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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°52 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

Da Le feste di una città

II, 5

Tu sai che anche questo può darsi:

il desiderio di andare a ritroso

lungo il pendio di certe visioni

giovanili, ora dissepolte,

martoriate dal vento che sposta

le scarne melodie da questo angolo

e le trasforma in cantilene, risorte

di recente, in un'esaltazione

che distingue l'aria dalla gente.

1959

III, 2

L'angelo taciturno del meriggio

entra nella locanda, contiene

In un'occhiata la luce saliente

dalle stalle polverose, dai pagliai,

squallide insegne del suo ricorso

da un ieri lacunoso e profondo.

Di quale carità stai parlando

non sappiamo, né chi regge la musica

che incrina la tua dolce volontà

dimostrata in questo scorcio di vita.

Ma tu sei parte di questa armonia

selvatica, sospiri alla nube di fumo

che grava sulla chiassosa penisola.

1959

 

Da Gli sproni ardenti

Viaggio sentimentale

Di tante primavere vagabonde si acumina

l'arcata disperata dell'estate

e viscida ne spiove, sdrucciola una corrente

che segna il cuore di scorsa ricchezza.

Una poesia d'amore

per una serpe una strega una spiga,

vi riversi un acume indifferente,

un lume diffidente – il timore è di un viaggio

lungo inerti oliveti

e che domani raderà le agavi,

toccando punti morti insinuando luci

dove non fiume non lago o torrente

risplenda ma una sporca gora grondi

confortando gli armenti – ecco la tua

campagna, il tuo viaggio con le anatre.

1961

 

Da Corpo e cosmo

Redibis

"Vedi che non incresce a me, e ardo!"

Pratica facilmente le pareti

del sogno, a intervalli, cancellando

il limite fra vita ed oltrevita,

l'amico forte di certi momenti,

per dire e per sentirsi dire la verità,

anche se lui la sua l'ha nutrita altrimenti

da quella che gli posso riportare

di qui, di noi, replicata speranza

che ci ritorni.

E infatti di un recupero

di vita, che non è la nostra (e cerco

di capirne il perché, se nella nostra

lingua si esprime quietamente), suona

il suo racconto, illumina le cave della memoria,

vi fa giorno, più che giorno –-

"Io c'ero:

non guidavo, mi facevo guidare

dalla sorte, nulla potevo; gli occhi,

ultima forza a spengersi, conobbero

tutto il rogo di vanità compiuto

senza pena. Si dice che fui morto,

certo, ma vedi che non mi sottraggo

al tuo sguardo e ti parlo

con la voce di sempre.

Uno che sopraggiunse

Al punto delle nebbie estreme spinse

un foglio contro il mio viso: non arse

la carta, fu l'ardore ad asciugarsi,

e le fattezze premute risposero

un arco di carbone sulla pagina.

Di qui, naturalmente,

crebbe la rada veronica, prese

un secondo incarnato, riebbe ciglia

e capelli come un albero fronde,

vide, si mosse in una ritrovata

proporzione dei sensi. Poi, la voce.

Se torno

è per rassicurarti: né segreto né incubo.

Sul passo, tutto scorse con la docilità

del pendio che vedesti qualche ora più tardi.

Lì avevo ormai disfatto le mie inutili scorte:

polvere, triturata ombra, – stringendomi

nel nucleo di chiarore dal quale mi riconosci".

1967

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°51 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

da "La quercia alta del buon consiglio" (1999)

 

 

 

immergersi ancora in vialetti

e ghiaioso il selciato conduce

sassetti alle suole le scarpe

 

sosta a Fleurville

 

come dirti l’acceso d’agosto e docile il vino

le stanze e il castello lasciato al riposo furtivo

 

sazio ormai posto in attesa

con te che mi prendi a partenza

 

mi tocchi col piede

 

il tuo blu la maglietta

 

 

 

 

 

all’ombra del glicine

e lungo il corso sabbioso e le larghe spiagge

attraverso

il sentiero e il rivo

 

fosse giunto il tuo nome assolato

 

ci sei ora e qui

 

fossero le terre vaste intorno a Aurangabad

o il lungomare di Bombay

 

fossero i tuoi occhi

chiari

 

 

 

 

 

 

Cozumel

isola delle rondini

fuoco sull’acqua

sapore di frutti

ciò che è sulla sabbia non dura

ma noi qui viviamo su rocce

fermi

ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 

da "Scritti e frammenti" (1999)

 

 

