Mobbing.

Una lenta discesa all'inferno

 
 

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AL MIO EX COLLEGA EX AMICO



"Indubbiamente cattivo è colui che, abusando del proprio ruolo di potere e prestigio, commette ingiustizie e violenza a danno dei suoi simili; infinitamente più cattivo è colui che, pur sapendo dell’ingiustizia subita da un suo simile, tacendo, acconsente a che l’ingiustizia venga commessa." (Einstein, in A. Einstein/S. Freud – Perché la guerra – Ed. Boringhieri, 1981).
 

LA DEPRESSIONE DA MOBBING

"...una nausea continua mi bloccò ogni stimolo a mangiare, se non per rimettere dopo qualche minuto. Da quel momento subentrarono una serie di difficoltà fisiche e psicologiche, che improvvisamente sfociarono in un collasso..."

 
 

MOBBING E SUPERIORI

"..Non mi permisero di utilizzare né la mia scrivania né il mio computer. Unica priorità in prima mattina era definire il mio nuovo contratto "non contratto". Quel giorno ci fu formazione aziendale per i commerciali, ma a me non fu permesso assistervi se non dopo aver parlato col capo.."

 

INVITO ALLE DIMISSIONI

"Il 3 aprile del 2008, dopo avermi cambiato mansione più volte e sempre improvvisamente, mi vennero chieste volontarie dimissioni".

 

ESEMPIO DI LAVORO UMILIANTE

"...La mia postazione era una scarna scrivania con un computer, il cui schermo era un televisore vero e proprio: l'unico cimelio nell'ufficio. Stavo dietro una libreria, chiuso in un angolo davanti all'ingresso; l'unico vicino alla porta e quindi obbligato ad aprirla tutte le volte che suonavano il campanello..."

 

MOBBING:FONTE WWW.PSICOLOGIADELLAVORO.ORG

MOBBING

Il mobbing: un tipo di stress psicosociale in ambito lavorativo

Definizione

Dal punto di vista etimologico, il termine “mobbing”lo si può far risalire a:

  • termine latino "mobile vulgus", plebaglia tumultuante;
  • all'inglese "to mob": aggredire, accerchiare, assalire in massa. Tale termine è stato usato, agli inizi degli anni 70 dall'etologo Konrad Lorenz per descrivere il comportamento di alcuni animali che si coalizzano contro un membro del gruppo, lo attaccano, lo isolano, lo escludono dal gruppo, lo malmenano fino a portarlo anche alla morte.

Heinz Leymann, nel 1984, con la prima pubblicazione scientifica sull'argomento, introduce l'uso del termine MOBBING per indicare la particolare forma di vessazione esercitata nel contesto lavorativo, il cui fine consiste nell'estromissione reale o virtuale della vittima dal mondo del lavoro.
Leymann inizia ad utilizzare la parola MOBBING,  per indicare quella forma di "comunicazione ostile ed immorale diretta in maniera sistematica da uno o più individui (mobber o gruppo mobber) verso un altro individuo (mobbizzato) che si viene  a trovare in una posizione di mancata difesa".

In Italia si inizia a parlare di mobbing solo negli anni ‘90 grazie allo psicologo del lavoro Harald Ege, che raffigura il fenomeno come "una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte dei colleghi o superiori" attuati in modo ripetitivo e protratti nel tempo per un periodo di almeno 6 mesi. Ripetitività e durata sono dunque le 2 condizioni che devono essere presenti perché si possa affermare di trovarsi in presenza di mobbing.
In seguito a questi attacchi la vittima progressivamente precipita verso una condizione di estremo disagio che, progressivamente, si ripercuote negativamente sul suo equilibrio psico-fisico.


 

 

MOBBING:FONTE WWW.PSICOLOGIADELLAVORO.ORG

MOBBING: cosa non è.

