middlemarch

Almeno vive all'estero. E' già qualcosa

Gianni? Gianni Riotta? Scusi, è ancora lei il direttore del TG1 o c’è la possibilità che da ieri sera, quando ho scorso per l’ultima volta i titoli di coda del telegiornale, qualcuno l’abbia cacciata via a calci? Aspetta, vado a controllare che non si sa mai. L’accurata verifica delle fonti è la prima cosa, si sa.

No. Pare tutto a posto. Nessuna testa è caduta nella notte, sembra proprio che lei sia ancora the person in charge. Per cui mi permetto di rivolgerle direttamente la domanda che mi preme, previa necessaria premessa.

E’ stato bello che la redazione del TG1, presumibilmente col suo benestare, si sia ricordata del decimo anniversario della morte di Fabrizio De Andrè, che ogni giorno ci manca un pochino di più. Ci manca la sua presenza e più ancora il suo silenzio. Perché era uno che quando non aveva niente da dire stava zitto, ma quando parlava potevi essere sicuro che valeva la pena ascoltarlo. Se penso ad altri di cui si potrebbe dire la stessa cosa, non è che me ne vengano in mente a legioni.

Comunque. La domanda era questa. Ma di tante persone che si sarebbero potute intervistare per ricordarlo, di tanti parenti e di tanti genovesi musicisti anche loro - e quindi più che titolati per parlare di lui - di tanti appassionati o intenditori di musica, di tutti quelli che se lo ricordano ogni giorno e continuano a cantarselo con religiosa passione anche solo per farsi passare la malinconia, di tutta questa gente che poteva dire qualcosa di serio, o qualcosa di documentato, o anche solo qualcosa di innamorato, che bisogno c’era esattamente di andare a intervistare Carla Bruni?

E se proprio era necessario fare questa indegna marchetta in nome del glamour, non potevate almeno farle scrivere il testo da qualcuno capace di mantenere la lancetta del luogo comune un filino al di sopra del livello di tolleranza? Perché passino le lunghe pause allusive e sospirose, passi l’espressione inchiavardata sulla faccia che dice ma-siete sicuri-di-aver-fatto mente-locale-su-quanto-io-sia-incommensurabilmente-figa? Passi quel movimento sciolto e spontaneo con cui ha affondato simultaneamente entrambe le mani nei capelli e poi li ha scossi come se fosse la sacerdotessa addetta al rituale di Santa Garnier Nostra Signora degli Shampoo, ma certo che bisogna avere un bell’ego smisurato per dire: la sua musica aveva il potere della semplicità, perché è facile fare un disco mettendoci molto rumore, in modo che si capisca inequivocabilmente che stai azzardando un parallelo fra quello che sapeva fare lui, e le tue stizzosissime fregnacce frigide. Che sono semplici senz’altro, ma perché sono stronzate sul giro di do, che potevo comporre anch’io in un giorno di costipazione impiegando mezz‘ora a mano imbracciando la chitarra, ma anche meno con un qualsiasi software adatto tipo Garageband, e che non canterei certo peggio di te. E sia chiaro che io non canto particolarmente bene.

Non lo dico tanto per Fabrizio De Andrè, che secondo me, dovunque sia e ammesso che ci senta, su questa cosa si sta facendo delle belle risate. Lo dico per me, per noi.

Forse non dovrei incazzarmi così. Magari dovrei provare a riderci su anch’io. Certo, a me viene un po’ a denti stretti. Ma tant’è.