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« metereopaticotra il pomeriggio e la sera »

la continua ricerca del limite

Post n°350 pubblicato il 05 Aprile 2007 da noteinblu
Foto di noteinblu

Titoli di testa

L’immediato dopo lavoro di mercoledì mette nel piatto l’incontro con Tomas, riguardo alla rassegna Jazz, da curare in prima persona, con l’arrivo del nuovo inverno.
A darmi man forte arriva anche Matteo che, nonostante un impegno molto prossimo, decide comunque di esserci. Mi fa piacere, considerata la mia inesperienza a gestire e condire una conversazione del genere, dove l’argomento portante mi trova sprovvisto di qualche nozione fondamentale, soprattutto riguardo alla voce spese da prospettare al locale.
Alle 18.30 sono sul marciapiede che affronta l’uscita dal senso unico di Via Resta e me lo vedo arrivare a bordo di una mini cooper veramente da sogno.
La sua passione e quasi professione, di gestire un mercato di auto d’epoca usate, da “restaurare” per poi essere rimesse sul mercato, lo ha portato ad innamorarsi di uno di quei gioielli di lamiera che gli passano fra le mani e, di conseguenza, a tenerselo. Salgo e il cd di Miles Davis in bella vista mi convince a sentirmi veramente a mio agio.

Arriviamo al locale e dopo una breve anticamera possiamo stringere la mano al nostro interlocutore.
Iniziamo a scoprire un po’ le carte e l’impressione che l’entusiasmo e la voglia di fare siano da prendere un po’ “con le molle” mi arriva subito. Le cose troppo facili, mi hanno sempre un po’ insospettito.
Buttiamo sul bancone, dove mi rifiuto ancora di sfruttare l’offerta di una bevuta semplicemente perché non ho sete (“hai sbagliato” mi ripeterebbe Davide), l’idea condivisa di una rassegna dall’inizio di ottobre, con il martedì aggiudicato per l’appuntamento fisso con il Jazz scelto da me.
Consideriamo l’idea di dove allestire la situazione e, scansando il parquet riservato al ballo, poco fruibile da tutta la clientela e ancor meno consigliato per lasciarci un pianoforte, ci troviamo d’accordo tra l’altro bancone, inutilizzato durante la settimana, e la sala occupata dai tavoli pronti per la cena.
Siamo d’accordo per risentirci più avanti considerato che, se l’anticipo è quello giusto, di tempo ce n’è ancora molto per affrontare ogni dettaglio.
Matteo mi riaccompagna a casa ma ci rimango poco.

Alle 21 Amedeo suona il campanello dal pianoterra armato di basso.
Ci aspetta la trasferta musicale verso Forlì (FC), con una “leggera” deviazione a Russi (RA) per stringere i legami con un locale, in vista dell’estate.
Al “Ristoro del Panda” ritrovo Nadia, dietro al bancone e la necessità di scambiare due chiacchiere la porta a sfruttare la situazione per accendersi una sigaretta.
È interessata a fare musica dal vivo e, vista la novità dell’intenzione, si lascia consigliare volentieri dalle mie parole, figlie di un po’ di esperienza a riguardo.
Ci salutiamo senza una data fissata, con la promessa di risentirci e la sensazione di stare iniziando a fare questa cosa insieme, insomma, ad esserci un po’ più dentro che non nei semplici panni del musicista.

Per Forlì, ci lasciamo sorprendere dalle indicazioni e lascio toccare alle ruote un po’ di asfalto mai assaggiato prima, facendo cieco affidamento a quei cartelli blu, a freccia, con le scritte in bianco.
All’improvviso ci troviamo sui viali della città ricercata e la strada giusta per l’X-Ray è proprio lì sulla nostra destra.
Facciamo il nostro ingresso alle 22 passate e, considerando che le prove del suono il fonico le pretendeva tra le 18 e le 20 non possiamo dire di esserci minimamente sforzati per cercare di dimostrare qualcosa.
Martedì, la sera prima, il gruppo si era riunito in sala per le prove di rito.
Avevamo comunicato, via cellulare, la nostra impossibilità ad evadere dai rispettivi posti di lavoro per quel “checksound” (Annalisa diglielo tu che non esiste quella parola!) e, oltre tutto, per suonare la bellezza di 4 pezzi, all’interno di un concorso non proprio rinomato, a 30km e rotti da casa, ricevendo, in cambio, solo una consumazione omaggio.
Questa anomalia nei piani mentali del fonico, aveva suscitato molto malumore (e non ne capisco il motivo) dalla parte ospitante e l’idea di accomodarmi in una situazione non voluta, sempre per le circostanze di sfruttamento della passione per la musica, e per di più di tensione, non riusciva proprio a farmi splendere dal sorriso.
Ci ho provato, dopo aver lasciato la Gibson protetta dall’omonima custodia e il mio jack nero nella sala riservata alle band, facendomi servire dalla cameriera una torta al cioccolato.
L’estremo tentativo.
Non era granché, nonostante il cioccolato, come la cameriera.

