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"Scrivere un diario è come guardarsi in uno specchio di fiducia, addestrato a trasformare in bellezza il semplice bell'aspetto o, nel peggiore dei casi, a rendere sopportabile la bruttezza massima. Nessuno scrive un diario per dire chi è. In altre parole, un diario è un romanzo con un personaggio solo."

 

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IO SONO CON SAVIANO CONTRO TUTTE LE MAFIE

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Una cosa è certa: io, come molti altri, continueremo a raccontare. Userò la parola come un modo per condividere, per aggiustare il mondo, per capire. Sono nato, caro Presidente, in una terra meravigliosa e purtroppo devastata, la cui bellezza però continua a darmi forza per sognare la possi­bilità di una Italia diversa. Una Italia che può cambiare solo se il sud può cambiare. Lo giuro Presidente, anche a nome degli italiani che consider­ano i propri morti tutti coloro che sono caduti combattendo le organiz­zazioni criminali, che non ci sarà giorno in cui taceremo. Questo lo prometto. A voce alta.

 

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vento e soffione

Sono vento.
Sussurro primavere tra le ciocche.
Raggelo di candide sferzate.

Sono vento.
E tu albero forte.
Cadano le foglie, come muoiono le certezze.

Sono vento d'estate,
solletico al sale sulla pelle,
sollievo alla calura.

Sono vento
e il vento non mi piace.
Mi ci abituo, inseguendo una rondine.

 

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E ANCORA SETTEMBRE

Post n°125 pubblicato il 31 Agosto 2010 da nnsmettodsognare

cerveterienzaioegiuseppe

 

Ed era settembre del 1991 quando lei ci lasciò.
Quasi l'ultimo giorno, quando ormai arrivava ottobre, e forse il freddo ci avrebbe assuefatti ai lamenti che in quel settembre pregavamo solo che finissero.

Lei c'era, distesa nel letto, ma ormai non c'era più da un mese, forse un po' di più.
La meningite le aveva tolto anche la forza di gridare o piangere, implorare pietà o supplicare ancora un giorno, riconoscerci.

In casa non ci stavo mai, quella non era più mia sorella.
Era uno scheletro consumato dalla malattia, con una benda ridicola a coprire la cavità vuota dove un giorno c'era stato un occhio luminoso e pieno di vita.

Cercava invano riposo nel letto che era stato dei miei genitori e ora era stato ceduto a lei e mio cognato, dopo che lui aveva mollato Roma, il lavoro e la loro casa per poter stare con lei e permettere a lei di stare con noi.

All'inizio, quando si erano trasferiti, lei stava ancora benino.
La accompagnavano per la chemioterapia e poi si sedeva a tavola con noi, mangiava le sue brodaglie o quell'antipatico plum cake del mulino bianco che da allora non ho mai avuto il coraggio di comprare.
Sorrideva anche, ogni tanto.
Poi la febbre, il crollo finale, le frasi senza senso, i versi da animale.

E fu così difficile anche solo ricordare.
Le nostre passeggiate per boschi, le visite ai musei e alle città, le cene prelibate di Massimo nella vostra casa, i giardini e le fontane di Roma, tutti i nostri bei momenti insieme.

Ci sono stati giorni in cui ti ho sentito.
Eri lì, si ne ero sicura, lì ad accarezzarmi se piangevo come piangevo in silenzio, seduta sulla poltrona ai piedi del letto, quell'ultimo giorno.
Il tuo respiro non voleva smettere e tornava prepotente dopo interminabili secondi di interruzione mentre io ripetevo "Basta, basta per favore, vai via di qui, è meglio."
Piango anche ora che scrivo, e non lo facevo da tanto al tuo ricordo: alla morte in fondo ci si abitua ma non ci si rassegna mai.

massimoeio

25 luglio 2002: tu avresti compiuto 47 anni, io mi sposavo.
Massimo testimoniava la mia felicità ed era come averti con noi.

 

Prossimo post leggero ... promesso 

 
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