Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

ONE MAN TELENOVELA

Attenzione! Chi volesse vedere le puntate della mia ONE MAN TELENOVELA, tutte in bell'ordine, una per una, in fila, può cliccare qui sulla giocalista di YouTube. Se poi qualcuno ritenesse che tanto lavoro merita un compenso, come gli artisti di strada quando fanno passare il cappello, può mettere le banconote in una busta e mandarmele: via Pinelli 34, 10144 Torino. Grazie!

 
 
 
 
 
 
 

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Messaggi di Agosto 2011

 

One Man Telenovela sessantottesima puntata

Post n°1097 pubblicato il 31 Agosto 2011 da molinaro
Foto di molinaro

La sessantottesima è sessantottina, rivoluzionaria o quasi, con varietà più varia ancora e innovazioni e inserimenti ed esperimenti eccetera eccetera. Ci sono alcuni secondi di Marco Gobetti, c'è la drammatica morte in acqua di un insetto, c'è l'amore nell'elenco telefonico, c'è la liberazione delle mollette, c'è la femminilità sull'erba, insomma tante cose. Venghino, signori, venghino, si entra gratis.

 

 
 
 

One Man Telenovela sessantasettesima puntata

Post n°1096 pubblicato il 30 Agosto 2011 da molinaro
Foto di molinaro

La sessantasettesima. Con la partecipazione straordinaria della gatta Smilla e di due piccioni introdottisi in cucina; e poi varie ed eventuali.

 

 
 
 

Pavese a Porta Palazzo

Post n°1095 pubblicato il 26 Agosto 2011 da molinaro
Foto di molinaro

PAVESE A PORTA PALAZZO

All'improvviso oggi
guidando la Vespa a Porta Palazzo
ho capito il senso
di due versi di Cesare Pavese:
someone who tried
but didn't know
- e ho capito, credo, anche
perché li ha scritti in inglese.

Niente. Li ho capiti, ma
non è che adesso ve li posso spiegare.
A un tratto li ho capiti:
quel capire davvero
che arriva tutto a un tratto.
Basti sapere questo.

Non li ha spiegati lui, perché mai
dovrei provarci io?
Sono stanco
di provare a spiegare.
Però li ho capiti. Li ho capiti davvero.

Dopodiché
non farò come lui, penso di no, non ne avrei
neanche il coraggio e poi comunque no,
c'è dell'altro, tutt'al più
smetterò di provare
starò senza sapere.

 
 
 

Panni rossi

Post n°1094 pubblicato il 24 Agosto 2011 da molinaro
Foto di molinaro

PANNI ROSSI

Mangio un chebab dai Turchi e c'è un signore
con borsa verde e pantaloni blu
o era il contrario, non ricordo più.
Esco nel caldo e c'è una ragazzina
che aiuta un uomo a scaricare un camion
di lattine di tè e di cocacola.
Sudo nel sole, arrivo a casa, salgo:
dalla finestra della scala vedo
panni rossi al balcone dirimpetto.
Entro in cucina e mi faccio un caffè,
poi mi metto al lavoro e penso che
il mondo è bello nonostante tutto.

 
 
 

One Man Telenovela sessantaseiesima puntata

Post n°1093 pubblicato il 14 Agosto 2011 da molinaro
Foto di molinaro

La sessantaseiesima, la puntata di questo Ferragosto, frutto però di lunga lavorazione (le prime sequenze risalgono all'ormai remoto mese di luglio). Contiene anche una ricetta di cucina che tutti potrete mettere in pratica, è la stagione buona; e la canzone del cocomero; e una valigia piena d'erba, che l'erba fa bene.

 

 
 
 

Sproloquio sulla discrepanza

Post n°1092 pubblicato il 08 Agosto 2011 da molinaro
Foto di molinaro

SPROLOQUIO SULLA DISCREPANZA

In fondo succede anche con le cose:
Pulp Fiction per qualche mio amico è un cult,
per me è il film più noioso del mondo;
uno una volta mi ha magnificato il jazz freddo,
io lo reggo per un minuto, un minuto e mezzo al massimo.

