Creato da ReDiSperanza il 15/01/2006
Un minimo barometrico dell'Atlantico avanza in direzione orientale incontro ad un massimo incombente sulla Russia, e non mostra per il momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoterme e le isòtere si comportano a dovere. La temperatura dell'aria è in rapporto con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l'oscillazione mensile aperiodica.
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Io sono un collezionista. Sempre stato, nell'animo. Mi piacciono le cose che mi piacciono. Io so cosa è bello, in ciò che colleziono, e so perché è bello, e lo ammiro, e lo rispetto. Io so quel che mi piace, e mi piace quel che so. Io colleziono dischi. In senso generale, una passione come un'altra. Dal mio punto di vista, è qualcosa che mi dà il senso di ciò che sono. Ed è così che è sempre avvenuto, è così che è ancora. In sé sembra e forse è una delle tante follie che colorano il nostro tempo, spendere 15 euro per acquistare per la settima o ottava volta lo stesso disco. Ci sono dischi che ho acquistato anche otto o nove volte - in edizioni e formati diversi, ma ultimamente sempre nello stesso: la prima stampa inglese. Sono belli, i vecchi vinili. Sono belli oggettivamente, voglio dire. E sono belli per ciò che raccontano, se hai voglia di ascoltarli. Ed io ho bisogno di starli a sentire. Come un bambino ha bisogno di sentirsi raccontare sempre la stessa storia, per esser sicuro che sì, tutto è a posto. E allora mettersi in casa la decima e l'undicesima copia di Tubular Bells, acquistate contemporaneamente, ha un senso che va molto al di là del banale senso comune. Perché Tubular Bells è stato il terzo LP che mi sono comperato in vita mia, e quello che più di ogni altro è diventato il mio disco. Un senso che non sta nel disporre le varie copie, allinearle, o guardarle insieme, ma nell'averle trovate, valutate, soppesate, una per una, e poi prese e tenute strette. Come un tempo. Come un tempo... |
Beppe Grillo - per dirne uno - esorta a guardare le cose anche da dietro, a dubitare, a non fidarsi. A cercare lo scopo nascosto. E allora, prendiamo il gruppo di scienziati che per conto delle Nazioni Unite ha stilato il rapporto sullo stato del pianeta. Che secondo le loro stime, è disastroso. Voglio dire, se uno scienziato accetta di occuparsi per anni di un problema, vuol dire due cose almeno. Eh sì, il metodo-Grillo è davvero un buon metodo. |
Non è che mi piaccia scrivere cose sull'attualità. Snobismo, probabilmente. Ma questo calcio non mi piace più. E non solo per le porcherie di cui è fatto, dentro e fuori i campi. E allora, si capisce il perché degli ultras, che non sono quella manica di delinquenti frustrati che 'non ha niente a che fare con lo sport e rompe il giocattolo', ma che sono italiani, come tutti gli altri, con comportamenti solo più estremi, più spinti, ma che rispondono alla stessa logica. Noi, e gli altri da annientare. Del resto, non vedo come potrebbe essere diversamente, in un paese nel quale la politica riproduce gli stessi identici schemi, e si riduce a dileggio, accuse agli avversari, pretese di smascherare l'inganno, e nessuna capacità di ascoltare le ragioni dell'altro, che è nemico per il solo fatto di appartenere ad uno schieramento diverso dal mio, ed al quale nessun riconoscimento è possibile, perché incarna il male assoluto. O con noi, o contro di noi, costi quel che costi. E a livello sociale è lo stesso: sono gli altri a rubare lo stipendio, ad evadere le tasse, a godere di privilegi intollerabili; ad opporsi al mio modo di sentire. Io mi difendo, con tutto il diritto di farlo e se per farlo passo sopra alla sensibilità dell'altro, tanto meglio, serve solo a rimettere prima le cose al giusto posto, e a soddisfare il mio senso di giustizia, ché gli altri tanto son solo farabutti, delle canaglie che lavorano solo al proprio egoistico interesse. Che paese di merda. |
