amareilcinemaParole di cinema scritte ( e trascritte ) di notte e tant'altro per chi ha cuore e occhi per vedere.Per chi ama il cinema.Per chi ha ancora un sogno |
AREA PERSONALE
Il sogno
Se il sonno fosse (c'è chi dice) una
tregua, un puro riposo della mente,
perché, se ti si desta bruscamente,
senti che t'han rubato una fortuna?
Perché è triste levarsi presto? L'ora
ci deruba d'un dono inconcepibile,
intimo al punto da esser traducibile
solo in sopore, che la veglia dora
di sogni, forse pallidi riflessi
interrotti dei tesori dell'ombra,
d'un mondo intemporale, senza nome,
che il giorno deforma nei suoi specchi.
Chi sarai questa notte nell'oscuro
sonno, dall'altra parte del tuo muro?
JORGE LUIS BORGES
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Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,
e dirà: Siedi qui, Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io:
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti: E' festa: la tua vita è in tavola.
Di Derek Walcott Citato nel Film "La Febbre"
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« Messaggio #35 | » |
Geremia: “cent' anni di solitudine” e l’epifania dell’altro di M. Cristina Lucchetta E’ un avaro Geremia e un usuraio a tutto tondo. Laido e repellente. Orripilante. Un uomo di confine, ai margini di se stesso che vive in una casa perennemente in ombra e lenisce i suoi mal di testa con bandane di tela bianche e fette di patate crude. Un usuraio del sud che si allontana, apparentemente, solo per geografia dai più illustri archetipi letterari e cinematografici. Eppure nella dolente e malinconica caratterizzazione di Sorrentino, Geremia oltrepassa lo stereotipo classico e finisce con l’universalizzare qualcosa di più del semplice avaro, dell’usuraio tout court. Probabilmente è per questo che suscita orrore e tenerezza. Geremia “riccopovero”, depauperato ab inizio per natura e per destino, è il “luogo” di un vuoto e di una assenza: ciò che non si è e non si è mai stati, ciò che non si ha e non si ha mai avuto. E non vi è facile redenzione dalla bruttezza e dal rifiuto. Una possibile ma nichilistica via di uscita è il possesso, l’attaccamento alle cose, al denaro; il potere sull’altro che non ci ama. Così l’avarizia di Geremia è una istanza inconscia di giustizia. “Siamo malati Amanda ma siamo bellissimi”. Repellente e sordidamente bello Geremia, anche quando la mdp è impietosa nel riprendere le sue morbosità che altro non sono che il grido ripetuto del “mai avuto”, la nostalgia di un cuore che ancora desidera. E proprio questo desiderio rimanda ad un “oltre” e a una bellezza che pure esiste finanche nel cuore usurato-usurante di un avaro. E ad un’attesa. E l’altro, Rosalba, irrompe; si manifesta al desiderio camuffato da brama di possesso. Per un attimo Geremia crede e da fiducia, si abbandona ad una accoglienza che sembra perdonare la sua diversità. Perde la sua fortuna ma non dispera. Ricomincia dall’acqua di una fontana. In un attimo e per un attimo ha sconfitto “cent'anni di solitudine”. M Cristina Lucchetta
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Non dire che hai abbandonato il sogno.
Non c'è altro per noi a cui aggrapparci, se non questo.
Non dire che hai abbandonato il sogno.
Non c'è per noi altra strada se non questa.
Asakusa Kid, Takeshi Kitano
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Nickname: nottelunas
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