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DIPENDENZA DA GIOCO: GIOCO D'AZZARDO PATOLOGICO

Post n°454 pubblicato il 03 Settembre 2011 da missxenya
 

DIPENDENZA DA GIOCO: GIOCO D'AZZARDO PATOLOGICO

Il gioco d'azzardo patologico è considerato come una vera e propria forma di “dipendenza senza droga”. Il D.S.M. IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) propone i seguenti criteri diagnostici per il "comportamento maladattivo legato al gioco d'azzardo" ,e devono essere presenti almeno 4 dei sintomi seguenti:.

  • Coinvolgimento sempre crescente nel gioco d'azzardo (ad esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare modi per procurarsi il denaro con cui giocare)
  • Bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato
  • Irrequietezza e irritabilità quando si tenta di giocare meno o di smettere
  • Il soggetto ricorre al gioco come fuga da problemi o come conforto all'umore disforico (ad esempio, senso di disperazione, di colpa, ansia, depressione)
  • Quando perde il soggetto ritorna spesso a giocare per rifarsi ("inseguimento" delle perdite)
    Il soggetto mente in famiglia e con gli altri per nascondere il grado di coinvolgimento nel gioco
  • Il soggetto compie azioni illegali (ad esempio, reati di falso, truffa, furto, appropriazione indebita) per finanziare il gioco.
  • Il soggetto mette a rischio o perde una relazione importante, un lavoro, un'opportunità di formazione o di carriera a causa del gioco.
  • Confida negli altri perchè gli forniscano il denaro necessario a far fronte a una situazione economica disperata, causata dal gioco (una "operazione di salvataggio").

Si sta esaminando la possibilità di introdurre un 10° criterio. Se verrà accettato il numero dei criteri necessari alla diagnosi potrà cambiare

  • Reiterati e inutili sforzi di tenere sotto controllo l'attività di gioco, di ridurla o di smettere di giocare

L’allarme sociale sulle problematiche legate al gioco d’azzardo riflette la diffusa percezione della crescente gravità del problema.La massiccia invasione di poker-machines, l’enorme crescita dell’offerta di possibilità legali di scommettere (lotto e super-enalotto, “gratta e vinci” , scommesse sull’ippica, centri scommesse della Snai ,) alimenta le speranze illusorie (il-ludere- entrare nel gioco) di molti , e sappiamo che il secondo tempo della speranza spesso si chiama de-lusione (sempre facendo riferimento all’etimo- uscita dal gioco-).Ma, allo stesso tempo, è evidente l’impensabilità di intervenire sulle problematiche legate al gioco d’azzardo attraverso un’ottica proibizionista, (l’idea di proibire tout court molte forme di gioco oltre a risultare estremamente impopolare priverebbe lo stato di ingenti risorse economiche, visto che le entrate per il gioco del lotto ed affini costituiscono una vera e propria forma di tassazione parallela.). Se pensiamo al problema del giocatore compulsivo in analogia al problema delle tossicodipendenze appare evidente che lo “spacciatore” più importante risulterebbe lo stato stesso, che perciò dovrebbe salire per primo sul banco degli imputati, mente il giocatore che cade in rovina sarebbe (ed a tutti gli effetti è) la persona da aiutare. Sappiamo inoltre che politiche sociali di rigoroso proibizionismo non fanno che alimentare lo sviluppo di circuiti clandestini illegali alternativi .

Qual è la relazione tra gioco ed azzardo? Se facciamo riferimento alla ormai classica categorizzazione di Caillois delle quattro forme fondamentali di gioco (alea, agon, mimicry, ilinx,) possiamo intanto evidenziare come la componente della casualità (il dado, la sorte, la fortunasfortuna,) appartenga in misura più evidente (anche se non esclusiva) ai giochi detti di alea, nei quali la componente casuale è preponderante (esempio classico la roulette). L’aleatorietà, cioè l’incertezza sull’esito, permette la scommessa, la scommessa determina la vincita o la perdita, vincite e perdite possono rinforzare o indebolire il desiderio di scommettere nuovamente.