  1. Non è una malattia, nè una patologia, nè un problema dell'individuo, ma una situazione, un problema dell'ambiente di lavoro, non è depressione, né ansia, né gastrite, né insonnia, né stress, ecc. ma è la spiegazione di questi disturbi;
  2. Non è un problema familiare, scolastico, ecc.; è un fenomeno proprio e tipico dell'ambiente di lavoro;
  3. Non è una molestia sessuale anche si in alcuni casi i due comportamenti si possono sovrapporre: il mobber può decidere di infastidire la sua vittima tentando di aggredirla a fatti o a parole (l'azione viene posta in essere non allo scopo di ottenere una prestazione sessuale bensì per umiliare, allontanare o creare danni) oppure in caso di approccio sessuale, se rifiutato, il molestatore si può trasformare in mobber allo scopo di punire la sua vittima del rifiuto.
  4. .Non è una singola azione contro un lavoratore di tipo occasionale, non è un conflitto diffuso (organizzazione di lavoro sostenuto, sovraccarico lavoro per tutti i lavoratori dell'azienda, tensione diffusa per cambiamenti radicali, privatizzazione dell'ente, fusione, ecc.);
 

MOBBING:FONTE WWW.PSICOLOGIADELLAVORO.ORG

Mobbing: che cosa è.

Il mobbing è una strategia, un attacco ripetuto e continuato, secondo alcuni, almeno una volta alla settimana per almeno sei mesi, diretto contro una persona o un gruppo di persone da parte del datore di lavoro, superiori o pari grado che agiscono con finalità persecutorie.

Sono state date varie definizioni:

  • “Violenza psicofisica e molestia morale sul luogo di lavoro … allo scopo di ledere la salute, la professionalità, la dignità della persona del lavoratore …  si esegue con svariate modalità, aggressive e vessatorie, verbali e non verbali, tese all’emarginazione ed all’isolamento, alla squalifica professionale ed umana, al demansionamento, allo svuotamento  delle mansioni e/o perdita del ruolo, con l’intento finale di bloccare la carriera e/o di eliminare la persona con conseguenze dannose sulla salute, sull’attività professionale, sulla vita privata e sociale, nonché un danno economico alla società ….”.
  • “… per mobbing si intendono atti e comportamenti discriminatori o vessatori protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di lavoratori dipendenti,pubblici o privati, da parte del datore di lavoro o da superiori ovvero da altri colleghi, e che si caratterizzano come una vera e propria forma di persecuzione psicologica e di violenza morale.”
 

MOBBING:FONTE WWW.PSICOLOGIADELLAVORO.ORG

Gli atti e i comportamenti possono consistere in:

  1. pressioni o molestie psicologiche;
  2. calunnie sistematiche;
  3. maltrattamenti verbali ed offese personali;
  4. minacce od atteggiamenti tendenti ad intimorire od avvilire, anche in forma indiretta;
  5. critiche immotivate ed atteggiamenti ostili;
  6. delegittimazione dell’immagine, anche di fronte a colleghi ed a soggetti estranei all’organizzazione;
  7. svuotamento delle mansioni;
  8. attribuzione di compiti esorbitanti od eccessivi, e comunque atti a provocare seri disagi in relazione alle condizioni fisiche e psicologiche dellavoratore;
  9. attribuzione di compiti dequalificanti in relazione al profilo professionale posseduto;
  10. impedimento sistematico ed immotivato a notizie ed informazioni utili all’attività lavorativa;
  11. marginalizzazione rispetto ad iniziative formative di riqualificazione e di aggiornamento professionale;
  12. esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo nei confronti del lavoratore, idonee a produrre danni o seri disagi;
  13. atti vessatori indirizzati alla sfera privata del lavoratore, consistenti in discriminazioni sessuali, di razza, di lingua e di religione.

 

 

MOBBIN:FONTE WWW.PSICOLOGIADELLAVORO.ORG

I parametri fondamentali individuati da Harald Ege per definire il  MOBBING

  • Ambiente di lavoro;
  • Frequenza delle azioni mobbizzanti: almeno una volta alla settimana
  • Durata: almeno sei mesi
  • Tipo di azione: le azioni subite devono appartenere ad almeno due delle cinque  categorie del "LIPT Ege", questionario di Mobbing elaborato da Leymann e modificato da Ege dove vengono individuate 45 azioni ostili suddivise in 5 categorie:

a) attacchi ai contatti umani e alla possibilità di comunicare;
b) isolamento sistematico;
c) cambiamenti delle mansioni lavorative;
d) attacchi alla reputazione;
e) violenza e minacce di violenza.