G.A., noto ai più come ReDiSperanza, nacque il 15 ottobre del 1959. Era un giovedì. Di metà mese. Nel cuore della notte. Sin dalla nascita mostrò dunque quella predisposizione a stare nel mezzo, che lo avrebbe portato in età scolare a diventare un capobanda della sua piccola cerchia di amici, a scuola un elemento di disturbo della classe, e in età adulta a fare l’insegnante. Una vita passata a spese degli altrui zebedei. Gli anni dell’infanzia furono segnati da una profonda fede religiosa, che segnò anche gli anni della sua adolescenza, e che maturò in riflessioni su alcuni particolari precetti cristologici; su tutti, “ama il prossimo tuo”. In seguito però ebbe a emergere quella sua caratteristica nota di dissidenza che ritroveremo in molti altri atti della sua vita; divenne perciò un dissidente, dando di questo precetto una sua personale e originale interpretazione, che si caratterizzava per l’amare nel prossimo la sola componente femminile. Buon parlatore, dall’eloquio fluente, coinvolgente e affascinante, era noto ai suoi studenti come “il Tavor della Quinta B”. I meno raffinati lo definivano più semplicemente “una palla”, e “lo scassamaroni”. Di fatto, parlare è l’unica cosa che egli abbia mai saputo fare. E imparò a farlo bene. In questo periodo della sua vita, iniziò così ad avere una sua opinione su tutto. Poiché però, come recita l’aulico detto veneziano, “sensa scheo, l’orbo no canta”, da allora si fece pagare per esprimerla, distribuendo socraticamente la sua scienza solo dietro compenso. In determinate circostanze, pagando la differenza può anche stare zitto. La cosa di cui è difficile capacitarsi è che in effetti vi sia stato alcuno disposto a pagarlo per sentirlo parlare. Divenne così aggiornatore, anche se per la sua ben nota pigrizia, si limitò al poco impegnativo campo della geografia, con rare escursioni (tanto per fare qualcosa di diverso) nel campo della storia. Dopo alcuni anni così spesi, questa sua attività cessò repentinamente. Secondo altri studiosi, furono altri a stancarsi di pagarlo per farglielo fare. Poiché di sentirlo parlare se ne aveva ormai abbastanza, si risolse di farlo scrivere. Iniziò dunque la sua nuova carriera di scrittore. Inizialmente il suo compito presso alcune case editrici era lo scrivere bollettini postali, ma lo sviluppo delle nuove tecnologie ridusse drasticamente le possibilità di lavoro. Temendo il peggio, fu dirottato presso l’incarico meno impegnativo e meno carico di responsabilità di scrivere i testi scolastici. Egli vive e lavora tuttora, anche se circa la seconda affermazione esistono scuole di pensiero diverse. Nei momenti di cazzeggio, invero sempre più frequenti, egli ama indugiare in scritti di niuna rilevanza scientifica, di scarsa utilità pratica e di dubbio buon gusto. Tipo questo. Che il Signore vi benedica tutti. |
Post n°222 pubblicato il 22 Gennaio 2007 da ReDiSperanza
C’è una fortissima componente etica, nell’arte, che resta però innanzitutto e perlopiù inavvertita, o peggio fraintesa. E la causa del fraintendimento è l’oggetto stesso dell’agire artistico. Pensare ad una opera come ad un ‘qualcosa realizzato in vista di’, sia pure per un fine etico che eccede, trascende l’opera stessa, significa riprodurre quello schema di produzione che domina il mondo della tecnica, e che corrisponde al nostro modo d’essere quotidiano. È quella mentalità metafisica che concepisce il mondo come vorhandenheit – disponibilità – e per il quale l’oggetto di produzione è mera funzione dello scopo per il quale viene costruito. A questo punto, rispondendo alla semplice ‘necessità’, la scienza ha quanto basta per giustificare se stessa; e la capacità produttiva si separa dall’etica, la quale assume lo scomodo ruolo di guardiano dell’agire. Ed ecco perché, come dice Heidegger, ‘la scienza non pensa’. In taluni artisti contemporanei, come Andy Warhol o David Bowie, questo atteggiamento etico è particolarmente