Il giocatore definito compulsivo , che va comunque inquadrato lungo un continuum (giocatore occasionale, abituale, a rischio, compulsivo,) evidenzia una progressiva perdita della capacità di porre dei limiti al coinvolgimento nel gioco, perdite economiche frequenti e sempre più vistose, assorbimento sempre più esclusivo nell’attività di gioco (tanto che da alcuni egli è definito ludomane) . E’ stato segnalato il caso di uno di questi giocatori che nell’andare ad assistere la moglie che stava partorendo viene “distratto” dai videopoker del bar al piano terra dell’ospedale, dove rimane a giocare per 10 ore di seguito, ricordandosi del lieto evento solo quando il neonato aveva già diverse ore. Ci sono numerose testimonianze di un restringimento del campo di coscienza (simile a ciò che si verifica nei fenomeni di trance) e ad aspetti quasi psicotici del giocatore compulsivo (perdita dell’esame di realtà).

In una significativa analogia con la dipendenza da sostanze, sono state inoltre evidenziate forme di assuefazione (bisogno di scommettere cifre sempre più alte,) e di astinenza (sudorazione, tremori, tachicardia, ansia,) in giocatori ai quali il gioco stesso viene impedito (ad es. a causa di ospedalizzazione o detenzione).

L’inseguimento della perdita, vale a dire il desiderio di rifarsi, precipita in un progressivo e sempre più vorticoso disastro economico il giocatore compulsivo. Compaiono a questo punto fenomeni quali la richiesta di prestiti ad usura , le frequenti menzogne in famiglia volte a nascondere la reale situazione economica, la scarsa attenzione o il disinteresse per l’attività lavorativa, che conducono in lassi di tempo più o meno lunghi a gravi crisi personali (a volte con suicidi o tentativi di suicidio) che possono motivare il giocatore compulsivo a chiedere aiuto (più spesso sono i familiari del giocatore a rompere la cortina di omertà, vergogna e disperazione).

Custer (1984), ha identificato sei diverse tipologie di giocatori:

  • Giocatori professionisti : si mantengono con il gioco d'azzardo che per loro è una professione. Non sono dipendenti dal gioco, per questo riescono a controllare l'ammontare di denaro scommesso ed il tempo speso a giocare.
  • Giocatori antisociali: attraverso il gioco d'azzardo ottengono denaro in maniera illegale; giocano con carte segnate o sono coinvolti in corse truccate.
  • Giocatori sociali occasionali: giocano per divertirsi e per socializzare ed il gioco non interferisce con la loro vita. Vengono anche definiti Giocatori Sociali Adeguati.
  • Giocatori sociali “seri” o costanti: investono tempo nel gioco che per loro rappresenta la principale forma di relax e di divertimento; sono in grado di mantenere il controllo sulla loro attività di gioco e non trascurano lavoro e/o famiglia.
  • Giocatori per “fuga” e per “alleviamento” senza sindrome da dipendenza : riescono tramite il gioco ad alleviare sensazioni di ansia, depressione, solitudine e noia; più che una risposta euforica il gioco è per loro un potente analgesico che aiuta a non pensare alle difficoltà. Pur non essendo giocatori compulsivi, vengono anche definiti Giocatori Inadeguati senza Sindrome da Dipendenza.
  • Giocatori Compulsivi con Sindrome da Dipendenza: non hanno più il controllo del gioco che è diventato per loro la cosa più importante; non possono più smettere di giocare indipendentemente dalla loro volontà e dal loro impegno. Famiglia, amici e lavoro sono negativamente influenzati dall'attività di gioco.

LE CAUSE

Le ricerche su possibili fattori genetici e neurobiologici sono ancora agli inizi e non hanno evidenziato nulla di certo. Esiste sicuramente da parte del giocatore compulsivo la ricerca di picchi di attivazione (“hig””) che possono far pensare a meccanismi di neuromediazione caratteristicamente differenti dal funzionamento medio (in particolare un basso livello di attività serotonergica).