  • Dislivello psicologico fra gli antagonisti, il dislivello non viene inteso in senso gerarchico, ma nel senso che il mobbizzato non ha le stesse capacità didifendersi dell'aggressore.
  • Andamento in fasi successive e in progresso: Leymann elaborò un modello a 4 fasi, successivamente modificato da Ege alle esigenze italiane, in un modello a sei fasi:;

1° - conflitto mirato;
2° - inizio del mobbing;
3° - si individuano i primi sintomi psico-somatici;
4° - compaiono errori ed abusi;
5° - serio aggravamento della salute psico fisica della vittima;
6°- si verifica l'esclusione dal mondo del lavoro. E' l'esito ultimo che può prendere la forma di  un   licenziamento, autolicenziamento, pre-pensionamento, ma che può anche arrivare a condotte auto e eterolesive 
7.- Intento persecutorio

 

 

MOBBING:FONTE WWW.PSICOLOGIADELLAVORO.ORG

Distinguere tra paranoia ed ipervigilanza:


Innanzitutto è bene descrivere le differenze tra la persona paranoica e la persona mobbizzata. Tim Field è stato il primo a fare questa distinzione e a distinguere tra danno psichico e instabilità mentale nell’ambito del mobbing. Per Field la paranoia è duratura, l’ipervigilanza tende a diminuire gradualmente o addirittura a scomparire in mancanza delle cause che l’hanno prodotta. Il paranoico non ammette di essere paranoico, mentre invece la persona mobbizzata molto spesso esprime il timore di essere paranoica. La persona paranoica ha deliri di grandezza e le frustrazioni possono indurre ad un aggravamento della situazione, mentre la persona mobbizzata ha uno scarso livello di autostima. Il mobbizzato soffre di continui sensi di colpa e di vulnerabilità, prova sensazioni di vergogna e di inadeguatezza, invece il paranoico non ha questi sintomi. Infine la persona paranoica spesso sostiene che il persecutore è sconosciuto, il mobbizzato invece spesso non è consapevole di essere stato perseguitato. Comunque per non incorrere in errori (falsi positivi e falsi negativi) è necessario oltre alla somministrazione di un questionario standardizzato sul mobbing anche un colloquio clinico e/o la
somministrazione di test proiettivi di personalità come il test di Rorschach e/o il TAT(Thematic Apperception Test di Murray), oppure di inventari standardizzati come il MMPI di Hataway e McKinley, il Big Five Factors di Mc Crae e Costa, il 16 PF(Personality Factors) di Cattell, l’Eysenk Personality Inventory appunto di Eysenk.

 

 

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Mobbing. Una lenta discensa all'inferno. (2)

Post n°5 pubblicato il 08 Maggio 2009 da aguaplano_ss
 
Foto di aguaplano_ss

.......

PER I MIEI CLIENTI, SONO "ALL'ESTERO"...
Presi la decisione di mettermi in malattia. Il mio medico, dopo aver letto l'impegnativa della psicologa, mi diede 20 giorni di riposo. La stessa sera avvisai il capo, che non mancò di pretendere per telefono la risposta alla sua insistente richiesta di dimissioni, che ancora rifiutai. Mi chiese indietro il cellulare aziendale pretendendo che andassi in ufficio a consegnarlo. La mattina seguente il cellulare era già bloccato, insieme alla mia mail aziendale, interrompendo non solo i miei contatti con l'ufficio ma anche quelli con i miei clienti diretti, cui fu detto successivamente che sarei stato all'estero per un mese e che le mie trattative più importanti le avrebbe seguite il mio responsabile. Venti giorni a casa, una solitudine che mi mangiava dentro, dimagrii 5 kg. Rientrato al lavoro. anche questa volta stessa scena, richiesta di dimissioni questa volta in modo molto violento, al che risposi in maniera decisa e irritata che mi avrebbe dovuto licenziare e che le dimissioni non le avrei mai date.

