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Post n°654 pubblicato il 30 Maggio 2017 da omerostd

Papa Francesco non è solo una figura religiosa, capo della Chiesa cattolica e vicario di Cristo. È senza dubbio uno dei tre-quattro personaggi politici più importanti al mondo e se si stringe lo sguardo sull'Italia, l'unico leader di spicco in carica che abbiamo; Gentiloni si accontenti dei complimenti per la straordinaria scenografia che ha fatto da cornice al vertice di Taormina e non si offenda. Per questo le frasi di Bergoglio, anche se dette dalla finestra del Vaticano, si prestano a essere commentate senza misticismi né sacri timori.

Ci ha colpiti in particolare quella rivolta ai lavoratori Mediaset di Roma, in procinto di essere trasferiti a Milano. Bergoglio li ha inseriti nel sermone domenicale auspicando che «la loro situazione lavorativa possa risolversi, avendo come finalità il vero bene dell'azienda, non limitandosi al mero profitto ma rispettando i diritti di tutte le persone coinvolte. Il primo è il diritto al lavoro». Siamo del mestiere e possiamo rassicurare il Santo Padre che i giornalisti Mediaset non sono proprio gli ultimi della Terra e il loro eventuale trasferimento non è paragonabile all'odissea dei profughi siriani o dei disperati nigeriani. Anche sull'azienda poi, il giudizio papale sembra ingeneroso. Mediaset in 35 anni non ha mai licenziato nessuno e, che si sappia, non intende farlo ora; anzi, ha creato migliaia di posti di lavoro. Da qualche tempo non naviga in acque tranquille, viene da un anno orribile, è stravolta dalla vicenda Vivendi e ha un rosso di 300 milioni. A fronte di questo, si appresta a trasferire dei lavoratori come già hanno fatto Cnn e Bbc all'estero, perché il futuro dell'informazione, che non può prescindere da nuovi investimenti sul digitale, è centralizzare le risorse. Anche Sky farà lo stesso, e nfatti si è già guadagnata gli strali di Francesco, che ieri attaccando Mediaset ha di fatto realizzato una pap-condicio.

Le sofferenze dei lavoratori fanno male a tutti, perché tutti lo siamo, ma i dipendenti Mediaset non sono gli operai dell'Ilva che perderanno il lavoro e ai quali Francesco è andato a portare conforto sabato scorso, lanciandosi contro «gli speculatori che distruggono il lavoro». Parole sante, anche se l'Ilva è stata uccisa più dalla magistratura che dai Riva, proprietari prima che venisse commissariata, che anzi l'hanno comprata salvandola e la facevano viaggiare garantendo lavoro a tutti. Diciamo questo non per amor di polemica, ma perché sempre ieri è stato Francesco a raccomandarsi che l'informazione sia costruttiva e al servizio della verità».

Polemico sarebbe chiedere che fine hanno fatto i 500 calligrafi, pittori e stampatori che il Vaticano voleva lasciare a casa e scrissero al Papa supplicandolo di «non gettare nella precarietà e nella povertà centinaia di famiglie». Oppure se quando sabato a Genova ha dichiarato che «chi pensa di risolvere i problemi della propria azienda licenziando non è un buon imprenditore» si riferisse ai tre ufficiali della dottrina della fede da lui mandati a casa, come denunciato dal cardinal Muller e a tutti gli altri che ha rimosso perché non condividevano la sua visione. Polemico sarebbe chiedersi perché il più grande sponsor al mondo di un esodo biblico da due miliardi di persone che sconvolgerà economie e società di tutto il mondo, il simbolo vivente delle migrazioni e il santo protettore di ogni profugo sia così colpito dal trasferimento Roma-Milano di una categoria di un gruppo di giornalisti. Non sarà piacevole ma non è come arrivare «dalla fine del mondo».

di Pietro Senaldi

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