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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - RACCOLTA DI POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN

Post n°7 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

A Viterbo

 

E' un paese con strette e antiche vie

a volte erte e a volte calme e piatte

e cieli aperti e campagne larghe.

 

Una ragazza selvatica e bella

pare coi nobili tratti e antichi

degli etruschi e l'aria innocente.

 

Somiglia Viterbo alla mia mamma

che vive senza un tono superbo:

la stessa scontrosa grazia hanno.

 

Viterbo quando lei passava piano

tenendo me beata e ardita in braccio

d'aria sapeva e d'aspra umile terra.

 

Niente di me ricordo di quando

in carrozzina per queste strade andavo

sul volto solo di mia madre leggo

e di Viterbo le antiche tracce mie.

 

Ma nel cuore sono quella ancora

che ero qui al tempo primo della vita

curiosa e alla terra attenta.

 

Questo e altro vado tra me pensando

mentre la dorata strada scendo

di via Fontanella dell'Angelo.

(febbraio 1991)

 

 

Otto marzo

 

Verrò in orario anche quest'otto marzo

per festeggiare padre il compleanno

tuo degli ottantaquattro anni

portati ormai da tempo in silenzio.

 

Verrò con un bel ramo di mimosa

che la primavera sempre annuncia

radiosa e vera, verrò in compagnia

allegra dei nipoti tuoi e fiduciosa.

 

Tranquilli mangeremo tutti insieme

al tavolo per scambiare pensieri

e sentimenti e il tempo intanto fermare.

 

Sarà come gettare un nuovo seme

darti infine quel bacio che fino a ieri

non ti ho mai dato e poi andare.

(febbraio 1994)

 

 

La capanna

 

Sorridi ora e mi guardi da una foto

con gli occhi nuovi d'una mattina antica:

in un giorno africano del trentacinque

mi parli camminando altero e bello.

 

Splendi in un'accesa e giovane luce,

tra dolci donne arabe e bei cavalli,

una povera capanna in paglia

e intorno vesti bianche come vele.

 

Venticinque anni avevi quel giorno,

se per caso incontrato ti avessi

avrei potuto di te innamorarmi,

 

e poi abbracciarti, esserti devota

come la bambina che sono stata.

Così non ci sarebbe più lontananza.

 

 

Italia mia

 

Delle cose italiane lamentarmi

e di tutti i mali vorrei anch'io,

delle virtù d'un tempo consolarmi

non posso nel presente contrario.

 

Coltivare non ti piace cose vere

e inquieto più non sai dove sei,

tu che semini scompiglio e guerre

e l'anima raffreddare bene sai.

 

Questa notte il suono mi ha portato

pastorale e antico di ciaramelle,

dall'albero il vischio sacro ho staccato,

come negli anni passati e nei secoli.

 

E una novella rapida m'è giunta:

da poco un bimbo è nato bello e sano

e mi ricordo che in campagna spunta

d'acerbo seme una spiga di grano.

(Natale del 1995)

 

 

Al pino di piazza Pitagora

 

Com'eri alto e solenne lassù in cima,

a vederti venendo da via Bruno Buozzi

ero con i bambini piena di stupore.

Così sul monte presso il grande cielo,

calmo e unito nella tua ampia corona

coi rami levati come candelieri!

 

Ci proteggevi tutti noi del quartiere,

i passi frettolosi sorvegliando attento

come un padre che non si muove mai.

Restavi in silenzio, eppure parlavano

le tue foglie schiette e sempre verdi,

c'era la linfa del tuo grande tronco.

 

Tu eri antico in una moderna piazza

senza bei dialoghi o quiete passeggiate

di uomini e donne e allegri bambini.

Eppure ci guardavi bene nel cuore,

sempre presente e in contatto con tutti,

sapevi e ci davi la tua benedizione.

 

Nel tuo guscio grande tu creavi

tenero le pigne e tanti bei pinoli

senz'altro chiedere come una madre.

Fra i contrari venti e le più stagioni,

solo inquilino vero non d'un bosco

ci educavi con il tuo mite esempio.

 

Pitis che s'era trasformata in pino

ti ha lasciato la sua vita morale

e le fronde verdi stormire al vento.

Ove tu porgevi l'ombra e ascoltavi,

il tuo prossimo amavi affettuoso

e mai ti sentivi davvero solo.

 

Ora che d'un colpo ti sei schiantato

sulla piazza senza più respirare

tutti ci sentiamo davvero soli.

Pietro conta centottantacinque anni

riverente sul tuo possente tronco,

io con fede colgo un muto rametto.

 

Dice la nonna che tre ce n'erano!

Molti ti guardano per la prima volta.

Ci osserva attento un piccolo pino.

 

 

Verrà un tempo

 

Verrà un giorno da questo diverso

quando nessuno sarà separato

da chi ama e mai verrà ferito,

né morirà solo nell'universo,

perché tutto ritornerà intero.

 

Verrà un'ora che cambierà il mondo,

che indicherà il bene in un prato

e un sentire gentile e delicato

nuovo per un millennio nuovo,

perché tutto ritornerà intero.

 

Verrà un tempo bello e per sempre vero,

quando gli occhi dei ciechi vedranno

e gli orecchi dei sordi ascolteranno

e lo zoppo salterà come un cervo,

perché tutto ritornerà intero.

 

Verrà il secolo della sapienza,

che darà amore e fede al giusto,

diventerà il legno secco arbusto

e il terreno riarso munificenza,

perché tutto ritornerà intero.

 

Verrà la stagione delle parole

per chi è solo e smarrito di cuore

e la lingua del muto griderà di gioia,

si dirà "sia data fiducia alla poesia"

perché tutto ritornerà vero.

( estate del 1997)

 

 

La vigna

 

I pampini color di verderame,

tra un filare e l'altro il saltimpalo,

il grappolo separato dal raspo

e l'umore degli acini al Bulicame.

 

Là nella campagna antica e nuova

che sa di verde latino e prima alba

della vita il viticoltore preme

nei secoli il succo d'estate e d'uva.

 

 

Le lucciole

 

E s'accendono allegre come stelle

nella notte già estiva le lucciole,

inseguono il miracolo i bambini

nella piana del lago di Burano.

 

E non sanno perché oggi spegnere

si devono se incolumi da secoli

quei guizzi tremuli di luci vere

al buio tra le maggesi e i fossi.

 

 

I giorni della merla bianca

 

O merla che eri pura e bianca

senza paura dell'inverno,

di battere l'ala mai stanca

tra gli alberi aridi e in eterno.

 

Nell'aria fredda felice tu eri

con il tuo bel merlo serena,

ma un giorno diventaste neri

di pensieri e terra di pena.

 

 

Angeli

 

Ali vorrei immortali degli angeli

e una tunica bianca come vela

e senza memoria nei celesti cieli

trovare il senso che non si cela.

 

Ali vorrei d'uccello in rosso e verde

e piume morbide da stare al caldo

e il cuore dolente per quel che perde

portare in alto con i versi e il canto.

 

Due angeli ho visto dolci e umani

custodi e dei miei trascorsi anni ali

veloci andare via come la luce.

 

A me come ai pastori in tanti mali

parole hanno annunciato di luce

e il tempo della gioia a piene mani.

(26 febbraio 2000)

 

 
 
 
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