IL POTERE (CONIUGALE) TORNA A COLPIRE
Il mio capo uscì dall'ufficio sbattendo la porta ma tornò dopo qualche minuto con la moglie, sua socia, che davanti ad un lui, in silenzio e a testa bassa, mi diede l'ennesimo nuovo incarico ed il nuovo orario di lavoro. Passai un mese da incubo in amministrazione, rispondendo al telefono e aprendo la porta sotto la custodia della mia nuova responsabile, che ogni giorno, oltre a darmi direttive contraddittorie, mi rimproverava ogni istante, lamentando di non avere ancora terminato la mansione datami un attimo prima. La mattina iniziava con l'ispezione della mia scrivania e dei miei appunti personali, lasciando in soqquadro la scrivania senza darmi il tempo di mettere in ordine, poiché aveva già pronta la nuova mansione del giorno.
Ogni giorno mancavano documenti dalla mia postazione, che puntualmente lei mi richiedeva e puntualmente non trovavo, e che emergevano solo dopo aver messo sottosopra tutti i fascicoli dei contratti. Ciò che più mi pesava non furono tanto le continue umiliazioni davanti ai miei ex colleghi, alcuni formati da me, ma quel nuovo orario di lavoro. Ero l'unico per tutto il mese ad iniziare il lavoro alle 8.30 e a staccare alle 12.30, per poi riprendere alle 15 e smontare alle 19. Una giornata intera al lavoro, considerando il viaggio per mangiare a casa. Tutto questo e anche altro fino al giugno 2008.

DI NUOVO AL CALL CENTER: RITORNO ALLE ORIGINI
Venni richiamato in ufficio per l'ennesima e umiliante mansione. Call center. L'inizio della mia carriera come operatore telefonico ed ora la fine nella stessa mansione? A fianco a quegli stessi operatori che avevo diretto e formato un anno prima.
Inizialmente, in modo molto soft, mi fu richiesto di supportare la responsabile del call center nella formazione e vendite. Esposi da subito i miei dubbi sulla fattibilità del progetto, poiché mi si chiedeva di creare una forza vendita all'interno del call center dove fino a quel momento non vi era traccia di venditori, e sapevo che sarebbe stato impossibile trovarne di nuovi a un mese dalla chiusura natalizia. A quel punto i toni cambiarono, mi fu imposta la nuova mansione per esigenze aziendali e fui costretto ad accettare l'incarico.
Ovviamente, già dal giorno dopo, come temevo, ci fu la richiesta di raggiungere obbiettivi impossibili. I primi 10 giorni furono scanditi da incontri giornalieri col capo, che mi lamentava il mancato raggiungimento di quegli assurdi obiettivi.
Questo mi portò a una lieve ricaduta fisica, che si tradusse con una settimana di malattia. Rientrato al lavoro, scoprii che il call center era stato ridimensionato, la responsabile licenziata e i venditori riportati alla loro iniziale mansione di telemarketing. Alla mia richiesta di spiegazioni, molto freddamente mi venne risposto che la mia mansione non sarebbe cambiata e che fino alla chiusura di agosto avrei continuato a vendere (da solo). Nessun'altra spiegazione. Il Giovedì di quella stessa settimana il call center chiuse. Io continuai a vendere da solo all'interno della grande sala call center, 200 mq di sala vuota tutta per me.

LA MALATTIA: UN DIRITTO NEGATO SOLO A ME
Rientrati dalle vacanze la nuova mansione era pronta e studiata tutta per me. Questa volta l'esigenza aziendale richiedeva un responsabile di sala. Proposta che accettai, perché finalmente quella era la mia vera mansione, anche se sapevo che prima o poi si sarebbe ripetuto quello che era successo i mesi precenti. Iniziammo a ottobre ottenendo già ottimi risultati. A novembre i numeri furono ancora più soddisfacenti, con 25 centralini venduti su appuntamenti creati dal call center. A dicembre consolidammo i risultati con 15 centralini e 110 adsl vendute da call center, ottenendo addirittura i complimenti da parte del nostro Marchio. Gennaio non fu da meno, con altri 17 centralini e febbraio con circa 1 ventina; gli appuntamenti totali al giorno furono sempre sopra la media di 20. Tutto bene, insomma, fino a quando, per una forte influenza, rimasi a letto per 5 gg, di cui solo 3 lavorativi. Rientrato al lavoro non mi aspettavo certo un tappetino rosso, ma almeno qualche interessamento sulla mia salute da parte dell'azienda. Mi chiamarono in ufficio per spiegazioni sulle mie assenze; risposi che le spiegazioni le dava tutte il certificato medico, che avevo consegnato a mano perché impossibilitato dalla febbre a 40 e dalle placche in gola ad inviarlo via fax. La risposta del titolare fu del tutto inaspettata. Ricevetti delle minacce verbali da parte della titolare e legale rappresentante dell'azienda. Non potevo permettermi, a suo dire, di avvalermi come da diritto delle malattie, in quanto nell'anno precedente le avevo utilizzate più di tutti gli altri colleghi! Aggiunse che non potevo permettermi di fare ciò che volevo, dimenticando che quelle stesse assenze erano dovute alle loro pressioni e minacce, continuando con altre minacce, come quella di adottare provvedimenti "antipatici nei miei confronti" se non avessi smesso di fare assenze per malattia.