Succede con cose anche più materiali:
una volta ho portato un amico
in un ristorante che mi sembrava ottimo,
lui mi ha detto che è un posto da diarrea.

E già con le cose s'ha un bel dire e ridire
che sono i gusti, la varietà del mondo,
l'indispensabile bellezza della varietà:
certo è vero, è verissimo - però quando di qualcosa
che ti piace - e molto - senti dire che è merda
c'è - non neghiamolo - un movimento d'imbarazzo,
di delusione, di pensare: ma com'è possibile,
ma no, ma va, ma questo qui non ci capisce un cazzo...

È la discrepanza.

L'incipit di questa specie di poesia/sproloquio è
«in fondo succede anche con le cose»:
si sarà capito dove voglio arrivare.

Succede con le persone. Succede
che uno che stimi o ami o quantomeno
consideri intelligente o simpatico,
ecco ne parli con un amico e ti accorgi che lui
lo disprezza o lo odia o lo considera
stupido o antipatico. Succede poi
certamente con le donne (gli uomini)
che piacciono nel senso più classico amoroso:
quella (quello) che per te è la meraviglia
delle meraviglie, ecco che per l'amico (amica)
è niente di speciale - o pure peggio.

Anche qui sono i gusti, la varietà del mondo,
l'indispensabile bellezza della varietà:
se a tutti piacessero gli stessi
sarebbe anzi un ben grave problema.
E tuttavia - non neghiamolo - anche qui
(e in misura ben maggiore che con film e ristoranti)
c'è un imbarazzo, un qualcosa di deluso
e sospettoso: c'è quasi un inclinarsi
a lontananza: ma se il mio amico considera
uno stronzo quello là che a me sembra un'ottima persona,
un cesso quella là che a me sembra una meraviglia,
siamo davvero amici? Davvero ci comprendiamo?

È la discrepanza.

Quindi la splendida varietà dei gusti e delle opinioni,
la varia variegata varietà dell'intera umanità,
non è che sia poi una cosa così tranquilla,
una cosa così serena, senza nessun problema:
è una faccenda normale e necessaria ma problematica
(la normalità non esclude affatto la problematicità - anzi).

C'è poi secondo me un ulteriore corollario riflesso
in quel casino aggiuntivo che succede
quando entra in ballo il maledetto sé stesso.

C'è chi è più presuntuoso e c'è chi è più modesto,
c'è chi ha più autostima e c'è chi ne ha meno,
c'è chi si considera un figo e c'è chi si considera una sega,
ma credo che sotto sotto tutti vagamente ci aggrappiamo
a quel poco o tanto di positivo di cui altri ci gratificano:
la personalità si forma nel riscontro/confronto con gli altri,
dicono gli studiosi del settore della psiche.
E se lo dicono loro!

Credo che a quasi nessuno dispiaccia
essere stimato o amato o preso in simpatia;
credo che a quasi nessuno piaccia
essere disprezzato o odiato o preso in antipatia.

E allora in queste interazioni umane,
in queste valutazioni/sensazioni/impressioni/giudizi,
quasi si pensa (si spera? si immagina? si delira?)
l'esistenza di una specie di principio di reciprocità,
di un - come dire - suscitamento analogico (?):
se ti stimo come fai a non stimarmi,
se mi sei simpatico come fai a non avermi in simpatia,
se ti amo come fai a non amarmi.

Un po' come se stima richiamasse stima
e simpatia richiamasse simpatia e amore
richiamasse amore. Così si vorrebbe.

Così non è.

Può accadere che tu per me
sia la meraviglia delle meraviglie
e io per te
la merda delle merde.

Può accadere e va accettato digerito elaborato
come fosse - come è - una cosa normale.

Accettato digerito elaborato.
Ho la sensazione che quando ci riuscirò
- se mai ci riuscirò: non sono molto convinto -
avrò risolto alcuni dei miei problemi esistenziali.

