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« sentenza TAR puglia nove...ricorso giudice di pace,... »

tutto quello che riguarda la 104/92 e le sue modifiche, insieme a sentenze dei vari TAR

Post n°115 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

per tutte le richieste che mi pervengono per l'obbligatorieta del trasferimento per gravi motivi o possessori della 104 ho inserito le sentenza dei vari TAR e della cassazione che rendono obbligatorio il trasferimento con la legge 104/92.

 
Modifiche alla Legge 104/1992: ecco le Circolari

Il 9 novembre 2010 è stata pubblicata il Gazzetta Ufficiale la Legge 183/2010 (il cosiddetto Collegato Lavoro) che contiene nuove disposizioni sui permessi lavorativi a favore dei dipendenti che assistono familiari con handicap grave. L’articolo 24 modifica, infatti, la Legge 104/1992 che, in origine, ha introdotto quelle agevolazioni.

L’INPS, l’Istituto previdenziale che assicura gran parte dei lavoratori privati, ha prontamente diramato le proprie disposizioni con una specifica e articolata Circolare (3 dicembre 2010, n. 155), a cui è seguita la Circolare del Dipartimento Funzione Pubblica n. 13 del 6 dicembre 2010.

Le due Circolari sono, opportunamente, molto simili fra loro tanto da rendere evidente una intesa fra i due enti, “intesa” che il Dipartimento indica espressamente nelle premesse.

Entrambe ripercorrono le novità introdotte dalla Legge 183/2010 e forniscono, su ciascun aspetto, nuove indicazioni operative per i propri assicurati.

 

Gli aventi diritto

Ambedue le Circolari ricordano che – in base al nuovo dettato normativo – hanno ora diritto ai permessi lavorativi i parenti e gli affini entro il secondo grado (figli, nonni, suoceri, cognati ecc.) oltre al coniuge.

Solo in particolari condizioni le agevolazioni possono essere estese ai parenti e affini di terzo grado della persone con disabilità da assistere. Queste “eccezioni” sono fissate dall’articolo 24 della citata Legge 183: i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

INPD e Dipartimento interpretano l’espressione “mancanti”, “non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità”.

La possibilità di estendere dal secondo al terzo grado di parentela/affinità la concessione dei permessi si verifica anche nel caso in cui anche uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle situazioni di assenza, decesso, patologie invalidanti. Si motiva tale interpretazione con l’analisi letterale della norma laddove viene utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge). Quindi, ad esempio, se in una famiglia uno solo dei due genitori affetto da una patologia invalidante, mentre l’altro non lo è e non ha più di 65 anni, un parente o un affine di terzo grado può comunque godere dei permessi.

 

Patologie invalidanti

L’INPS e il Dipartimento entrano anche nel merito della definizione di “patologie invalidanti”, cioè della terza condizione che dà luogo alla possibilità di estendere dal secondo al terzo grado di parentela/affinità la concessione dei permessi

Il Legislatore è stato molto generico e quindi il dubbio è stato posto al Ministero della salute il cui parere è stato che le patologie da prendere a riferimento sono quelle indicate dall’articolo 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000. E cioè:

  • le patologie acute o croniche che determinano permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;

  • le patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;

  • le patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario.

Non si fornisce una indicazione circa la documentazione sanitaria “accettabile” per dimostrare quelle condizioni. La questione centrale da chiarire sarà se le relative attestazioni possano essere rilasciate dai medici di famiglia o debbano essere rilasciate esclusivamente da medici specialisti.

 

Parenti ed affini di minori di tre anni

INPS rammenta che la Legge 183/2010 ha eliminato all’articolo 33, comma 3, della Legge 104/92 le parole “successivamente al compimento del terzo anno di età del disabile”.

Conseguentemente è stata introdotta anche per i parenti e gli affini del minore di tre anni in situazione di disabilità grave la possibilità di godere dei tre giorni di permesso mensili.

 

Il referente unico per l’assistenza

La Legge 183 ha sottolineato come non possano essere concessi i permessi mensili ex Legge 104/1992, a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con disabilità grave. Già in precedenza era chiaro che il limite di tre giorni mensili era riferito a ciascuna persona disabile.

