Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
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Cose di donne 1:   fatela finita

Post n°348 pubblicato il 17 Novembre 2008 da middlemarch_g
 

Ho letto l'ultimo libro della De Gregorio. Malamore. Ve lo consiglio perché è bello, ma poi con l'angolo della lettura chiudo subito perché ormai lo sapete quando intimamente mi indispone a meno che proprio non si tratti di un libro che mi è esploso dentro. Ma non succede spessissimo, per cui.

Parla di cose sorprendenti. Per me. Cose che mi tirano giù dalla sedia per la meraviglia e lo stupore. E' vero che io non faccio testo perché per alcuni aspetti sono una creatura talmente astratta che in confronto certi intasamenti di linee su una tela di Mondrian potrebbero serenamente passare per una Battesimo nel Giordano di ispirazione bassanesca. Per cui cose che a me risultano sorprendenti, per gli altri non lo sono affatto. Tutto il contrario. Per tanta gente sono perfino banali.

Insomma esce fuori che le donne oggi sono dispostissime a farsi riempire di mazzate dai familiari tanto quanto lo erano le loro nonne, e con un'aggravante: che una volta il marito, il padre, il fratello ti menavano, ma almeno in linea di principio tu stavi al posto tuo. Non li esasperavi. Avevi cura di non sovvertire socialmente i pronostici. Oggi invece si fanno picchiare senza pensarci due volte anche quelle donne che raggiungono i vertici della carriera. Anzi, soprattutto loro. Gli sembra perfino giusto. Perché lui, poverino, col suo stipendietto da capufficio di merda, si sente giustamente umiliato dall'avere accanto una donna di potere che porta a casa il doppio o il triplo di lui. E allora alzare le mani serve a rimettere le cose a posto. Ha una sua logica compensatoria, no?

Anni fa lessi da qualche parte che Simone De Beauvoir scrisse Il secondo sesso dopo aver fatto un viaggio negli Stati Uniti ed essersi resa conto che la parità di diritti fra uomini e donne in cui lei era stata educata (come e perché non riesco a immaginare visto che era nata in un paese cattolicissimo nel 1908. Sarà cresciuta in una famiglia progressista, suppongo), in America era pura utopia. Ecco, per me all'incirca è lo stesso. Si parva licet. Non è che io sia venuta su in una comune di esuli delle FARC, tutt'altro. La mia è una famiglia di quieta e direi quasi stolida consistenza borghese. Ogni tanto qualcuno chiede a mia madre. Te lo ricordi il '68? E lei risponde: e come no. Prima del '69 e dopo il '67. E io facevo le stesse cose in tutti e 3 i casi: cucivano, pulivo, cambiavo pannolini. Mio padre, più o meno, è uguale. Andava in banca. Tornava dalla banca. Punto. Casa mia non era quel che si dice un ricettacolo di fermenti rivoluzionari. E malgrado questo a me la parità pare una cosa talmente ovvia che non vale nemmeno la pena stare a discutere. Discutere di cosa? E non solo. Fate pure entrare una di quelle viscide mezze seghe capaci di alzare le mani su una donna. Datelo a me, che già sento il riflesso fisiologico dell'allungamento dei canini e la crescita smisurata delle unghie.. Me ne occupo io. E credo sia proprio perché subliminalmente porto scritte certe inclinazioni in fronte, luminose come un'insegna al neon, che nessun uomo di quel tipo ha mai transitato neppure per la tangenziale che porta dalle mie parti. Se proprio devo essere spudoratamente sincera, sono piuttosto io che un paio di pizze in qualche occasione le ho mollate. Però erano piene d'amore, e più simboliche che altro, per cui penso di meritare indulgenza.

E allora i conti a me non tornano. Perché donne che oggi hanno tutti i mezzi culturali e cognitivi per non tollerare la violenza, la assolvono implicitamente? Perché non sono capaci di mettere un limiti a ciò che è intollerabile?

Tempo fa ero al mercato. C'era un ragazzino lagnoso che bloccava il passaggio. La madre in penoso imbarazzo cercava di convincerlo a fare non so che. Io ho sorriso al bambino, gli ho detto qualcosa di quieto e consolatorio. Lui mi si è avvicinato, mi ha guardato un secondo, e poi, a freddo, mi ha mollato un calcio negli stinchi della madonna. La cosa fenomenale è stata la reazione della madre. Un altro po' si metteva in ginocchio per scusarsi. La sua umiliazione era palese, e così la sua vergogna. Ma al piccolo stronzetto non ha detto una parola di rimprovero, nemmeno formale.

