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Un blog creato da postmodern75 il 23/11/2005

GATTO NERO RANDAGIO

l'ascia e l'uscio.

 
 

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Oh deliziosa delizia
e incanto.
Era piacere impiacentito
e divenuto carne.
Come piume
di un raro metallo spumato,
o come vino d'argento
versato in nave spaziale.
Mentre slusciavo,
quali visioni incantevoli...

 

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«  Messaggio #1144 »

Post n°1143 pubblicato il 24 Maggio 2006 da postmodern75



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VUOTO PNEUMATICO, CAZZO.


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Commenti al Post:
holig
holig il 24/05/06 alle 16:36 via WEB
BURP.....cazzarola.....
 
calendina
calendina il 24/05/06 alle 16:48 via WEB
L’omonimo romanzo di Scott Heim serve ad Araki (per la prima volta nella sua carriera alle prese con un materiale narrativo partorito da altri) per allestire un duplice racconto di formazione truccato da giallo fantascientifico: Brian e Neil, narratori simmetrici e opposti, sono cavie di un esperimento sessuale che il regista non solo confina fuori campo (limitandosi a evocarlo tramite echi meccanici e immagini incorniciate da dissolvenze al nero) ma rifiuta di giudicare, non indietreggiando di fronte alle pulsioni dei personaggi (per quanto innocenti possano sembrare) e non concedendo sconti o vie di fuga, ispezionando con uguale imperturbabilità gli angeli e gli alieni coinvolti nel gioco a premi. L’Apocalisse (“stava per succedere qualcosa di terribile”) e i marziani sono presenze fisse per i film del regista, che in questo caso non recupera l’acida grazia di NOWHERE e neppure (se non a tratti, vedi il minimale incontro consumato sotto il segno di Vermeer e le estrose toilette sfoggiate da Eric) la bizzarria di THE DOOM GENERATION. Dopo una prima parte strettamente preparatoria, in cui Araki sfoglia il catalogo del filone “ragazzi in crisi” (non manca la tentazione metacinematografica, repentinamente immersa nella neve), MYSTERIOUS SKIN cresce e avvince/convince, delineando con inattesa profondità le analogie visitor-pedofilo, elaborando soluzioni visive di raggelata sobrietà (la visita notturna alla carcassa animale, lo stupro subito da Neil), in grado di rendere un quotidiano in cui ricordo e allucinazione sono indissolubilmente legati, approdando a una conclusione tenera e aspra, quieta e per nulla riconciliata, che scioglie ogni (im)possibile enigma circa la scena primaria (la figura del coach, modello perfetto misteriosamente svanito dopo una sola estate, resta comunque sufficientemente misteriosa) ed esplora la solitudine astrale del dolore riscoperto.
 
postmodern75
postmodern75 il 24/05/06 alle 17:06 via WEB
"THE DOOM GENERATION": UN VERO CAPOLAVORO SPLATTER.
 
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