evidente. Essi infatti si limitano, riproducendoli, a mostrare gli esiti della produzione, sino a fare di loro stessi delle opere d’arte. Criticarli come meri opportunisti, privi di reale capacità espressiva autonoma, significa fraintenderne clamorosamente il senso. Concentrare lo sguardo sul contenuto, separandolo dal contenente, per accorgersi che nella loro opera oltre al contenente non c’è altro, non è la dimostrazione della loro pochezza, ma della nostra presbiopia, che ci impedisce di cogliere il semplice fatto che per noi contenente e contenuto sono cose distinte, per cui produzione ed etica finiscono per essere distinte. E l’etica, delle due, è la parte debole e destinata a soccombere. Non è la dimostrazione della loro banalità, ma della nostra. |
Dovrei fumare meno. È vero che faccio anche molte altre cose poco intelligenti, e a quanto pare non riesco a smettere di farle. La cosa comica è che fumo anche a causa delle altre cose poco intelligenti che faccio. Sicché si tratta di un danno al quadrato. A volte mi dico che fumo perché in questo periodo son stato poco impegnato nel lavoro, così devo riempire il tempo, e fumare mi aiuta a pensare. E intanto fumo. Resta che fumo. E tutto sommato, fumare tanto non è neanche piacevole. Anzi alla settima o ottava sigaretta diventa anche un po' fastidioso. In fondo, fumo per scarsa stima di me stesso, e checchè se ne dica è un ottimo motivo, e pienamente motivato dai fatti. Certo la salute è una bella cosa. Ma a parte il fatto che presentemente non è che il mio fisico risenta molto del mio fumare, a parte in taluni episodi che sporadicamente si verificano - ma è quando me la vado proprio a cercare per cui l'osservazione non vale - ci sono una moltitudine di cose altrettanto importanti della salute che non ho, e a quanto pare non posso proprio avere, per cui della mia salute più di tanto non mi interessa. Però dovrei fumare meno, e un po' questo senso di colpa ce l'ho, altro che storie. Vado a fumare una sigaretta intanto. |
Le parole sono importanti. Le parole sono pietre. Dietro ad ogni parola, ad ogni locuzione - soprattutto le più banali, le più correnti – si nasconde una visione del mondo, una concezione, che resta nascosta quanto più essa è evidente, sotto gli occhi di tutti. E proprio in questo consiste la forza terribile e spaventosa delle parole: che nel momento in cui pretendono di scoprire la Verità, tanto più si fanno Verità, e Mondo, e si sostituiscono a ciò che potrebbe essere, e non è. Heidegger parlava di Verità come Aletheia, Disvelamento, che però è tale solo se le parole restano nel loro ambito, restano al loro compito di illuminare le cose: colorandole della loro luce, ed è per questo che non bisogna smettere di interrogarle, di stringerle, di metterle alla prova, di rivelarne il carattere provvisorio, costringendoci così ad interrogarci ancora ed ancora sui nostri significati, sui nostri convincimenti. L’uomo inquina. Le attività umane alterano l’equilibrio della natura. Nel suo senso primo, immediato, chi potrebbe negarlo? Le attività umane modificano l’aspetto della natura. Cosa vuol dire? La seconda questione riguarda la sfera etica: è giusto? Ha l’uomo il diritto di farlo? Ed è inevitabile, può evitare di farlo? In nome di che cosa lo fa? Alla prima questione risponde la scienza. L’uomo, agendo, sembra alterare in modo consapevole qualcosa che altrimenti è pulito, puro, incontaminato: la natura appunto. Uomo, natura: i due termini che disegnano la nostra concezione del mondo. Da una parte dell’uomo, dall’altra la natura; separati, antitetici, forse persino antagonisti. Non è un dato di fatto, una mera constatazione. I Greci avrebbero condannato per empietà chi si fosse avventurato in una simile distinzione. Il loro concetto di physis designa qualcosa di tutt’affatto diverso da ciò che chiamiamo ‘mondo naturale’. Quando Aristotele postula la conoscibilità del mondo attraverso la