Quindi può essere che la soluzione stia da queste parti, e sia chiaro che intendo metterla giù dura perché sono stufa di appartenere a un genere che insiste a velarsi del sacro ruolo della pittima sacrificale come se essere donna comportasse l'accettazione di un marchio di violenza mai completamente evitabile per definizione ontologica Da qualche parte lo dice anche la De Gregorio, anche se lo fa con più indulgenza di quanto sarei disposta a fare io. La poca indulgenza dipende dal fatto che, come dico spesso, io raramente solidarizzo con le vittime, a meno che non ci sia di mezzo un tifone tropicale, perché quasi sempre una vittima è un personaggio che si sceglie un ruolo come potrebbe assumerne un altro. E' un'opzione lecita, però bisogna avere anche il fegato di caricarsi le responsabilità che comporta.

In estrema sintesi. Non c'è un motivo al mondo per cui oggi le donne occidentali debbano soffrire di un complesso di inferiorità. Non c'è un motivo al mondo per cui debbano accettare di vedersi fisicamente umiliate da un uomo. Ma ogni stronzo picchiatore è stato bambino e ha ricevuto un'educazione, presumibilmente da una donna. Per cui, cazzo, ricordatene la prossima volta che un uomo ti umilia. Non è solo quello che fa a te. E' quello che tuo figlio si sentirà autorizzato a fare a un'altra fra qualche anno, è quello che tua figlia si sentirà in dovere di subire, se non ti vedranno dire chiaramente: no, stronzo. A me questo non lo fai.

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Commenti al Post:
susanne3
susanne3 il 17/11/08 alle 21:17 via WEB
Buona serata e buon inizio settimana :)
 
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 08:51 via WEB
'pittima' sacrificale NON è un refuso! Lo dico perchè qualcuno me l'ha fatto notare...Sta lì volutamente! Certo, può non piacere. Ma è consapevole. Lo rivendico con orgoglio, come la Santanchè.
 
 
ms.spoah
ms.spoah il 18/11/08 alle 09:34 via WEB
Però forse sacro suolo sì, è un refuso...Cara Middle, io non lo so, è come una magia a volte ritrovare qui gli approfondimenti di riflessioni che già mi ronzano, stimolate in altri luoghi ed in altri modi. E' bello, sa'?
 
   
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 12:02 via WEB
Davvero. E' quella cosa che piaceva tanto a Ugo, sai? Non Fantozzi. Foscolo. La corrispondenza di amorosi sensi. Non capita mica tanto spesso.
 
     
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 12:25 via WEB
Corrispondenza di amorosi sensi che si spinge fino al punto seguente. Il giorno successivo a quello in cui la felice occorrenza è capitata a te (senza contare che ti ho anche irriso nel tuo blog) sono stata io a mettermi le mutande al contrario. E' una settimana che devo dirtelo, e lo dimentico. E sai qual'è la cosa peggiore? Che anche nel mio caso, per fortuna, non se n'è accorto nessuno.
 
     
ms.spoah
ms.spoah il 18/11/08 alle 14:33 via WEB
Oh, grazie: mi hai regalato una risata splendida corroborante!
 
lupopezzato
lupopezzato il 18/11/08 alle 09:54 via WEB
Penso che “sacro ruolo” e “vittima” non avrebbero trasposto altrettanto bene il concetto. Perchè appartenere ad una categoria che accettasse passivamente violenza e discriminazione sarebbe come toccare il pavimento, essere “suolo”. Allo stesso tempo, quindi, non saresti più “vittima”, inconsapevole o cosciente ma, addirittura, vittima partecipe ovvero “pittima”. (Cazzo però se è dura difendere i tuoi refusi).
 
 
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 09:59 via WEB
aaahhh ecco!
 
   
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 12:00 via WEB
Voi siete troppo buoni con me. Adesso vado a coreggere. Poscia mi cospargo il capino di cenere.
 
     
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 12:04 via WEB
coreggere...vabbè, so' romana, e se sa che da noantri 'tera' e 'guera' vanno co' 'na ere sola.
 
     
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 12:05 via WEB
e non fare la pittima, su.
 
     
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 12:05 via WEB
sìnnò è eròre... ghghghghghghghghg
 
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 09:58 via WEB
come diceva il buon Asimov: "la violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci". I maschietti purtroppo, e di questo mi vergogno, quando realizzano di non avere alcun potere sfruttano l'unica risorsa che conoscono per provare del potere: la forza fisica. ma presto ci dominerete completamente, e toccherà a voi fino al prossimo equilibrio.
 
 
lupopezzato
lupopezzato il 18/11/08 alle 10:07 via WEB
Concordo con te e con Isaac. Ti dirò di più, sugli incapaci. Penso che siano gli inventori della parola "utopìa" e della parola "talento".
Utopìa perchè quando uno non ha le palle per lottare e realizzare un sogno, piuttosto che parlare di codardia è più comodo parlare di utopìa. Se Rosa Parks avesse chiamato i sogni o i diritti "utopìa" nemmeno M.L.King sarebbe diventato M.L.King.
Talento invece perchè è più comodo dire che lui è arrivato lassù perchè ha dalla sua un talento "naturale" che altri non hanno. Eheheh, è più comodo definire la caparbietà, la voglia, la determinazione di pochi con "talento naturale" pur di non riconoscere i propri limiti.
 
