Creato da ReDiSperanza il 15/01/2006
Un minimo barometrico dell'Atlantico avanza in direzione orientale incontro ad un massimo incombente sulla Russia, e non mostra per il momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoterme e le isòtere si comportano a dovere. La temperatura dell'aria è in rapporto con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l'oscillazione mensile aperiodica.
 

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Ambientazismo

Post n°220 pubblicato il 19 Gennaio 2007 da ReDiSperanza
 

Le parole sono importanti. Le parole sono pietre. Dietro ad ogni parola, ad ogni locuzione - soprattutto le più banali, le più correnti – si nasconde una visione del mondo, una concezione, che resta nascosta quanto più essa è evidente, sotto gli occhi di tutti. E proprio in questo consiste la forza terribile e spaventosa delle parole: che nel momento in cui pretendono di scoprire la Verità, tanto più si fanno Verità, e Mondo, e si sostituiscono a ciò che potrebbe essere, e non è.

Heidegger parlava di Verità come Aletheia, Disvelamento, che però è tale solo se le parole restano nel loro ambito, restano al loro compito di illuminare le cose: colorandole della loro luce, ed è per questo che non bisogna smettere di interrogarle, di stringerle, di metterle alla prova, di rivelarne il carattere provvisorio, costringendoci così ad interrogarci ancora ed ancora sui nostri significati, sui nostri convincimenti.

L’uomo inquina. Le attività umane alterano l’equilibrio della natura. Nel suo senso primo, immediato, chi potrebbe negarlo?
Ma cosa significa questo? Cosa nascondono queste terribili affermazioni, così apparentemente evidenti? A cosa ci obbligano, dove ci portano? Quale impensato celano e nascondono?

Le attività umane modificano l’aspetto della natura. Cosa vuol dire?
Interrogarsi su questa affermazione, è porre due questioni: la prima, relativa alla veridicità dell’asserto, cioè alla sua quantità. È realmente così? L’uomo altera davvero l’equilibrio della natura? E quanto? E quali sono gli effetti? Ed esiste davvero un ‘equilibrio della natura’?

La seconda questione riguarda la sfera etica: è giusto? Ha l’uomo il diritto di farlo? Ed è inevitabile, può evitare di farlo? In nome di che cosa lo fa?

Alla prima questione risponde la scienza.
Ma è la seconda domanda quella che mi interessa di più. Cosa significa che l’uomo inquina, e che altera il corso della natura e dei suoi eventi? Che cos’è inquinare? E cos’è la natura? Due parole molto meno ovvie di quanto si possa credere.

L’uomo, agendo, sembra alterare in modo consapevole qualcosa che altrimenti è pulito, puro, incontaminato: la natura appunto. Uomo, natura: i due termini che disegnano la nostra concezione del mondo. Da una parte dell’uomo, dall’altra la natura; separati, antitetici, forse persino antagonisti.

Non è un dato di fatto, una mera constatazione. I Greci avrebbero condannato per empietà chi si fosse avventurato in una simile distinzione. Il loro concetto di physis designa qualcosa di tutt’affatto diverso da ciò che chiamiamo ‘mondo naturale’. Quando Aristotele postula la conoscibilità del mondo attraverso la logica, pone ‘uomo’ e ‘natura’ sullo stesso identico piano, come parti di un unico processo; l’idea di un uomo al di fuori della physis sarebbe stata per lui semplicemente inconcepibile. L’uomo aristotelico è profondamente e costitutivamente naturale, è parte della physis stessa, partecipa della stessa ragione, segue i medesimi ritmi.

L’idea di una separazione tra i due termini è così tutta moderna, e nient’affatto neutra. Ma resta una concezione del mondo, non uno stato di fatto, anche se guida comportamenti, scelte, decisioni, giudizi.

E pure, noi ci consideriamo altro dalla natura. Quello che è spaventoso è però, per paradosso che paradosso non è, il tentativo di recuperare la naturalità, salvaguardando la naturalità della natura. Perché l’uomo, col suo agire al di fuori della natura, ne altera la purezza originaria. La inquina.

Se facciamo parlare le parole in senso poetico – che è sempre poietico, cioè che produce, che porta a compimento, se ci mettiamo in loro ascolto, possiamo arrivare a quelle parole che restano nascoste, che danno il senso profondo ai nostri convincimenti.

Inquinare, inquinamento. Un termine di assoluta e indiscutibile accezione negativa. Ove l’uomo non inquina, la natura resta nel suo stato originale. E poiché l’uomo è l’altro della natura, ogni intervento umano è contrario allo stato originale, da preservare della natura. Ciò che l’uomo fa, in ogni sua azione, e finalmente nel suo solo esistere, è alterare la purezza della natura. Purezza che è bellezza, perciò valore; purezza che l’uomo deve rispettare agendo il meno che può, perché ogni sua azione è dannosa, perniciosa, innaturale.

Tutto ciò è spaventoso. Considerare in senso profondo l’umanità come qualcosa di sporco, contaminato e contaminante, è terribile. Qualcosa di profondamente empio, disumano.

Non è per bizzarria o ironia del caso che il primo governo a promuovere l’agricoltura biologica – terribile ossimoro – sia stato il governo nazista. Non è un caso che il padre riconosciuto dell’ambientalismo italiano, Alessandro Ghigi, sia stato uno dei firmatari del Manifesto della Razza. Non è un caso che Konrad Lorentz sia stato per tutta la vita dichiarato e fervente nazista.

Non solo per l’idea della politica come igiene del mondo, per il disprezzo verso la parte del genere umano che per il solo suo esistere sporca, infetta, inquina. Ma proprio per quella primigenia idea di purezza che si riscontra in ogni suo pensiero, in ogni suo atto. Il concetto stesso di sovrapopolamento, che si coniuga in un concetto quale “sviluppo sostenibile”, affonda saldamente le sue radici in questo nefasto atteggiamento. E dunque non è un caso che molti esponenti dell’ambientalismo più estremo siano aperti fautori, ad esempio, della riduzione della popolazione mondiale. Non è un caso che uno dei fondamentali obiettivi dell’ambientalismo – qualsiasi ambientalismo – è l’educazione della popolazione mondiale, e parla apertamente di creazione di una ‘nuova sensibilità’, di un ‘nuovo atteggiamento’ da diffondere; parlano, cioè della creazione di ‘uomo nuovo’, esattamente come faceva Hitler, o Stalin, o Mao.

Tutto ciò ha solo apparentemente poco a che fare con concetti apparentemente etici, francamente condivisibili, come economia delle risorse e riduzione dello spreco. In realtà non esiste un ambientalismo estremo, e un ambientalismo ragionevole. Esiste l’ambientalismo, e questa è la linfa di cui si nutre – tanto, poco, ma destinato a crescere, e a crescere su se stesso.

Non bisogna mai fermarsi alla superficie delle parole e dei concetti. Se lasciate a loro stesse, le parole sono terribili. Se assunte nella loro apparente neutralità, se non ascoltate, le parole portano ad aberrazioni intollerabili, a veleni ideologici tanto più letali quanto più apparente innocui, e persino gradevoli.

Le parole sono pietre. Abbiamo il dovere di ascoltare le parole, di diffidare di esse; di stringerle, di metterle all’angolo. Questa è etica autentica.
 
 
 
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