logica, pone ‘uomo’ e ‘natura’ sullo stesso identico piano, come parti di un unico processo; l’idea di un uomo al di fuori della physis sarebbe stata per lui semplicemente inconcepibile. L’uomo aristotelico è profondamente e costitutivamente naturale, è parte della physis stessa, partecipa della stessa ragione, segue i medesimi ritmi. L’idea di una separazione tra i due termini è così tutta moderna, e nient’affatto neutra. Ma resta una concezione del mondo, non uno stato di fatto, anche se guida comportamenti, scelte, decisioni, giudizi. E pure, noi ci consideriamo altro dalla natura. Quello che è spaventoso è però, per paradosso che paradosso non è, il tentativo di recuperare la naturalità, salvaguardando la naturalità della natura. Perché l’uomo, col suo agire al di fuori della natura, ne altera la purezza originaria. La inquina. Se facciamo parlare le parole in senso poetico – che è sempre poietico, cioè che produce, che porta a compimento, se ci mettiamo in loro ascolto, possiamo arrivare a quelle parole che restano nascoste, che danno il senso profondo ai nostri convincimenti. Inquinare, inquinamento. Un termine di assoluta e indiscutibile accezione negativa. Ove l’uomo non inquina, la natura resta nel suo stato originale. E poiché l’uomo è l’altro della natura, ogni intervento umano è contrario allo stato originale, da preservare della natura. Ciò che l’uomo fa, in ogni sua azione, e finalmente nel suo solo esistere, è alterare la purezza della natura. Purezza che è bellezza, perciò valore; purezza che l’uomo deve rispettare agendo il meno che può, perché ogni sua azione è dannosa, perniciosa, innaturale. Tutto ciò è spaventoso. Considerare in senso profondo l’umanità come qualcosa di sporco, contaminato e contaminante, è terribile. Qualcosa di profondamente empio, disumano. Non è per bizzarria o ironia del caso che il primo governo a promuovere l’agricoltura biologica – terribile ossimoro – sia stato il governo nazista. Non è un caso che il padre riconosciuto dell’ambientalismo italiano, Alessandro Ghigi, sia stato uno dei firmatari del Manifesto della Razza. Non è un caso che Konrad Lorentz sia stato per tutta la vita dichiarato e fervente nazista. Non solo per l’idea della politica come igiene del mondo, per il disprezzo verso la parte del genere umano che per il solo suo esistere sporca, infetta, inquina. Ma proprio per quella primigenia idea di purezza che si riscontra in ogni suo pensiero, in ogni suo atto. Il concetto stesso di sovrapopolamento, che si coniuga in un concetto quale “sviluppo sostenibile”, affonda saldamente le sue radici in questo nefasto atteggiamento. E dunque non è un caso che molti esponenti dell’ambientalismo più estremo siano aperti fautori, ad esempio, della riduzione della popolazione mondiale. Non è un caso che uno dei fondamentali obiettivi dell’ambientalismo – qualsiasi ambientalismo – è l’educazione della popolazione mondiale, e parla apertamente di creazione di una ‘nuova sensibilità’, di un ‘nuovo atteggiamento’ da diffondere; parlano, cioè della creazione di ‘uomo nuovo’, esattamente come faceva Hitler, o Stalin, o Mao. Tutto ciò ha solo apparentemente poco a che fare con concetti apparentemente etici, francamente condivisibili, come economia delle risorse e riduzione dello spreco. In realtà non esiste un ambientalismo estremo, e un ambientalismo ragionevole. Esiste l’ambientalismo, e questa è la linfa di cui si nutre – tanto, poco, ma destinato a crescere, e a crescere su se stesso. Non bisogna mai fermarsi alla superficie delle parole e dei concetti. Se lasciate a loro stesse, le parole sono terribili. Se assunte nella loro apparente neutralità, se non ascoltate, le parole portano ad aberrazioni intollerabili, a veleni ideologici tanto più letali quanto più apparente innocui, e persino gradevoli. Le parole sono pietre. Abbiamo il dovere di ascoltare le parole, di diffidare di esse; di stringerle, di metterle all’angolo. Questa è etica autentica. |
