In Provenza mi sono talmente divertita che in via del tutto virtuale ho partorito almeno una decina di post. E sia chiaro che se sperate che ve ne faccia grazia non avete ancora capito bene con chi avete a che fare. Ve li scrivo tutti, senza tralasciarne nemmeno uno, tanto più che ho preso appunti e non corro rischi di cedimento in ambito working memory, e intendo ammannirveli con regolarità prussiana nei prossimi giorni - al limite anche tutti insieme, se proprio non mi riesce di tenere a freno il mio super Io sadico latente. E questo per dire che ormai l’articolazione della mia vita interiore si gioca quasi esclusivamente all’interno del perimetro di questo blog.
Al di là delle mie occasionali memorie di viaggio, però, devo dire che è sempre bello rientrare a casa dopo quindici giorni e scoprire di vivere in un paese dove la memoria di Mike Bongiorno ha il diritto di vedersi riservare il duomo di Milano e i funerali di stato, e quella di Peppino Impastato nemmeno quello di tenersi una merdosissima targa.
Dice che è una questione di principio e che lo fanno solo perché il paese dov'era esposta si trova nel bergamasco e Impastato non può essere considerato un eroe locale. A me in fondo fa quasi piacere. Mi riferisco all'idea che Impastato non condivida nemmeno un'ombra di località ideologica con il sindaco leghista che ha ordinato la rimozione, naturalmente. Perché in effetti tra un sindaco leghista e Peppino Impastato non può esserci altro che un immenso, incommensurabile, sconfinato oceano di non-località. Finché Dio ci assiste, almeno.