Dipartimento e INPS interpretano tale indicazione come un divieto all’alternatività fra più beneficiari, a meno che essi non siano i genitori di figli con grave disabilità.

In effetti il nuovo articolo 33, comma 3 della Legge 104/92 prevede in favore dei genitori, anche adottivi, di figli con disabilità grave, la possibilità di fruire dei permessi in argomento alternativamente, sempre nel limite dei tre giorni per persona disabile, condizione esclusa per i parenti e gli affini.

Se la logica sostenuta è certamente motivata anche dal diverso ruolo dei genitori rispetto agli altri familiari, la disposizione appare – al momento – piuttosto fumosa.

Di fatto, agevolmente, si sostanzia nel divieto di dividere i permessi fra aventi diritto (es. due giorni all’uno, uno all’altro). Ma appare più difficoltoso sostenere il divieto all’alternanza degli aventi diritto in mesi diversi, in presenza di una rinuncia espressa di uno di questi. Si tratta, quindi, di una indicazione che senz’altro subirà degli assestamenti dopo la prima applicazione.

 

Genitori che assistono figli in situazione di disabilità grave

Correttamente INPS e Dipartimento sottolineano come la nuova norma abbia impresso un maggior rilievo alla particolarità del rapporto genitoriale dettando specifiche norme per i genitori che assistono un figlio in situazione di disabilità grave.

La prima novità risiede nell’opportunità per i genitori di minori di tre anni di fruire anche i tre giorni di permesso, in alternativa alle altre due forme di agevolazione già previste e cioè il prolungamento del congedo parentale e le due ore di permesso giornaliero.

In realtà, agli effetti pratici, non si tratta di un significativo vantaggio in termini quantitativi o qualitativi.

INPS rammenta che, mentre il prolungamento del periodo di congedo parentale e le due ore di riposo giornaliero retribuito possono essere utilizzati a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente, i tre giorni di permesso (comma 3, art. 33, legge 104/92) possono essere goduti, da parte dei genitori o da parte degli altri familiari, dal giorno del riconoscimento della situazione di disabilità grave.

Inoltre, trattandosi di agevolazioni volte alle medesime finalità di assistenza al disabile, “la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese”.

Sulla stessa linea interpretativa è anche il Dipartimento.

Il che significa che i tre benefici sono incompatibili se fruiti nello stesso mese.

 

L’assenza di ricovero

Ambedue le Circolari sottolineano che uno dei requisiti essenziali per la concessione dei permessi lavorativi è l’assenza di ricovero a tempo pieno della persona con grave disabilità. L’indicazione ha una chiara e consolidata fonte normativa.

Rispetto alle indicazioni interpretative, l’INPS riprende in larga misura indicazioni già espresse in precedenza, mentre il Dipartimento Funzione Pubblica per la prima volta le fa proprie.

Per per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso “strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa”.

Le parole “assistenza sanitaria continuativa” non sono trascurabili; l’Istituto sembra negare infatti l’eventuale rilevanza della necessità assistenziale “non sanitaria” (aiuto all’igiene, all’alimentazione, al supporto personale) di cui molto spesso i familiari di una persona ricoverata di fanno carico. È una lacuna di non poco conto, senza dubbio non nuova, che risiede già nella normativa.

INPS e Dipartimento da parte loro, ribadiscono tre eccezioni. I permessi, anche in caso di ricovero, possono essere concessi in tre casi:

  • interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate;

  • ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine;

  • ricovero a tempo pieno di un minore con disabilità in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi già prevista per i bambini fino a tre anni di età (Circolare n. 90 del 23 maggio 2007, p. 7).

La continuità e l’esclusività dell’assistenza

Veniamo all’aspetto che avrà maggiori ricadute operative. Le due Circolari prendono atto che il Legislatore ha abrogato i requisiti della continuità e dell’esclusività quali presupposti necessari ai fini del godimento dei permessi in argomento da parte dei beneficiari. “Pertanto – conferma INPS - oltre al requisito della convivenza, già eliminato dall’art. 20 della suddetta legge 53/2000, anche la “continuità” e l’ “esclusività” dell’assistenza, non sono più elementi essenziali ai fini del godimento dei permessi di cui all’art. 33 della legge 104/92.”

