Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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La prima volta che ho visto Un’altra donna avrò avuto forse 26 anni. Me lo ricordo bene, perché sui titoli di coda ho cominciato a piangere. Quel tipo di pianto lento, inesorabile, dotato di vita propria, di cui prendi coscienza con sorpresa solo dopo un po’. Ma guarda. Sto piangendo.
E’ un genere di pianto molto istruttivo. Vuol dire che qualsiasi cosa sia stato a provocarlo, sta parlando di te. Ma non da fuori. Da dentro. E non è una cattiva idea provare a domandarsi di cosa si tratta.
Non ci è voluto molto. Due minuti sono bastati per capire che stavo diventando come Gena Rowlands. Le avevo tutte: scelte di vita, rinunce d’amore e di identità sessuale, vocazioni professionali. Ero un operaio molto diligente che stava recludendosi nello spazio piuttosto angusto della sua mente, mattone su mattone. Avevo molte ottime ragioni per farlo, ed è sorprendente quanto sembri convincente una cazzata quando hai molte ottime ragioni per portarla a termine. Mi ci è voluto qualche anno in più per interiorizzare il concetto che l’irragionevolezza non è necessariamente un cattivo movente. Questo perché non è detto che la logica sia l’amica che sembra. Sottovalutiamo sempre la portata della sua autoreferenzialità. L’unica cosa che la logica può aiutarti a fare, è essere logico. Solo il peso asfissiante di quei 3 o 4 monumenti della filosofia antica può farlo apparire necessariamente desiderabile. Se solo la vita avesse a che fare con la filosofia. Se solo la felicità l’avesse mai presa in considerazione. Ma siccome vita e felicità non sono tenute a seguire un regolare curriculum di studi superiori, si possono permettere di prescindere largamente. E lo fanno.
Non so dire se fu quel film a cambiarmi la vita. Certo contribuì parecchio a rendermi consapevole dei rischi che correvo, e a farmi imboccare la prima traversa disponibile per l’inversione di marcia.
Per cui è stato con una certa sorpresa che ieri mi è capitato di rivederlo. Sono passati più o meno 15 anni da allora, e sui titoli di coda stavolta non ho pianto, ho fatto una cosa diversa. Ho allungato la mano e stretto un corpo che amo. Poi ho chiuso gli occhi e ho idealmente incluso in quell’abbraccio tutti i corpi che mi appartengono, tutto l’amore che circola nella mia vita. Ho chiesto a me stessa: se in questo momento dovessi sacrificare ogni cosa che penso a favore di quello che sento, cosa proverei? E la risposta, che veniva dal peso di quel corpo e dei corpi che sono e saranno dentro di me, è stata: mi sentirei perfettamente appagata.
La mia vita è qualcosa di più di una biografia intellettuale. La mia vita ha un Senso.
Non so se me lo merito, ma è una bella fortuna.
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