Ognuno ha lo stile che ha. Io ho il mio. Piace. Non piace. Pazienza. Faccio poco per piacere, ma è anche vero che lo faccio qui, nel mio spazio. Certo, le questioni e le tematiche che mi capita di affrontare dovrebbero essere terreno comune, e visto che si pretende di dimostrare che il mio modo di pensare è maleducato anche nella sostanza oltre che nella forma, e che chi lo sostiene, col suo essere cittadino partecipe delle scelte mi obbliga ad azioni e scelte che non condivido, credo di avere il diritto di argomentare in modo contrario. Col mio stile, sicuro. Che peraltro, di questo sono certo, non mi ha mai portato ad offendere nessuno, né direttamente, né tra le righe. Farmi passare per integralista, poi, è davvero comico. Presuntuoso, può darsi - quantunque resti da dimostrare la presunzione confutando le mie argomentazioni, magari con qualche argomento e uno straccio di dati. Ci sarebbero molte altre cose che a questo punto sarebbe interessante analizzare: la capacità di mettere in discussione i propri convincimenti, ad esempio. O il punto in cui una affermazione cessa di essere una posizione di discorso per diventare luogo comune, e i problemi che ne conseguono. Ma non ne ho voglia, adesso. Anche perché almeno questi problemi non li ho. E ognuno è libero di impiccarsi all'albero che crede, tanto per meritarmi sino in fondo la fresca nomea di maleducato inopportuno che mi sono guadagnato. |
Tanto per parlare di numeri. Il Protocollo di Kyoto prende in esame sei potenziali gas serra, tra cui l’anidride carbonica. Un altro gas preso in considerazione dal Protocollo è il metano. Nella sola Francia, i bovini producono il triplo delle emissioni di metano prodotte dalle raffinerie di petrolio. Va aggiunto che una sola grande eruzione vulcanica produce in poche ore più di tutte le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo in un anno, comprese naturalmente le emissioni dovute alla semplice respirazione. I vulcani attivi sulla terra sono più di cinquecento. Tanto strano che gli Stati Uniti si rifiutino di aderire a questa buffonata, evitando così di rompere le balle a milioni di persone per niente? |
Il paesaggio è lo stesso, ora come allora: campi scuri, umidi, intervallati da alberi in filare, e case – case singole, lungo strade percorse dalle solite auto; e fossi, e casolari, ed edifici di varia natura. Il tutto immerso nella bruma invernale e fredda. Nel corso degli anni, musiche diverse ne hanno costituito la colonna sonora, stratificandosi l’una sull’altra. Ma di fondo, nel modo in cui lo vivo, quel che lo descrive meglio è la musica di quegli anni, che sembra scaturire dalle cose stesse, tanto da costituirne l’intima natura; da raccontarlo meglio e appieno più di qualunque altra cosa. Il Perigeo, ad esempio. È passato del tempo, tanto tempo. Ma non è poi così lontano. |
A conti fatti, son passati trent’anni. “Pensaci. Un mondo senza i cellulari, MTV, la Playstation, nemmeno il fax! A quei tempi in tv c’erano soltanto tre canali. Tre!” Ma c’erano gli Allman Bros che swingavano da matti, per esempio: vogliamo mettere? E poi, prova a mettere i Doobie Brothers a.d.1972, e poi un disco dei Duran Duran – tanto per dire – di dieci anni dopo, e dimmi un po’ cosa suona più attuale, e cosa clamorosamente vecchio. Le cose cambiano, sicuro, ma Midnight Rider swinga ancora, ora come allora. In cd, sicuro, rimasterizzato eccetera, non in vinile. E come Gregg inizia a cantare ti ritrovi dov’eri, che tu voglia esserci o no. “... svanisce quando il complesso comincia a suonare. The Song Remains the Same non è un gran film, ma ci sono i Led Zeppelin che suonano. Su questo non si discute.” |
Inviato da: Drashta
il 12/04/2007 alle 02:03
Inviato da: Tolstoj27
il 24/03/2007 alle 14:16
Inviato da: saralhd
il 13/03/2007 alle 16:59
Inviato da: jubelee1
il 12/03/2007 alle 15:28
Inviato da: gipsofila
il 07/03/2007 alle 19:05