Il gambling compulsivo viene da alcuni studiosi considerato un “equivalente depressivo”, vale a dire un comportamento che sta al posto di una depressione negata (che solitamente compare quando il giocatore smette di giocare). Non è ovviamente di facile comprensione quanto di questo elemento depressivo sia dovuto a vicende relazionali ed affettive e quanto influisca l’elemento psicobiologico.

Sul versante psicoanalitico l’ipotesi più promettente e suggestiva prende in considerazione l’elemento di sfida alla casualità sotteso al comportamento compulsivo del giocatore patologico, il tentativo ossessivamente messo in atto di sconfiggere la brutale indifferenza del caso, inseguendo la sensazione di avere la dea bendata dalla propria parte.

La sfida al caso, la scommessa con il fato introduce il giocatore in una dimensione spazio-temporale assolutamente speciale (che per certi versi richiama la teorizzazione di Winnicott sullo spazio e le condotte transizionali). L’elemento oggettivo viene messo tra parentesi (le perdite che si fanno sempre più ingenti non destano la preoccupazione che meriterebbero) ed il giocatore è assolutamente convinto che l’azzardo finalmente pagherà e tutto ritornerà a posto; l’elemento soggettivo della “fiducia” non viene compensato dal dubbio in una distorsione che è al contempo cognitiva ed emotiva ed assume valore difensivo rispetto ad una considerazione più realistica della propria implicazione nel gioco e nelle perdite.


MODELLI DI INTERVENTO

Per giocatori compulsivi che hanno “toccato il fondo” segnalo l’esistenza di gruppi di auto-aiuto (Giocatori Anonimi), che sulla falsariga dei gruppi di auto-aiuto per altre problematiche, si incontrano per riconoscere di aver perso il controllo della situazione , condividere l’esperienza di impotenza nei confronti del gioco, proporsi l’astinenza dal gioco e confrontare nell’ambito del gruppo le forme di inganno ed autoinganno ancora in atto.

Segnalo poi l’esistenza di gruppi terapeutici per giocatori d’azzardo compulsivi, che a differenza dei gruppi di auto-aiuto prevedono, e sono condotti, da psicoterapeuti e coinvolgono la famiglia del giocatore nel processo terapeutico. Frequentemente accade che la famiglia del giocatore compulsivo risente dei fenomeni negativi legati alle perdite e cerchi aiuto mentre ancora il giocatore stesso è completamente assorbito dall’inseguimento della perdita (vale a dire da un desiderio di rifarsi che provoca ulteriori perdite ed aggrava la situazione).

Nell’ottica psicodinamica il giocare compulsivamente (cioè seguendo un irresistibile impulso a continuare, avendo smarrito la capacità di smettere,) è considerato un sintomo, che alla stregua di altri sintomi (dall’agorafobia alla tricotillomania all’ulcera peptica,) segnala un disagio o malessere di personalità e, ad un altro livello protegge da disastri peggiori ed in quanto tale non va rimosso con operazioni di “chirurgia psichica” ma compreso nel suo significato. Un intervento che si preoccupi solo di eliminare il sintomo favorisce spesso quei fenomeni di “migrazione” ( il giocatore che smette di giocare e, ad es. inizia a bere, o fumare cento sigarette al giorno o a passare con il rosso ai semafori non evidenzia un buon risultato clinico).

La funzione protettiva del sintomo deve essere sempre tenuta presente (nel lavoro clinico con dipendenti da sostanze ho compreso come ha volte l’uso di droga può evitare un crollo psicotico o un grave atto eteroaggressivo), e la dipendenza da gioco va inquadrata in rapporto alla soggettività del giocatore, alla sua struttura di personalità, storia affettiva, relazioni interpersonali significative, fase del ciclo di vita.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 
 
 
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