Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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Sono stata a Parma. Erano quindici anni che volevo andarci. Non so bene il perché e il percome delle cose ma avevo grandi aspettative. Saranno state le buone letture e gli studi classici, suppongo. Avevo orecchiato del Parmigianino, sapevo dell'augusto transito del Correggio, Benedetto Antelami mi faceva venire l'acquolina in bocca perché la scultura romanica mi commuove più della lirica di certi versi perfetti, e poi il teatro Farnese che insomma, si sa. E' una robina notevole, nel suo genere. Poi chissà perché m'è sempre mancata l'occasione di quagliare, anche se Padova saranno nemmeno 250 chilometri di distanza. Stavolta invece c'è stata, e siccome io non sono una che si fa sfuggire un kairòs dalle mani - più facile che lo acchiappi con poca creanza piantandogli un tacco nella coda e crocifiggendolo al suolo - non me lo sono fatta dire due volte. Cosa devo dire? Correggio, Benedetto Antelami e il teatro Farnese c'erano. Parmigianino solo in parte, perché qualcuno ha pensato bene di mandare la schiava turca a spicciare la polvere all'estero proprio mentre arrivavo io, ma insomma, di per sè la concentrazione ottimale c'era. Era altro quello che mancava. Il senso della decenza, per esempio. Quella capacità minima di far fruttare un giacimento artistico di questa portata in maniera che al visitatore non prudano le mani dalle rabbia. Siamo italiani, nessuna s'aspetta il bookstore del Centre Pompidou o della Portrait Tate Gallery, non foss'altro perché - mi piace ricordarlo per coloro che si fossero messi in ascolto solo in questo momento - il ministro del turismo in questo paese fa Brambilla di nome. E stronza, brutta e mignotta di cognome. Che non lo dico io, sia chiaro. Sto citando. E' Bisignani. E se non lo sa lui a chi vuoi che si debba chiedere conferma? Ma l'indecoroso spreco di risorse nella città dove ho visto il maggior numero di Ferrari dopo Honk Kong questo no, questo non lo perdono. Se c'è un dio dell'arte e della bellezza, sia pure un dio minore senza portafoglio e privato delle deleghe più rappresentative, be' prima o poi dovrà venire a chiedervi il conto e a spararvi tanti calci nel culo quanti ve ne meritate. E sono tanti. Lo sporco, l'abbandono, il lerciume e la trascuratezza, la Galleria Nazionale che chiude alle 14 e per giunta con un'ala chiusa per assenza di personale. L'assenza di ogni indicazione, e nei rari casi in cui era presente, di ogni sia pure sommaria traduzione in una qualsiasi lingua parlata in un paese diverso da questo. L'erba incolta che cresceva ovunque, da piazza della Pace alla sede del Comune. La merda di piccione che infestava la scalinata principale del palazzo della Pilotta (scalinata che è chiusa, puttana merda! Non è piazza Dei Cinquecento alle cinque del pomeriggio preda degli storni! Lo vedo anch'io che le volte sono alte, me lo immagino che i piccioni qualche volta ci passino dentro, ma sono certa che non è ancora diventata una rotta migratoria per gli aironi come la Camargue! Ammesso che caghino - il che è evidente - per evitare la palude di guano basta passare il mocio una volta all'anno). Il senso di sfacelo, di carestia mentale in un posto che a dargli sostegno per l'equivalente di due soldi di cacio ne avrebbe da non sapere a chi dare i resti. Una città che se ipoteticamente si potesse parcellizzare in cento parti lasciando ad ognuna solo la porzione di bellezza equivalente, e poi si distribuisse in omaggio ad altrettanti sindaci provenzali o andalusi, ci costruirebbero intorno un festival della cultura da attirare gente dai quattro angoli del mondo. Nella Galleria Nazionale c'era un ritratto - cito dall'etichetta - di Margherita d'Asutria, moglie di Ottavio Farnese. Era scritto proprio così: Margherita d'Asutria. L'ho guardata bene l'etichetta. Avrà avuto come minimo vent'anni. In vent'anni non c'è stato uno a cui sia venuto in mente che magari si poteva correggere il refuso. Così, per vedere l'effetto. Per cui in fondo, a pensarci bene, per cosa mi sto incazzando esattamente? Dico a parte il gusto di indulgere all'invettiva che come al solito è un vizio consolidato a cui non so resistere. In una certo senso è una esplicita dichiarazione di intenti. Realisticamente, da una città dove in vent'anni a nessuno viene in mente di correggere un refuso, c'è davvero qualcosa di diverso da questo che puoi aspettarti?
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