Fine Primo Tempo

Secondo Tempo

Dopo la seconda esibizione ci rifugiamo nel backstage approfittando di uno dei tanti comodi divani in finta pelle.

Un po’ di riscaldamento, proprio come una rock band che si rispetti e siamo pronti per salire sul palco e chiudere la serata.
Il malumore si trasforma in definitivo sconforto al momento di inserire il jack e dare volume a quel surrogato di amplificatore a transistor a cui sono costretto.
Non posso assolutamente suonare con un poco più che pulito e l’elemosina di uno dei pedali distorti di Davide è l’unica salvezza possibile.
La situazione migliora ma non fino al punto in cui avrei sperato.
La batteria spinge sulla cassa e sfogo sulle corde e nell’intenzione tutto quello scazzo derivato dall’ennesimo mancanza di rispetto e professionalità a cui non riesco proprio a fare l’abitudine.
L’esibizione parte alla grande e verso metà della seconda canzone faccio presente a Davide, con le parole “Non riesco a sentirti!”, quello che manca al mio orecchio.
Lui da un’occhiata all’amplificatore trovandosi d’accordo ma alzando le spalle come se non si potesse rimediare. Allora, senza disturbare, tra un accordo e l’altro, mi ci metto di fronte io e inizio a girare, in senso orario, una delle 4 manopole che fa al caso nostro.
Posso tornare ad equilibrare la scena.
È il momento dei cori su “Eppur mi sono scordato di te”, una delle due cover sui quattro brani portati. Mi accendono il microfono da metà canzone in avanti, in una dedizione al mixer imbarazzante da parte del fonico e, sul mitico stacco “Che… disperazione nasce da…”, armonizzata a tre voci, colgo l’assenza del necessario dalle parti del batterista e in un impeto di riscatto, lasciando la chitarra a zero, tolgo il mio microfono, finalmente funzionante, dall’asta e raggiungo Beppe per un coro memorabile.
Un nostro brano ancora e il gran finale con “Ti sento”, dall’arrangiamento veramente accattivante. Gli ultimi accordi non gli ho potuti suonare, visto che dal surrogato di amplificatore non usciva più niente, come dalle spie dedicate voce, ma oramai stavamo toccando la fine (o il fondo).

Iniziamo a smontare quelle poche cose e mentre stiamo riguadagnando il backstage colgo la terza e quarta piazza senza riscontrare il nome “Morgana”.
Torno fuori e, proiettata sulla parete, la classifica provvisoria ci vede guardare tutti dall’alto con 326 voti assegnati dalla giuria.
Il grafico però offre anche un piccolo margine con il numero “0” destinato ad incrementare con le votazioni del pubblico.
Passa solo il migliore e, considerato lo scarto sulla seconda band di appena 6 punti e la netta inferiorità di sostenitori venuta a sentirci grazie ai 30Km che separano Imola (BO) e Forlì, posso sperare di non prestarmi ulteriormente a queste prese in giro.
Il sistema in cui l’avventore può esprimere la propria preferenza è molto accattivante e questo lo devo riconoscere. Per ogni consumazione viene lasciata una caramella, vera e propria materializzazione del voto da gettare nell’ampolla, targata col nome di ogni gruppo in concorso.
Inizio a notare una quantità di calorie inaspettata dietro il foglio “Morgana” e qualche faccia sconosciuta allungare la mano per lasciarci così il proprio apprezzamento per la piccola ma intensa prestazione.
Alla fine dei conteggi di rito finiamo secondi, con il brivido dell’esito fino all’ultimo e sono contento per aver evitato la finale e felice, al tempo stesso, per aver avuto la preferenza dalla giuria di qualità.
Tra una parola e l’altra viene fuori che il fonico, alterato per la nostra assenza alle prove e definitivamente scoppiato su quei 20 secondi di ricognizione sul palco con “Valvonauta”, prima di cominciare aveva mandato a fanculo Marco che gli chiedeva solo più voce in spia e iniziato già a smantellare l’impianto mentre stavamo suonando. Allucinante.
Tra una parola e l’altra viene anche fuori che i due migliori secondi, delle varie selezioni, saranno della finale e, considerato che siamo attualmente i migliori secondi e che mancano solo altre due serate mi sa che ci toccherà tornare a Forlì molto presto.
La novità entusiasmante e che ci saranno qualcosa come 7 gruppi a doversi scambiare il palcoscenico e sono proprio curioso di vedere cosa succederà.
Una cosa è sicura, non riesco ancora a trovare un limite.

Fine

 
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