Ricordiamo che INPS aveva rielaborato quei due confusi concetti facendone derivare due altre definizioni: quelle di sistematicità e all’adeguatezza dell’assistenza, poi fatti propri anche dal Ministero del Lavoro.

Anche queste, congruamente, decadono e l’Istituto raccomanda che “Gli uffici (...) non dovranno più acquisire le dichiarazioni relative alla sistematicità e all’adeguatezza dell’assistenza al disabile, prima richiesti (...).”

Come già detto l’abrogazione di quei due requisiti, riapre la possibilità per moltissimi lavoratori di ripresentare domanda nel caso in cui, precedentemente, ad esempio, fosse stata rigettata per assenza di continuità (distanza notevole dall’abitazione del familiare da assistere).

 

La concessione e la decadenza

Il nuovo comma 7-bis dell’articolo 33, legge 104/92, prevede espressamente la decadenza, per il lavoratore, dal diritto a beneficiare dei tre giorni di permesso, “qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti”.

Va ricordato che gli assicurati INPS quando richiedono i permessi, firmano una dichiarazione di responsabilità in cui si impegnano a comunicare entro 30 giorni dall’avvenuto cambiamento, le eventuali variazioni delle notizie o delle situazioni autocertificate nel modello di richiesta ed in particolare:

  • eventuale ricovero a tempo pieno della persona disabile in condizione di gravità;

  • revoca del giudizio di gravità della condizione di disabilità da parte della Commissione medica competente;

  • modifiche ai periodi di permesso richiesti;

  • eventuale decesso del disabile.

INPS ricorda le conseguenze penali e civili derivanti dal rilascio di dichiarazioni mendaci o false sia per il lavoratore che per i medici preposti agli accertamenti. Inoltre, anche in forza del nuovo comma 7-bis, INPS provvederà alla verifica a campione delle situazioni dichiarate dai lavoratori richiedenti i permessi.

Diversa la procedura prevista dal Dipartimento Funzione Pubblica.

Il dipendente pubblico al momento della domanda di concessione dei permessi deve presentare, oltre al certificato di handicap grave (art. 3 comma 3, Legge 104/1992), la documentazione sanitaria relativa alle patologie del coniuge o dei genitori della persona disabile, nel caso in cui questi sia un parente o affine di terzo grado. Inoltre viene richiesta una dichiarazione sottoscritta in cui risulti che:

  • il dipendente presta assistenza nei confronti del disabile per il quale sono chieste le agevolazioni ovvero il dipendente necessita delle agevolazioni per le necessità legate alla propria situazione di disabilità;

  • il dipendente è consapevole che le agevolazioni sono uno strumento di assistenza del disabile e, pertanto, il riconoscimento delle agevolazioni stesse comporta la conferma dell’impegno - morale oltre che giuridico – a prestare effettivamente la propria opera di assistenza;

  • il dipendente è consapevole che la possibilità di fruire delle agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per l’effettiva tutela del disabile;

  • il dipendente si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione della situazione di fatto e di diritto da cui consegua la perdita della legittimazione alle agevolazioni.”

Appare chiaro che la sottoscrizione di queste dichiarazioni comporta una maggiore efficacia nelle eventuali rivalse da parte dell’Amministrazione nel caso di abusi. La verifica è una responsabilità affidata ai dirigenti responsabili.

 

Cosa succede ora e cosa fare.

Sotto il profilo operativo, sia INPS che Dipartimento (cioè tutte le Amministrazioni pubbliche) applicheranno i nuovi criteri (entrati in vigore il 24 novembre 2010) nell’analisi di tutte le nuove richieste.

Per gli assicurati INPS, a breve dovrebbero essere disponibili (online sul sito www.inps.it) anche i nuovi moduli di richiesta.

