Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

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Attenzione! Chi volesse vedere le puntate della mia ONE MAN TELENOVELA, tutte in bell'ordine, una per una, in fila, può cliccare qui sulla giocalista di YouTube. Se poi qualcuno ritenesse che tanto lavoro merita un compenso, come gli artisti di strada quando fanno passare il cappello, può mettere le banconote in una busta e mandarmele: via Pinelli 34, 10144 Torino. Grazie!

 
 
 
 
 
 
 

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Vercelli, Vercelli, stazione di Vercelli

Post n°12 pubblicato il 10 Giugno 2007 da molinaro

Un temporale violento su Vercelli ha fulminato il televisore di mia madre e un treno, ma con un altro treno sono tornato a Torino. La domenica sera vado spesso a cena da mia madre a Vercelli. Dopo il temporale, alla stazione, nuvole di zanzare. Vercelli, la mia città natale, ha con me un rapporto tenue, debole, forse insignificante. C'è uno scarso interesse reciproco. Credo che nessuna libreria di Vercelli tenga miei libri. Li terrebbero se scrivessi di storia locale, o di cucina, o se almeno, pur essendo un poeta, fossi un poeta dialettale che va alle sagre. Credo che non mi perdonino il mio trovarmi meglio a Torino, che a me appare così naturale. E a Vercelli non so mai che cosa raccontare. Mi chiedono come stanno i miei figli e nipoti e come va il lavoro. Stanno bene, per fortuna, e il lavoro va come va, c'è e non c'è, è poco pagato ma si tira avanti. D'accordo, ma, detto questo, potremmo parlare di qualcosa un po' più in confidenza? Di che cosa ci ha emozionati stamattina e di chi siamo innamorati? Uno se la aspetterebbe, questa confidenza, dal natio borgo selvaggio. E invece no, niente.

Prima di entrare in stazione ho preso un orzo in tazza grande nel chiosco della piazza lì davanti: è l'unico bar di Vercelli che, si può dire, frequento, almeno occasionalmente. Ci sono guardiani notturni, taxisti, vagabondi, viaggiatori e stranieri. Mentre bevevo l'orzo ho sentito ordinare un caffè e ho avuto un'illuminazione. Il caffè è stato ordinato con queste parole: "Ma sì, vah, dammi un caffè, ah". Ma più che le parole conta il tono, un tono rassegnato e nello stesso tempo infastidito, stanco, scazzato. Quasi a dire: non sarebbe il caso di prendere un caffè. Non sarebbe il caso di fare nulla. Non sarebbe il caso di parlare, di comunicare. Non sarebbe il caso neppure di vivere. Non vorrei mai confidarti, barista, che voglio un caffè. Cioè, che forse lo voglio. Lo voglicchio. Dio quanto mi pesa questa confidenza. Ma per stavolta, vah, ma sì, uff, dammi un caffè. Mi sono accorto improvvisamente che a Vercelli quasi tutti i caffè si ordinano così. Che dire qualsiasi cosa è una grande fatica. Anzi, non è una fatica, è un disonore. Se fossi un vero uomo starei zitto. Ma mi abbasso a parlare per chiedere un caffè, sì, vah. Me ne vergogno molto.

Vercelli mi ha abituato a questo: a considerare ogni cosa che faccio, ogni cosa che dico, un disonore, un'onta, un abbassamento. Un'umiliazione. A meno che uno gridi, che sia prepotente, allora è un altro discorso, dopo che uno ha gridato forte e a lungo il caffè non deve più nemmeno chiederlo, basta un cenno.

Mah. Probabilmente esagero. È stato anche il luogo della mia infanzia. Qualche sogno ci è rimasto. Però da non dire, appunto. Da tenere ben nascosto. Ben chiuso. Come le cose vergognose. Fra le risaie, solo i deboli e le donnicciuole possono avere un'anima da comunicare. Gli uomini stanno zitti, o parlano di cazzate, che è lo stesso che stare zitti. Va così. Eppure c'era, poco distante da Vercelli, una grande foresta, e lì il silenzio aveva un senso, e io stavo zitto per non disturbare, e ci scrissi una poesia. Ma non si poteva stare per sempre zitti e chiusi. Secondo me, almeno, non si poteva. Io ho preferito andare via.

RICORDO D’INFANZIA

 

                                                           Sí, tu niñez: ya fábula de fuentes.

                                                                                              Jorge Guillén

 

C’era, poco distante da Vercelli,

una grande foresta. A torso nudo

m’inoltravo nel verde, e mi colpiva

il sole, che oscillava sulle foglie.

C’era una chiazza d’acqua che agitava

bolle di sabbia, e nasceva un ruscello

che rallentava in piccoli laghetti.

Molto lontano, il croscio di una cava.

C’era un sentiero nitido, compatto

di terra bianca fra due cigli d’erba:

di colpo si perdeva sul ghiaione

sparso di secchi rami calcinati.

Il fiume scintillava e scivolava

vegliato dagli stridi degli uccelli.

Sopra il filo dell’acqua, qualche uomo

stava in piedi, qualche volta, fissando.

Spingevo piano la mia bicicletta

perché non disturbasse. Mai nessuno

disse sconce parole.

Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 16/06/07 alle 09:39 via WEB
ti ho sparatumblrbato!!! qui: http://spata.tumblr.com/post/3636625
 
 
molinaro
molinaro il 16/06/07 alle 09:51 via WEB
E bravo spatatumblr! Ma che cosa... ehm volevo dire, chi sei? Grazie, comunque!
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 18/06/07 alle 14:31 via WEB
basta che passi il puntatore su "anonimo" e lo vedi, chi sono... :)
 
molinaro
molinaro il 18/06/07 alle 15:38 via WEB
Non sempre, non sempre... Ora sì.
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 
 
 
 
 

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