Ecco, ero partito da princìpi un po' generali
sull'umanità e sul mondo,
e sono arrivato ai soliti cazzi miei personalissimi.
Vabbè. È il vantaggio di andare a capo ogni tanto:
in poesia (?) ti puoi permettere tutto,
mica scrivi un articolo o un saggio o un trattato.

È la discrepanza.

 
 
 

Tre cose scritte in vari momenti di luglio e restate qualche tempo nel cassetto

Post n°1091 pubblicato il 02 Agosto 2011 da molinaro
Foto di molinaro

UN POMERIGGIO IN LIBRERIA

Un pomeriggio da commesso in libreria.

Una ragazza carina con capelli mossi
e pantaloni di tela a vita bassa
color carta da zucchero
e un bel monte di Venere
compra il lamento del prepuzio.

Un'altra ragazza mi chiede
mostrandomela
se ho letto l'anatra all'arancia meccanica
purtroppo no
mi spiace
sono un libraio ignorante
lei la compra lo stesso.

Mi rifaccio con una che prende
un giorno di fuoco di Fenoglio
le spiego di Gallesio che dà voce alla doppietta
e dei contadini piemontesi
che diventano violenti
se li tocchi sull'interesse
praticamente le racconto il libro
lo compra.

Poi vendo quaderno dolci mondo
vendo quaderno peccati gola
una guerra di troia
e un ebreo errante a soli tre euro.

Una signora compra l'uomo
che odiava i martedì
mentre i ragazzi giocano nell'incrocio
entra una pallonata
che centra in pieno un tavolino di libri
nessun danno
dietro il pallone entrano
due ragazzini e mi chiedono
se possono leggere i libri
rispondo che sì certamente
sfogliano dizionarietti da viaggio
mi chiedono che differenza c'è
fra il portoghese e il brasiliano
spiego
che è un po' come fra l'inglese e l'americano
sono soddisfatti
escono con il pallone
anch'io sono soddisfatto.

Un uomo giovane compra
una lega antinatale
e un'Irlanda di Tuzzi
poi se ne vanno un'espiazione e una possessione
(McEwan e Byatt).

Un cane entra ed esce
dalla libreria
e una coppia si mette sul divano
(è una libreria con divano)
se le fanno buone e leggono un libro.

Il ragazzo del locale di fronte
mi chiede se posso cambiargli
cinquanta euro
sono un po' scarso ma va bene cambio.

Scende la sera
ed è una bella sera
mi piace questo quartiere
dove i ragazzini giocano al pallone nell'incrocio
- che non è un incrocio pedonale -
e mi chiedono la differenza
fra portoghese e brasiliano
e fra loro si parlano in romeno
e non sanno che lo so.



LA PELLE PERMEABILE

Dormo con le tapparelle alzate
o le imposte aperte
sempre:
nel buio pesto
non dormo bene:
se passo più di un decimo di secondo
nel buio pesto
io penso di essere cieco
non potendomi dimostrare che ci vedo:
e quindi è un'angoscia.

Non so separare il fuori dal dentro:
non so mai bene
se nella stanza fa caldo o è che ho la febbre,
se fa freddo o sono brividi miei:
dev'essere un difetto della pelle:
ho la pelle che è troppo permeabile:
non fa confine.