   
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 10:37 via WEB
sì, ed erano tutti laziali.
 
   
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 12:08 via WEB
Però a me 'utopia' piace tanto. E' una delle mie parole preferite in assoluto. Perchè è vero che descrive una situazione molto diversa dalla realtà, ma ha in sè un tale portato di desiderio e trasfromazione da rendere possibile pensare a qualsiasi cambiamento.
 
colfavoredelvento
colfavoredelvento il 18/11/08 alle 10:50 via WEB
Non c'è motivo al mondo per cui tutte le donne debbano essere umiliate dalle violenze mentale e fisica inflitte loro da uomini incapaci di autocontrollo, incapaci di far funzionare i freni inibitori e, talvolta, abbandonati da una donna, incapaci di soffrire.
 
 
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 10:56 via WEB
neanche fosse una sola donna al mondo, veramente. potrei però dissentire sull'incapacità di soffrire? lì almeno siamo incapaci uguale.
 
   
colfavoredelvento
colfavoredelvento il 18/11/08 alle 11:05 via WEB
Certo che puoi, Vì. Però non so... io ho sentito parlare davvero raramente di donne abbandonate che si rivelano molestatrici, persecutrici, di stalkers femmine insomma, che poi finiscono con l'ammazzare l'uomo che le ha lasciate. La nostra sofferenza, spesso, è più silenziosa.
 
     
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 11:08 via WEB
forse perchè non conosci mia suocera...
 
     
colfavoredelvento
colfavoredelvento il 18/11/08 alle 11:11 via WEB
Rido forte, assai forte.
 
     
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 12:06 via WEB
Però sono d'accordo con Vipero - a parte la suocera che rappresenta evidentemente un unicum e non fa testo. L'incapacità di soffrire è uguale. Sono diverse solo le modalità espressive.
 
     
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 12:11 via WEB
io li definisco solo "delinquenti". non m'importa molto sapere a quale categoria appartengono. è come quando nei notiziari dicono "extracomunitario ubriaco ammazza 4 pedoni". certo se fosse stato italiano li avrebbe ammazzati un pò meno...
 
     
colfavoredelvento
colfavoredelvento il 18/11/08 alle 12:33 via WEB
E' appunto la modalità che determina la differenza, middle. E' il modo in cui si affronta un dolore che fa di una persona capace o incapace di elaborarlo. Credo.
 
     
middlemarch_g
middlemarch_g il 18/11/08 alle 12:39 via WEB
Sul piano delle implicazioni sociali siamo d'accordissimo con te. Mai mi sentirai dire che è eticamente la stessa cosa devastarsi finchè il dolore interiore non ci ha consumati, oppure prendere un cric e sfracellare la testa di qualcuno che non ci ama più. Ci mancherebbe solo. Ma interiormente no, non sono d'accordo. L'incapacità di soffrire,di imparare dalla sofferenza, di non farsi intrappolare in un cortocircuito di recriminazioni sterili può essere proprio la stessa cosa. Solo che poi, appunto, la modalità espressiva del dolore segue modalità culturali differenti.
 
     
colfavoredelvento
colfavoredelvento il 18/11/08 alle 13:07 via WEB
L'incapacità può essere la stessa, certo. Ma anche no. Non si è uguali nell'incapacità di soffire. L'attitudine a metabolizzare la sofferenza - ciò di cui parlavo - non è da tutti, no, non lo è. Isolarsi, immergersi nel dolore, come fosse sorgente di forza, di inizio al nuovo, alla ricerca. Immergersi lì dentro, silenziosamente.
 
eridanya
eridanya il 18/11/08 alle 17:44 via WEB
E' un peccato che sei andata avanti con lo scrivere dell'altro.. questo post meritava di stare in prima fila ancora un po', almeno il tempo di farsi leggere da qualcuna che ancora non ha capito che la violenza non è normalità. Sono undici anni che mi girano le palle a pensare a tutte quelle donne che in questo secolo e in questa parte del mondo continuano a vivere con uomini che le trattano come merda. Ché si può essere vittime incosapevoli, ed è un conto, ma fingere di non vedere alternative è inumano. Cazzo se mi girano.
 
 
di.ana
di.ana il 18/11/08 alle 17:59 via WEB
già, chissà perchè è andata avanti, almeno questo era un discorso serio, poi per cosa? perchè si aprisse una discussione sterile fatta solo di critiche stupide mosse ad un perfetto sconosciuto che uno nun jene può fregà de meno nel circolo dell'infanzia del menga, mmmmah! ma andate a lavorare.
 
   
viperovip
viperovip il 18/11/08 alle 18:06 via WEB
veramente mò annamo a casa...
 
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