Creato da m_de_pasquale il 05/10/2009
"il sapere ha potenza sul dolore" (Eschilo) ______________ "Perchè ci hai dato sguardi profondi?" (Goethe)
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"La filosofia guarda da un altro livello cose, problemi, sofferenze, desideri, piaceri. E qui cade la solitudine del filosofo che non gode come gli altri, non soffre come gli altri, perchè non guarda le cose al livello dove le vedono gli altri. Per questo il filosofo è solo e incompreso. Della solitudine ringrazia ogni giorno gli dèi che gli tolgono di torno gli abitatori del tempo; dell'incomprensione si rammarica, non per sé ma per gli altri che non sanno quello che dicono e fanno." (Galimberti)
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Post n°24 pubblicato il 15 Novembre 2009 da m_de_pasquale
La grande acquisizione di quel processo, avvenuto tra il XVI e XVII secolo, che definiamo rivoluzione scientifica è stata l’elaborazione del nuovo metodo della scienza la cui essenza è l’anticipazione matematica che deve trovare conferma con l’esperimento. E’ nota la dialettica tra le “sensate esperienze” e le “necessarie dimostrazioni” galileiane, straordinaria sintesi di senso e ragione, induzione e deduzione, matematica e fisica. Dopo aver ridotto la natura ai suoi elementi quantitativi (= matematizzazione della natura) viene formulata una ipotesi – una anticipazione – che, affinché possa fregiarsi di caratteri di universalità e necessità, deve essere confermata dall’esperimento. La certezza – ovvero il nostro pensiero (una qualità soggettiva) – viene a coincidere con la verità – ovvero con l’effettivo stato delle cose (una qualità oggettiva): l’ipotesi anticipata corrisponde perfettamente al mondo elaborato dallo sguardo quantitativo. Per Galilei il pensiero coincide con l’essere. E’ solo il caso di precisare che la generalizzazione (la proposizione scientifica universale) è possibile sulla scorta di due presupposti: l'uniformità della natura e la conformità di essa alla struttura matematica impostale dalla ragione (sguardo quantitativo). E' bene sottolineare che questi presupposti sono posti dalla ragione e non dati dall’esperienza. Ma l’azione della ragione scientifica, con le sue generalizzazioni, non si limita solo all’ordinamento del mondo presente, essa guarda anche al futuro con la sua potenzialità previsionale: sa in anticipo cosa accadrà al momento dell'accadimento di determinate condizioni. Così davvero la scienza è potenza come sosteneva Bacone, iscrivibile nella storia della volontà di potenza: “la scienza e la potenza umana in questo coincidono, che l'ignoranza della causa rende vano l'effetto”. La verità scientifica, così intesa, non è più l’uscire dal nascosto (come i greci intendevano col concetto di alétheia), ma è una disposizione dell’io legislatore della natura, essa viene a coincidere con l’oggettività che è di fronte ad una soggettività la quale appunto vuole la cosa davanti a sé nelle modalità che ha anticipato. Il sapere scientifico possiede, così, in anticipo l’oggetto; il possesso è la potenza sull’oggetto. Si pongono, a questo punto, due domande: ma davvero il mondo conosciuto dalla scienza è il mondo che abito? Il mondo conosciuto dalla scienza non si presta, forse, più facilmente ad essere usato ed al limite sfruttato? Ci ricorda Husserl: “Nella matematizzazione geometrica e scientifico-naturale, noi commisuriamo al mondo-della-vita (al mondo che ci è costantemente e realmente dato nella nostra vita concreta che si svolge in esso) nell’aperta infinità di un’esperienza possibile, un ben confezionato abito ideale, quello delle cosiddette verità obiettivamente scientifiche. Il travestimento ideativo fa sì che noi prendiamo per vero essere quello che invece è soltanto un metodo”. Abbiamo scambiato ciò che è solo un metodo per la verità del mondo. Una tecnica previsionale diventa la sola chiave di lettura del mondo che abito facendone perdere tutta la varietà e ricchezza. L’io che abita il mondo non è l’intelletto a cui è sottratta ogni influenza corporea, non è il soggetto oggettivante che utilizza nessi causali per spiegare ciò che gli sta di fronte. E’, invece, l’io che fa esperienza vissuta (erlebnis) del mondo-della-vita (lebenswelt), un mondo soggettivo, corporeo, in cui percepiamo le cose soggettivamente prima di ogni considerazione scientifica, è il ritorno al mondo della doxa che, seppure scalzato, sin dai tempi di Platone, dall’epistème, è l’unico mondo che ha un senso per noi perché è il mondo della nostra esperienza ingenua prima di ogni altra manipolazione. Quando la superstizione scientifica “che nasce dalla falsa coscienza, la quale pensa che la nostra vita sia basata sulla scienza e sia da dirigere con la scienza” (Jaspers) ci induce a credere che l’unico mondo possibile sia quello che, come un oggetto, è alla mercè della mia soggettività e quindi utilizzabile, manipolabile senza più limiti come sta avvenendo nella nostra età della tecnica, si comprende la drammaticità delle domande di Heidegger: “ Siamo forse alla vigilia della più mostruosa trasformazione della Terra intera, e dello spazio temporale a cui essa è legata? Siamo in cammino verso il luogo storico di questo crepuscolo della terra?” |
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