. Non vi siete sforzati abbastanza. Oppure non ve ne importava davvero. La bellezza non è un culto, non si esercita in processione, e come qualsiasi altro talento presuppone la conoscenza professionale della tecnica unita alla virtù che ti permette di fottertene delle regole. Sono bella perché lo decido io, e il mondo si adegua. Se è il mondo che vuole spiegare a me come devo fare, non è più bellezza, è nozionismo. Quando la genetica ti supporta, allora senz’altro questa è la via più facile, e di fatto la più praticata. Ma se le fatine non accorsero alla culla per benedire i tuoi primi vagiti con un florilegio di perfezione, devi tirar fuori le palle e imporre quello che sei. Oppure rassegnarti a darla vinta a chi si fa venire in mente certi programmi del cazzo. Vedi tu cosa ti conviene.

 
 
 
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