L'ORARIO DI LAVORO È "FLESSIBILE": CAMBIA IN CONTINUAZIONE!
La mattina seguente mi fecero pervenire in forma scritta il mio nuovo orario di lavoro: 9.30-12.30 e 14.00-18.30, anticipato dunque di mezzora la mattina e posticipato sempre di mezz'ora la sera, con una pausa assurda e antipatica di 1 ora e 1/2 nel bel mezzo. Mi fu motivata la nuova esigenza aziendale in forma scritta, mentre in forma verbale e con toni poco eleganti mi si rimproverò di uscire troppo puntuale la sera dal lavoro.
Come se non bastasse, il giorno successivo mi consegnarono una comunicazione dove si faceva presente che il mio contratto era stato variato, da commercio a telecomunicazioni. In tutto questo, nonostante la mia mansione da settembre fosse sempre stata quella del responsabile e coordinatore del call center (nello specifico formazione degli operatori e colloqui di assunzione, gestione e controllo delle performance di sala, creazione degli stessi script commerciali e sperimentazioni delle strategie, gestione dell'agenda dei commerciali esterni, recall di conferme e verifiche degli appuntamenti fissati, referente commerciale per le esigenze dei clienti, assistenza post-vendita e venditore) e avessi ottenuto in tutte le mansioni una produzione eccellente, nella nuova formula contrattuale la mia mansione divenne assistenza clienti di 4° livello: veniva meno la mia originale mansione di supporto organizzativo del reparto vendite e la 14esima fino a quel momento percepita. Per questi motivi e per il ritardo con cui avvenne la comunicazione, inoltre per la totale mancanza di un anticipato confronto sui termini della variazione contrattuale, mi rifiutai di firmare l'accettazione. Non sapevo se avrei continuato a percepire lo stesso stipendio, sia pure suddiviso in 13 mensilità.

UNA BUSTA PAGA ARBITRARIAMENTE DECURTATA
A marzo presi una giornata libera per recarmi dal sindacato e ottenere spiegazioni sulle anomalie nella mia busta paga. Scoprii che negli ultimi 2-3 mesi mi erano state trattenute ferie mai godute, permessi mai richiesti, giorni non lavorati e ore non lavorate in realtà passate come sempre al lavoro. Soldi che mi sarebbero spettati.
Tre giorni dopo portai il mio call center a raggiungere performance record, anche se eravamo abituati ad ottimi risultati ormai da tempo (6/7 mesi). Mi lasciai prendere dall'entusiasmo e inviai una mail al mio datore di lavoro, e in copia al responsabile commerciale: "Anche oggi il call center ha superato ogni record con ben 39 appuntamenti presi e tra questi 28 sim". La risposta del responsabile non si fece attendere, con un: "MITICO!" a caratteri maiuscoli, ma totale indifferenza da parte del capo sia via mail che di persona.
Il 1° aprile feci presente al mio responsabile la difficoltà a gestire soprattutto fisicamente i miei orari di lavoro, ribadendo che nelle ultime 2 ore della giornata arrivavo distrutto e a volte anche debilitato per la mole di lavoro. La risposta fu brevissima: "Lo immagino, ma dovresti parlarne con il capo". Obiettai che lo stesso capo già lo sapeva e non era intenzionato a modificare l'orario. In aprile comunicai al responsabile che per Pasqua avrei dovuto richiedere le ferie per il martedì successivo, non avendo trovato aerei disponibili per il rientro dalle vacanze.

