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l'ansia è figlia della hybris

Post n°12 pubblicato il 22 Ottobre 2009 da m_de_pasquale
 

Il dizionario così definisce l’ansia: stato tormentoso dell’anima, provocato dall’incertezza circa il conseguimento di un bene sperato o la minaccia di un male temuto. L’ansia è uno stato d’animo che in apparenza sembra abbia a che fare con il futuro (la gravità del compito che devo sostenere “mi mette in ansia”, il pericolo che mi potrebbe accadere “mi mette in uno stato di agitazione ansiosa”, …), ma forse è più corretto affermare che ha a che fare col mio presente: in ogni situazione di ansia passato e futuro precipitano nel presente, il futuro con tutti i pericoli e le incertezze presagiti viene anticipato. E’ un futuro non vissuto come “possibilità” (Kierkegaard: “L’angoscia - l’ansia - si può paragonare alla vertigine della libertà” e quindi della possibilità), ma come già realizzato nel presente. Ho avuto modo di osservare tra i miei studenti lo stato d’animo dell’ansia come condizione legata all’adolescenza e di cui quell’ansia, che si presenta in occasione di particolari prove (interrogazioni, compiti, …), ne è solo una manifestazione. Nelle pieghe delle contraddizioni che entrano in gioco nel passaggio tra l’adolescenza e la preadolescenza va ricostruito lo scenario dell’ansia. Le chiarisce Eugenio Borgna: “ Le contraddizioni fra le esigenze personali dell’adolescente, e le attese (le sollecitazioni) dell’ambiente familiare e sociale; le contraddizioni fra la coscienza immaginaria, dalla quale provengono gli impulsi creativi, i sogni, le fantasie, le speranze e gli ideali, e la coscienza reale, con la quale avviene la valutazione obiettiva delle realtà sociali ed interpersonali, dei compiti e delle mete che ciascuno di noi si trova ad affrontare; le contraddizioni fra la conservazione e la continuazione di quelle che sono state le precedenti forme di vita e le modificazioni che il salto nella postadolescenza trascina con sé; le contraddizioni, infine, fra l’esigenza di modelli di comportamento spontanei e liberi da legami e da vincoli, e l’esigenza di inserirsi nel solco degli ordinamenti sociali dominanti”. Quindi quando l’integrazione tra adolescenza e postadolescenza non riesce, possono manifestarsi esperienze ansiose che in genere non evolvono patologicamente (come ad esempio nella tossicomania ed anoressia, e purtroppo anche nella schizofrenia o nel suicidio). Volendo semplificare, l’ansia è quella condizione che mi pervade di fronte alla novità del futuro, al compito che mi spetta, stato d’animo che può essere più o meno enfatizzato a seconda della immaginazione di ciò che mi spetta. Ho riletto in questi giorni il Manuale di Epitteto (filosofo stoico vissuto a Roma nel I secolo d.C.) e vi ho trovato alcune indicazioni che potrebbero contribuire a governare l’ansia che sempre più oggi si presenta come conseguenza della nostra idea di inadeguatezza ai compiti richiesti o ai modelli che risultano dominanti. Per iniziare teniamo bene a mente che ciò che turba l'uomo non sono i fatti, ma la sua immaginazione: “Non sono i fatti in sé che turbano gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano sui fatti” §. 5; “Quando vedi qualcuno in lacrime non farti trascinare dalla rappresentazione, ma pensa: lo affligge non ciò che è accaduto, bensì il suo giudizio sull’accaduto” §. 16. Non tutto ciò che immaginiamo è in nostro potere e quindi non possiamo incidere su di esso: “Esercitati a dire a ogni rappresentazione che ti colpisca per la sua asprezza: sei soltanto una rappresentazione, non sei affatto ciò che sembri in apparenza. Poi analizzala e sottoponila alla valutazione degli strumenti in tuo possesso, accertando se essa sia relativa a cose che ricadono in nostro potere ovvero a quelle che non vi rientrano” §. 1. Liberarsi dalle preoccupazioni frutto della nostra immaginazione: “Se vuoi progredire, lascia da parte i ragionamenti di questo genere: se trascurerò i miei beni non avrò di che vivere. Meglio morire di fame, ma libero da afflizioni e paure, piuttosto che vivere nell’abbondanza, ma nell’inquietudine.” §. 12. Se noi volessimo agire su qualcosa che non è in nostro potere “inevitabilmente falliremo” §. 2. Per essere un uomo libero “devi disprezzare ciò che non dipende da noi” §. 19. A noi che ci affanniamo nella competizione sociale, verso obiettivi che superano le nostre forze perché tutto va in questa direzione (più veloce, più forte, …), dice Epitteto: “Se hai assunto un ruolo che va oltre le tue possibilità, oltre a rimediare, in quello, una brutta figura, hai trascurato il ruolo che era alla tua altezza” §. 37. E’ la riproposizione di quel grande principio che ha caratterizzato il pensiero greco: la giusta misura. “La morte e tutto ciò che appare terribile ti sia quotidianamente davanti agli occhi: non avrai mai alcun pensiero meschino, né desidererai mai nulla oltre misura” §. 21.

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