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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 30 Ottobre 2006 da ragazzacciodlg1

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"Dal Leggo edizione romana odierna"

I valori degli avi per la nuova Italia.

I nostri antenati erano per lo più contadini, cafoni timorati di Dio e nobili d'animo poiché sapevano di non sapere e si collocavano con dignità nei loro ruoli. I nostri padri, invece, inurbandosi di nuovi guadagni di fabbriche e fabbrichette s'illudevano di emanciparsi comprando quattro mura o quattro ruote. Noi, nati nell'era delle autostrade, ci concedemmo il lusso di filosofeggiare prendendo a calci presupposti educativi e produttivi verticali. Abbeverandoci al mito della rivoluzione ci limitammo a movimenti che produssero qualche scossa al sistema con un numero limitato di vittime. Scoprimmo l'animo e le gambe, scegliemmo i1 sesso come chiave di comprensione del mondo, dichiarando inutile sovrastruttura ogni rituale tramandato per dare un senso al vivere comune; smaniosi di arrivare al nocciolo gettammo via la polpa.

E sempre noi guardiamo con complicita e disgusto il nuovo che avanza. I nostri figli, irretiti in legami di dipendenze virtuali, calpestano o dribblano la cacca sui marciapiedi e poco gli interessa la bruttura che li circonda, ubriachi di alcol senza trasgressione, di spettacolo e chiacchiere senza fine che il potere gli elargisce a larghe mani. Frignano di precariato, ma s'imbucano appena possibile nei suoi circuiti. Comprano l'istruzione dei nuovi corsi per allodole che le università svuotate di risorse economiche e forza intellettuale propinano loro alla medesima stregua ammiccante di un prodotto di telefonia mobile. Non è tutta colpa loro se i loro padri - quelli che dicono di aver fatto tutto loro - li hanno consegnati ad una pratica di governo ancorata al nepotismo che distribuisce spazi pubblici e ruoli lottizzati a dovere.

E come le antiche masse che si placavano nelle carnevalate circersi, così anch'essi insieme, padri e figli, si lasciano sfamare da una politica festivaliera che illumina il cielo e stende un velo pietoso sulle macerie della quotidianità feriale. Ma l'apparenza non combacia  più con la vivibilità, che deve invece tornare ad essere sede del sogno e del desiderio. Si avverte il bisogno di una nuova scossa di utopia, oserei dire di una nuova rivoluzione, che ridistribuisca ricchezze e competenze, e che ristabilisca elementari verità. Urge recuperare il file Italia, prima che questo Bel Paese esca dal disco rigido della realtà e si cancelli dalla memoria dell'eccellenza contadina, artigiana, operaia, intellettuale e artistica che ancora lo tiene in vita.

Beh cosa aggiungere d'altro semplicemente perfetto quanto scritto.

 
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