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Post N° 8
Post n°8 pubblicato il 11 Maggio 2008 da riacevacanze
I Bronzi di Riace PARTE 2 PROVENIENZA. Ma come sono finiti sul fondale marino davanti a Riace, lungo la costa ionica della Calabria? La disamina delle ipotesi è articolata. A pochi metri dal sito dove erano alloggiate le statue, sono stati trovati 28 anelli di piombo appartenenti, forse, alla vela di una nave di cui, però, non si conosce l’epoca. Forse erano bronzi provenienti dalla Grecia o forse da qualche città della Magna Grecia e inabissatisi dinanzi a Riace per il naufragio della nave che li trasportava. Alcuni intendono avvalorare l'ipotesi che le statue sarebbero state gettate in mare per essere protette da azioni di indebita sottrazione da parte di assalitori; per altri, la nave può essere stata liberata dal prezioso ma scomodo carico in vista di una burrasca. La sequela delle argomentazioni addotte a sostegno delle congetture menzionate, come di altre, non trova tuttavia certezza alcuna: l’identità, la paternità e l’origine (ed ancor meno la destinazione) dei bronzi di Riace attendono una definizione. Il dato più interessante è il fatto che proprio nel luogo in cui furono rinvenute le due statue, i fedeli di Riace a Maggio si recano da sempre in processione con le reliquie dei due Santi Cosma e Damiano, come in un antico rituale pagano propiziatorio della pioggia, essenziale per un’economia agricola. E’ quello il punto in cui, secondo la leggenda, circa 1500 anni fa apparvero i SS Medici Cosma e Damiano, che si diressero verso le colline e, incontrato un pastore, chiesero di far erigere un tempio in loro onore. Il Prof. Giuseppe Panetta afferma che le statue si trovassero fin dall’antichità in quel sito: posti in origine in uno dei templi dell’antica Kaulon, i bronzi sarebbero stati nascosti in un luogo sicuro durante uno dei numerosi saccheggi subiti dalla città. In effetti, il luogo del ritrovamento dei Bronzi dista dalla città di Kaulon solo pochi chilometri, nelle vicinanze della foce del fiume Sagra (che alcuni identificano con il fiume Allaro o con lo Stilaro) presso il quale sorgeva un celebre santuario dedicato ai Dioscuri, i due gemelli Castore e Polluce considerati dai locresi, assieme a Persephone e ad Aiace Oileo, i numi tutelari della loro città. Rimane, poi, la possibilità che i Bronzi siano stati gettati in mare da terra: essendo stati oggetto di culto e di devozione da parte dei pagani, vennero forse inabissati con l’avvento della religione cristiana. In armi e per di più in completa nudità, non potevano adattarsi alla venerazione del popolo di una religione che predicava la castità, la pace e l’amore per il prossimo. E’ questa solo un’ipotesi per spiegare una radicata tradizione popolare e liturgica nella quale si compenetrano e si tramandano fino ai giorni nostri rituali che affondano le origini nel paganesimo e nel successivo cristianesimo. Quanto mistero aleggia intorno ai Bronzi di Riace! E quale misterioso fascino emanano questi illustri sconosciuti: la loro presenza è in qualche modo inquietante, polarizzante. GLI AUTORI DEI BRONZI Nulla si sa di certo sull'autore di tali meraviglie; molti pensano che lo stile scultoreo sia simile a quello di Fidia (il cui Apollo è molto somigliante nella plasticità delle forme). Per altri, invece, l'autore potrebbe essere uno scultore dell'antica Reggio di nome Pitagora, al quale sono state attribuite altre statue dell'epoca Arcaica. Più probabile che i due Bronzi siano stati prodotti in Grecia e non da un solo scultore, visto che la lega metallica con la quale sono stati forgiati è differente per le due statue. Lo storico dell'arte Paolo Moreno ha avanzato la tesi che gli autori dei bronzi fossero AGELADA di Argo e ALCAMENE di Lemno; l’ipotesi è nata dallo studio comparato della decorazione del celebre tempio di Olimpia. Il bronzo denominato A sembra mostrare notevoli somiglianze con l'Atlante di una metopa del tempio di Olimpia, realizzata pare proprio da ALCAMENE. indovino del re Adrasto, costretto, secondo la leggenda, a partecipare alla spedizione dei SETTE A TEBE. altro componente della sfortunata spedizione.. Le due statue farebbero quindi parte di un gruppo scultoreo che celebrava la leggenda dei SETTE A TEBE, accompagnati dai loro discendenti ed epigoni. Tideo insulta l'indovino Anfiarao, che si rifiutava di partecipare alla spedizione contro Tebe, visto che ne prevedeva l'esito negativo.
che spiegala loro postura e l'espressione sui loro volti. Monica Audino
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Inviato da: lucapagni
il 29/08/2008 alle 19:52
Inviato da: lucapagni
il 29/08/2008 alle 19:51
Inviato da: lucapagni
il 16/08/2008 alle 18:17