 

dove l’acqua estenuante

s’accorcia a festiva simbolica parte

convessa fluente nel tardo tiranno

accoccola piano

il suo lieve sussurro

così come solo lo può il rapace ferito

dal grido disperso

dai sassi caduti

sul guado

piccoli segni sui ponti

proporzionati ai passi

di ponte Carlo ancora

(il cielo mi tende un poco al grigio

 

mi parla però anche di sole

al mattino)

 

linea segnata al confine tracciata

domande posizionate sull’erba a invasione

in dimensione

 

"filosofo e antifilosofo

Socrate retori sofisti tiranni"

 

-------------------------------------------------------------------------------

 

 

 

a senza sospiro di volto e di viaggio

a viaggio rinviato in un animo tempo

-...tra un anno...-

 

spaccarsi le ossa tra i pochi perplessi e i tropici porfidi

e che dire di curve di auto di chiara ostruzione

rincorrere palme e a dir poco vialetti o fonici plessi

 

così Sanguineti:"...il peggior modo possibile

di fare poesia..."

su Pasolini

(-Vita di Moravia

-Carducci in Maremma

-Ben Jelloun "Lo scrivano")

 

(ma poi è il verde dell’Elba...

pini marittimi aperti ad ombrello

legni scolpiti ed ulivi e cipressi

e agavi e fichi discosti...)

più di ogni cosa

 

i begliocchi a spuntare dal sasso

 

-Ciao Andy-

 

improvvisi...

tra onde e molluschi soltanto...

 

---------------------------------------------------------------------------

 

 

 

 

 

 

 

 

 

intenso cupio e sorgiva

tra le cose l’assale

e queta a riavvolgere

...di solitudine lenta

il corpo ha l’eguale

materna nota e noia

d’oltremare...

(stomaco e tappo cerume raro ad infrangersi lesto

la caduta d’America europa in stanchezza tra

il patto d’autunno il peccato e l’orgoglio)

 

"qui il mare finisce e la terra comincia..."

 

altri alter-ego poi dirti

o ano da morte de Reis

prodigio di volti e bisogni

tutt’uno nel denso dell’alba

 

José Saramago

 

oh già per le strade

quei porti

quel niente

d’umano l’attesa

 

come in parti scalare il tenue sapore

di tendere al viaggio all’esilio d’estate

alle balze ai sussulti alle veglie di

sera ai tramonti alle perle dai colli

alle smanie carnali alle mani devote

 

(...ad Almerimar la Knering da sola...

e Marbella nel bianco del sole di costa

cattura il pittore lo scuote lo placa...)

 

di volta in volta le voci i passaggi l’errore i silenzi

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°50 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

da "Momenti minimi" (1994)

 

 

 

Luce bassa

sulla riva,

all’imbrunire.

 

Il bagnino

chiude piano

gli ombrelloni.

 

 

 

 

Le orme

nell’acqua,

percorrendo

la battigia.

 

Il futuro

sembra lontano;

molto al di là

del golfo.

 

 

 

 

 

L’odore

del mare

arriva

da ovest.

 

Nel parco

la fiaba

si sente

fra gli alberi.

Oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 

 

da " Apparenze in siti di trame" (1996)

 

 

 

 

e dopo stagione dopo l’inferno ancor prima

vi era stato il corso fluviale l’oceano

raccontami l’alba d’estate il promontorio

la fuga dai clivi dai siti scogliera e dirupo

da dopo il diluvio il frammento dai ponti

dalle città dalle veglie dai fiori dai notturni

volgari dai movimenti della giovinezza

ogni traccia caparbia ammenicoli

posti a sussurro a magione

 

dal capitano lo sai Vitalie il 20 Ottobre

a Charleville

ma furono giorni ogni volta veloci fuggiti

a riavvolgere il nastro la chiave scomparsa

le lettere

Harar

 

 

 

 

i fogli si accumulano nella casa mentre leggi

di Castro e di Cuba e i tre gatti salvati

camminano così mezzo sbronzo all’ippodromo

un cavallo e una puttana da cento il garzone

sudato at terror street and agony way e

mettere sotto la moglie di uno il Messico forse

e davvero Hugo Wolf impazzì mentre mangiava

una cipolla a J.B. ai suoi occhi verdi

Hollywood Park ed Eddie ed Eve una birra

 

ci vediamo alle corse

 

Hank

 

 

 

oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 

 

 

 

 

Mario Jimenez postino veloce attraversa i sentieri

con la sua bicicletta e una sacca di telegrammi

laggiù a Isla Negra

 

un uomo apre con calma la porta di casa

gli occhi discreti a inseguire la linea del mare

 

sulla terrazza è in ascolto Neruda

del vento tra i rami

 

aiutami amico

mio giovane amico

 

a raccogliere i suoni durante l’esilio

la fune della campana le onde gli scogli

i gabbiani e le stelle

 

amico

 

 

 

così mi ricordi stasera

l’ardente pazienza dei poeti

 

ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 

da "I giorni di Orta" (1996)

 

 

 

 

alla riva giungendo

dal lago lo sguardo

 

alzando

al dirupo

la piccola cima

levando

l’attesa

 

(...osservando le foglie...)