UNO SCAMBIO DI E-MAIL, MA L'ORARIO NON CAMBIA!
Lui si offrì di andare insieme dal capo dopo alcuni giorni. Ma poi fu troppo impegnato e non poté andare con me dal capo per richiedere le ferie. Gli feci presente che sarei andato da solo, ma lui insistette per aspettare al giorno dopo. Quel giorno ero molto stanco, alle 16.00 ebbi un calo di pressione e mi dovetti sedere per 5 minuti. Alle 16.20 inviai una mail pacata al mio capo nella speranza che potesse cambiarmi l'orario: "Scusa P..., dopo l'ultima modifica ai miei orari del mese scorso, la mia giornata lavorativa è aumentata di 2 ore circa e non nego di risentirne fisicamente, specie nelle ultime ore della giornata. Ormai da tempo sono impossibilitato a uscire in orario per la pausa delle 12.30 ma resto, per motivi esclusivamente lavorativi, in ufficio per altri 15/20 minuti, non riuscendo ad usufruire in pieno della mia pausa. Ti posso chiedere di poter riprendere in considerazione per l'ennesima volta l'eventualità di modificare i miei orari di lavoro? Propongo, sempre se dovessi essere d'accordo: 9.15-12.45 e 13.30-18.00. L'orario attuale è 9.00- 12.30/ 14.00-18.30. Grazie, Marco.
Il martedì 7/04 ricevetti risposta alla mia mail: "Marco, spiacente ma devo confermarti l'attuale orario di lavoro. Preciso bene sin da ora che in azienda non ti è mai stata fatta richiesta di prolungare la tua presenza presso i locali della stessa, anzi, proprio per evitare di risentirne fisicamente, gradirei che ti attenessi scrupolosamente agli orari concordati, senza mai prolungare il tuo orario di lavoro se non preventivamente concordandolo con me. Cordialità"
Peccato che il mio "risentirne fisicamente" non era riferito ai 15/20 minuti in meno di pausa, ma all'aumento di 2 ore della giornata lavorativa...

LE FERIE (NEGATE) TRASCORSE IN OSPEDALE
Il giovedì successivo, alle 11.30, ricordai al responsabile l'appuntamento dal capo, ma lui rinviò ulteriormente alla pausa pranzo. Alle 12.30 venne da me per informarmi di aver incontrato il capo, di avergli chiesto le sue ferie e di avere accennato anche alle mie, invitandomi ad andare subito nel suo ufficio. Non c'era. Alle 17.30 circa mi recai di nuovo in ufficio dal capo, chiedendo se il responsabile l'avesse informato della mia richiesta e motivandola.
Apriti cielo!!! Intanto, a suo dire, nessuno l'aveva informato, poi le ferie "in un'azienda normale si stabiliscono di comune accordo con l'azienda e anticipatamente, ti pare possibile che il giovedì di Pasqua alle 17.30 tu mi chieda le ferie per il martedì? Come ti permetti di pensare una cosa simile? Non credi che sarebbe più opportuno richiedere il venerdì, visto che il martedì è una giornata lavorativa importante? Come puoi abbandonare il call center in un giorno del genere?"
iniziai a tentennare non aspettandomi una reazione simile, ma cercando di restare calmo feci presente che avevo informato da tempo il mio responsabile ma questi aveva rinviato giorno dopo giorno la comunicazione alla direzione; inoltre, ero stato obbligato ad acquistare i biglietti in anticipo poiché non c'era disponibilità di voli; che in quanto al martedì dal punto di vista lavorativo non era un giorno importante. Chiesi il perché della reazione violenta e di tanto accanimento nei miei confronti, visti gli ottimi risultati ottenuti dal mio call center, e come mai dopo ogni assenza per malattia, diritto sacrosanto, erano seguite sempre le odiose minacce e il cambio dell'orario di lavoro. A tutto che mi rispose, sempre più alterato, che non erano argomenti in questione in quel momento, aggiungendo che non dovevo permettermi di comprare i biglietti senza consultarlo, e chiudendo il discorso, senza farmi ulteriormente replicare. Li non ci vidi più: dopo le sue performance arroganti e dittatoriali, domandai se mi stesse chiedendo di rinunciare alle vacanze in Sardegna dai miei parenti. Lui annuì e dopo un silenzio di qualche secondo mi invitò a uscire dal suo ufficio, rimandando l'ultima decisione a fine serata e lasciandomi volutamente appeso a un filo, nella più totale disperazione. Ero agitatissimo e alle 18.00, mentre continuavo inutilmente a lavorare, crollai per terra senza sensi; dopo qualche minuto raggiunsi con difficoltà le colleghe nell'ufficio a fianco al call center, alla reception chiesi aiuto e crollai a terra svenuto. L'ambulanza mi portò in ospedale. La stanchezza psicofisica di quel momento e un'accertata ancor più grave gastrite mi costrinse a passare nel riposo più assoluto le vacanze pasquali, più altri 5 giorni lavorativi in malattia.