L’aspetto di maggiore cambiamento riguarda le richieste già evase e i permessi già concessi prima del 24 novembre 2010.

Saranno riesaminate:

a. le domande e i permessi già concessi a parenti e affini di terzo grado delle persone disabili in situazione di gravità.

b. le domande e permessi già concessi più familiari (a meno che non si tratti dei due genitori) per l’assistenza allo stesso soggetto con disabilità in situazione di gravità.

Su queste verifiche INPS è più dettagliato del Dipartimento. Nel primo caso, verrà richiesto al lavoratore tutti gli elementi utili a verificare la sussistenza o meno dei nuovi requisiti (età del genitore o del coniuge della persona assistita, patologia invalidante degli stessi; assenza o mancanza degli stessi).

Nel secondo caso, visto che i permessi possono essere fruiti esclusivamente da un solo lavoratore, verrà richiesto ai lavoratori interessati di indicare un unico beneficiario degli stessi. È, quindi, facilmente prevedibile che i lavoratori che rientrano in queste due “categorie” saranno prossimamente raggiunti da comunicazioni da parte di INPS.

L’INPS non formula indicazioni, per ora, circa la possibilità da parte del lavoratore, che sia a conoscenza della decadenza del proprio diritto, di comunicare in proprio all’Istituto e al datore di lavoro la nuova condizione, cessando la fruizione dei permessi.

Lo stesso “silenzio” riguarda il datore di lavoro che sia a conoscenza delle medesime situazioni. Quest’ultimo, comunque, in linea con la prassi adottata da INPS non può revocare la concessione dei permessi se prima non ha appurato formalmente l’assenza delle eccezioni previste dal Legislatore (età del genitore o del coniuge della persona assistita, patologia invalidante degli stessi; assenza o mancanza degli stessi).

Il Dipartimento Funzione Pubblica, al contrario, è molto chiaro. Ogni amministrazione dovrà procedere a “riesaminare i provvedimenti di assenso già adottati al fine di verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla nuova legge.”

In caso di insussistenza dei requisiti, salvo integrazione della documentazione già prodotta, i benefici vengono revocati.

Discorso diverso riguarda i lavoratori ai quali in passato sia stata negata la concessione dei permessi lavorativi per assenza dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza, criteri ora abrogati. Questi lavoratori hanno oggi l’opportunità di ripresentare la domanda, contando su diversi e molto più favorevoli criteri di valutazione.

 

Particolari indicazioni del Dipartimento

Nella sua Circolare, il Dipartimento Funzione Pubblica, reca due indicazioni che in quella dell’INPS non ci sono e che quindi interessano più da vicino i dipendenti pubblici.

La prima indicazione riguarda cumulabilità dei permessi in capo allo stesso lavoratore che assista più familiari con handicap grave o in capo al lavoratore disabile che assista a sua volta familiari con handicap grave.

Il Dipartimento corregge una sua precedente indicazione (Parere n. 13/2008), precisando che nessuna disposizione impedisce o condiziona tale ipotesi. Pur sottolineando che tali situazioni dovrebbero essere eccezionali, che creano disagio alle attività amministrative, e che i permessi “cumulativi” dovrebbero essere richiesti solo nel caso in cui non ci siano altri familiari in grado di prestare assistenza, il Dipartimento conclude che le considerazioni devono essere rimesse “alla valutazione esclusiva e al senso di responsabilità del lavoratore interessato (...).”

Il secondo aspetto riguarda la programmazione dei permessi lavorativi. Nessuna norma indica espressamente entro quanto vanno richiesti i permessi: vanno, quindi, contemperate le esigenze del lavoratore (o meglio del disabile da assistere) e quellle di buon andamento delle amministrazioni.

In tal senso la Circolare del Dipartimento precisa che “salvo dimostrate situazioni di urgenza, per la fruizione dei permessi, l’interessato dovrà comunicare al dirigente competente le assenze dal servizio con congruo anticipo, se possibile con riferimento all’intero arco temporale del mese, al fine di consentire la migliore organizzazione dell’attività amministrativa.”

 

ultimo aggiornamento: 12 dicembre 2010

 


 
 
 
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