 

 

 

 

 

non c’è adito

ancora

mano per mano

nei viottoli

dolci

 

(...il caffè apre...

...per noi)

 

 

 

 

su riva

tenue e dolcissima

specchio di acqua

 

il caldo d’approdo

a cavallo dei mesi

oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 
 
 

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Post n°49 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

"DICIOTTESIMO GIORNO

O DEI VIZI LEGGERI"

 

 

 

lamenti silenti

a voce raccolti

diffusi alle foglie

sorretti alle travi

o ancora

sonori

i miei passi sui legni

le assi tra i piedi

da lucidi sonni

attendendo figure

divoro

famelico

gli arti

sapendo

di questo vascello

mia casa

amorosa

 

 

"TRENTATREESIMO GIORNO

O DEI SOLITARI"

 

 

sono bastoni

di legno forte

come le spade

mie

lucenti

 

alcuni denari

forse

annegati

ormai

in allegrie di coppe

 

ma non finisce

non cede

passo

o

voce

 

unica

e

forte

in balìa

del legno

 

la voglia

atroce

ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 

da "Punti cardinali" (1993)

 

 

 

 

notturno

dell’upupa il richiamo

gemito

lamento

dell’ora

 

 

 

 

collina

di granuli

bronzei

 

nido

della lucertola

 

 

 

 

 

il vento

attraversa

le fronde

diffonde

aroma di cedri

 

ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 

da "Scendevi lungo la strada" (1994)

 

 

 

 

scendevi lungo la strada

i tuoi occhi erano chiari

chiari

la luce era dietro la collina

scendevi lungo la strada

scendevi

 

 

 

 

scendevi dall’albero maestro scendevi

il maestro mi aveva parlato

corriamo

a raccogliere i frutti

scendevi dall’albero

verso i frutti e la terra

a terra

sedevi

 

 

 

 

 

sceglievi i posti migliori tra i tavolini

i posti

sceglievi

le seggiole bianche pulite da poco

sedevi

oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 
 
 

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Post n°48 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

da "Orione" (1986)

 

IL FILO e nel cupo del bosco le fanciulle che

odorano di pietra persa da tempo senza

incrinarsi e Arianna e la brezza solita

derisa come gli attori dediti alla vita

più che all’arte tra emigranti senza

cappello e Arianna e senza il vuoto da

occupare forse in due se non si fosse

vista quella strada amica e Arianna e

i fiori innamorati gettati nelle piazze

senza l’avvertimento piangendo come il

cielo e Arianna e le coperte rimboccate

tra parole di una fiaba stanca come rotaia

violentata e Arianna e la notte sempre

uguale nei dipinti sollevati con rumori

e Arianna e le grida penetranti perché

viva il mio domani fra i pensieri nuovi e

 

DIANA E LA VOCE

Si stava in silenzio

da tempo;

gli ululati nascosti agli angoli

delle strade

e il vento chiamava

i fiori di prato.

Si alzavano Diana e la voce

soltanto al momento di chiedere

il passo,

forse ti vorrei popolo mio

invidiando gli orti mitici, perduti.

 

 

 

 

IL SOLAIO

 

La parete è nel fascio di luci

calcolabile

nell’ultimo spazio voluto.

 

Assolviti

 

scoprirti raggiunta sui fogli

imbevuti...il pensiero è altrove

cercarlo

si muovono piano

sui tetti vicini

l’unico tremito

è nell’angolo vuoto

più polveri mute

di giochi ed alchimie;

non potrebbe mancare il baule

 

il vuoto del campo

feriva il cavallo rimasto

fermo

forse s’odono ancora

i tre stadi

e la legge

ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

 

 

 

 

 

da "Vascello da Occidente"(1992)

 

 

"PRIMO GIORNO

O DELLA SPERANZA"

al vento

lo sguardo è cenno

 

di progetto

 

vela bianca vedo

come collo lungo

che diventa rupe

torre

 

picco

 

a sfidare onde

 

come barca ludo

 
 
 
 
 

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