Creato da: Nordavind1709 il 14/02/2007
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J'aime alors contempler le ciel

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« ... chi ha visto il vento? Né tu né io; ma quando gli alberi piegano la testa è il vento che passa » - Ch. Rossetti

 

 

 

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a.a.p.o.d.

 

 

La pace delle cose selvatiche


Quando la disperazione del mondo mi cresce dentro
mi vado a sdraiare dove l'anitra si posa sull'acqua in tutta la sua bellezza e lo splendido airone si specchia.
E lì trovo la pace delle cose selvatiche
che non hanno tensioni nella vita pensando al dolore che verrà.
Mi fermo davanti alle acque tranquille e sento sopra di me le stelle che attendono l'oscurità per poter risplendere.
E in quei momenti io riposo nella pace amo il mondo e sono libero.


Wendell Berry

 


 

 

who am I?

Nordavind è il moniker che uso e il nome di questo blog. In lingua norvegese significa ''vento del nord''.


Mi chiamo Vittorio, sono nato nel 1980 e da sempre vivo sull'Altopiano di Asiago - Sette Comuni. Sono laureato con lode in Scienze Forestali ed Ambientali, mi interesso di tutto un po', dalla filatelia alla pirografia, dalla storia locale al disegno. Le mie più grandi passioni restano però l'astronomia e la fotografia naturalistica, a queste mi piace associare la musica (il genere neofolk in particolare) e la letteratura (soprattutto nord ed est europea). Qualche appunto di tutto ciò, di tanto in tanto, lo potrete leggere in questo blog.

 

 

 

 

 
 
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« Cercare l'animaLa montagna è il mio mondo »

Un ometto

Post n°52 pubblicato il 22 Agosto 2011 da Nordavind1709
 

 

Sulla vetta aerea c'era un ometto. Nei momenti di felicità è prepotente in noi il bisogno di espandersi in tenerezza verso qualcuno. Nella gioia indicibile della vittoria, in quella prima ora passata sulla vetta dello Jalouz, la mia attenzione e la mia tenerezza si volsero all'ometto di pietre. Lo costruii più alto, e anni dopo lo andai a trovare più volte. Per noi alpinisti l'ometto è la vetta e la vittoria, Lo mettiamo lassù, come un monumentino delle nostre gioie, un pegno del nostro amore, un segnacolo, un po' di noi stessi.

E là ci aspetta, solo per anni e anni, avvolto nella nebbia, squassato salle bufere, sotto la minaccia dei lampi, sotto il peso soffocante delle nevi, come un soldato fedele al suo posto di pericolo. Col tempo bello è raggiante di gioia nell'azzurro e guarda contento sul mondo. Una volta ho sentito perfino cantare un ometto – ma questa è un'altra storia.

 

Spesso lo vanno a trovare i nostri pensieri. Dalle laboriose fatiche di ogni giorno, dalla pena delle ore d'angoscia, dalle notti in affanno ci rifugiamo in lui. Non è facile la sua esistenza, e noi abbiamo parecchio da imparare da lui; da lui che può darci conforto e fiducia in noi stessi.

Nell'ora del dolore pensa a lui e al suo posticino lontano dal mondo! Ecco, quando torni lassù e lo cingi col tuo braccio… il desiderio ti arde, si placa, il tuo cuore batte più calmo, ciò che ti sembrava difficile è ora semplice e piano, cure e affanni, fatiche e delusioni sono dimenticate, e la tua anima si libra di nuovo libera e leggera sopra tutti i mali abissi della vita terrena.

 

 

Julius Kugy, "Dalla Vita di un alpinista"

 

 

 
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