CONCLUSIONE PREVISTA: VENGO LICENZIATO
Una settimana dopo Pasqua, alle ore 8.45, entrato in ufficio trovai ad aspettarmi il mio datore di lavoro, il quale, senza nemmeno salutarmi, mi invitò a recarmi nella sala riunioni ancora con addosso il giubbotto. Dopo avermi sarcasticamente fatto presente che questa ennesima malattia mi sarebbe costata cara, ma senza darmi possibilità di ribattere, mi consegnò la busta paga del mese di marzo ed una raccomandata a.r. anticipata v.b.m., in cui c'era scritto:
Egregio sig. A...., nel contesto di un generale piano di ristrutturazione, la Direzione aziendale ha deciso di sopprimere in via definitiva il ruolo di supporto alla clientela pre- e post-vendita da lei attualmente ricoperto. La Direzione ha naturalmente valutato la possibilità di utilizzare la professionalità da lei acquisita adibendola ad altre mansioni equivalenti ma, purtroppo, all'interno dell'organigramma aziendale non sono state individuate altre posizioni di lavoro nelle quali lei possa essere utilmente impiegato. Per quanto procede, sia pure con rammarico, ci vediamo costretti a privarci della sua collaborazione con effetto immediato. A far tempo dalla data odierna, pertanto, il suo rapporto di lavoro deve intendersi risolto a tutti gli effetti di legge e di contratto, con esonero dal preavviso e sostituzione dell'indennità relativa. Il pagamento delle competenze di fine rapporto avverrà con le seguenti modalità...
Distinti saluti,
La Direzione.

Disegno persecutorio riuscito.

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MERAVIGLIOSO-NEGRAMARO

È vero
credetemi è accaduto
di notte su di un ponte
guardando l'acqua scura
con la dannata voglia
di fare un tuffo giù uh
D'un tratto
qualcuno alle mie spalle
forse un angelo
vestito da passante
mi portò via dicendomi
Così ih:
Meraviglioso
ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia
meraviglioso
Meraviglioso
perfino il tuo dolore
potrà guarire poi
meraviglioso
Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto:
ti hanno inventato
il mare eh!
Tu dici non ho niente
Ti sembra niente il sole!
La vita
l'amore
Meraviglioso
il bene di una donna
che ama solo te
meraviglioso
La luce di un mattino
l'abbraccio di un amico
il viso di un bambino
meraviglioso
meraviglioso...
ah!...
(vocalizzato)
Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto:
ti hanno inventato
il mare eh!
Tu dici non ho niente
Ti sembra niente il sole!
La vita
l'amore
meraviglioso
(vocalizzato)
La notte era finita
e ti sentivo ancora
Sapore della vita
Meraviglioso
Meraviglioso
Meraviglioso
Meraviglioso
Meraviglioso
Meraviglioso
Meraviglioso

 

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IL GIORNO DI DOLORE CHE UNO HA. (LIGABUE)

ligabue

Quando tutte le parole sai che non ti servon più
quando sudi il tuo coraggio per non startene laggiù
quando tiri in mezzo Dio o il destino o chissà che
che nessuno se lo spiega perché sia successo a te
quando tira un pò di vento che ci si rialza un pò
e la vita è un pò più forte del tuo dirle "grazie no"
quando sembra tutto fermo la tua ruota girerà.

Sopra il giorno di dolore che uno ha.
Tu tu tu tu tu tu...

Quando indietro non si torna quando l'hai capito che
che la vita non è giusta come la vorresti te
quando farsi una ragione vora dire vivere
te l'han detto tutti quanti che per loro è facile
quando batte un pò di sole dove ci contavi un pò
e la vita è un pò più forte del tuo dirle "ancora no"
quando la ferita brucia la tua pelle si farà.

Sopra il giorno di dolore che uno ha.
Tu tu tu tu tu tu tu tu tu...

Quando il cuore senza un pezzo il suo ritmo prenderà
quando l'aria che fa il giro i tuoi polmoni beccherà
quando questa merda intorno sempre merda resterà
riconoscerai l'odore perché questa è la realtà
quando la tua sveglia suona e tu ti chiederai che or'è
che la vita è sempre forte molto più che facile
quando sposti appena il piede lì il tuo tempo crescerà

Soprail giorno di dolore che uno ha
Tu tu tu tu tu tu tu tu tu...

 

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