NON POESIA DI COMPLEANNO

Fra dieci giorni è il tuo compleanno.
Compi 28 anni.
Voglio scriverti.
Una poesia?
No, una poesia è difficile:
sei così da me lontana, sei così a me negata:
una poesia è difficile.
Ti scrivo qualcosa.
Qualcosa.
Qualunque cosa sia.
Il tuo compleanno dell'anno scorso
è stata l'ultima occasione
in cui ci siamo visti di persona
e abbiamo dialogato.
Dialogato, insomma.
Neanche tanto.
Sostanzialmente
io ho detto a te
«buon compleanno»
e
«ti amo»
e tu hai detto a me
«mi hai rotto i coglioni».
Non è stato un gran dialogo, lo ammetto.
E probabilmente a distanza di un anno
le posizioni non sono cambiate:
io direi le stesse cose a te,
tu le stesse cose a me.
Probabilmente.
O forse cercherei di evitare di dirti
«ti amo»:
non perché non sia più vero
ma perché t'infastidisce e ti spaventa,
forse ti spaventa
e allora è meglio tenerlo per me:
perché forse per te il fatto che uno ti ami
impedisce di essere amici:
è una cosa strana ma non saresti l'unica
a pensarla così.
Come stai, Eva, cazzo, come stai?
Sei felice?
Sei contenta?
Sei soddisfatta del lavoro al Kombu Sushi?
Ami il tuo fidanzato?
I tuoi stanno bene?
Che fai di bello la sera?
Perché non vuoi parlare con me?
Sono semplicissime e innocue le cose
che vorrei domandarti.
Ma niente.
Che silenzio assurdo,
che perdita,
che spreco.
Eppure tutti lo trovano naturale.
Gli amici, per esempio,
gli amici - o conoscenti che siano -
che abbiamo in comune,
io mi sarei aspettato
tre anni fa ma poi in fondo anche adesso,
che remassero a favore:
che ci invitassero insieme a una cena
di pochi a casa di qualcuno
o che ti prendessero in disparte
per dirti: «guarda che Carlo
ti ama molto e non è così cattivo:
potresti, senza nessuna paura,
prendere un poco delle meraviglie
che lui vede in te:
provare almeno a scoprire com'è:
parlare, condividere qualcosa:
lui non è un serial killer».
Che almeno ti mandassero una mail
in questo senso!
Invece ho la sensazione
che non sia andata così
e che anzi questa mia aspettativa
sia considerata una specie di delirio.
Lo trovo strano. In circostanze analoghe
io l'avrei fatto, anzi l'ho fatto, mi è successo
di aiutare faccende d'amore di altri.
Vabbè.
Punti di vista.
Ma tu perché non mi rispondi?
Posso evitare di dirti
«ti amo»
e limitarmi al
«buon compleanno»:
ma tu perché non mi rispondi?
Che ti ho fatto di male?
È male vedere in te la bellezza,
la bellezza di tutta la persona,
della tua vita, di quello che sei?
È male questo?
Perché non mi rispondi?
Lo so, lo so che non rispondermi
è un tuo diritto sacrosanto ma
ugualmente ti chiedo:
perché non mi rispondi?
Fra dieci giorni è il tuo compleanno.
Compi 28 anni.
Voglio scriverti.
Una poesia?
No, una poesia è difficile:
sei così da me lontana, sei così a me negata:
una poesia è difficile.
E qualunque cosa io ti scriva
probabilmente è inutile.
Ma non scriverti non posso:
non so se questo tu lo puoi capire
(ma forse sì: sei una ragazza intelligente)
che non scriverti non posso:
che il nulla è la cosa insopportabile,
che il nulla è la cosa inaccettabile,
che il nulla è la pena di morte:
che se per assurdo
potessimo fare un patto
che ci vediamo cinque minuti ogni lunedì
e in quei cinque minuti
tu mi prendi a schiaffi e mi sputi addosso
io accetterei. Anche se
francamente preferirei
che ci bevessimo insieme
normalmente un caffè
o un Cola Cao o un'aranciata o un tè.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Buona cosa...
Inviato da: anita_19
il 02/07/2020 alle 09:15
 
Bello!
Inviato da: lumachina85
il 22/03/2019 alle 09:19
 
Era quasi nove anni fa. Qualcosa è cambiato e qualcosa no.
Inviato da: molinaro
il 06/06/2017 alle 11:31
 
Queste tortuose specie di poesie, questo appigliarmi a...
Inviato da: molinaro
il 06/06/2017 alle 11:26
 
Grazie!
Inviato da: molinaro
il 09/08/2016 alle 11:41
 
 
 
 
 
 
 
 

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