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I Bronzi di Riace PARTE 1 Ho scritto questo testo sui Bronzi di Riace a dicembre 2007, aiutandomi con iseguenti testi: "I Bronzi di Riace Tra storia e leggenda" di Giulio Cesare Papandrea e "I Bronzi di Riace" di Giuseppe Panetta. IL RITROVAMENTO La storia dei Bronzi inizia nella mattinata del 14 agosto 1972,nello specchio d’acqua antistante la località Agranci di Riace Marina. A 200 mt dalla costa, ad una profondità di circa 8 mt, nello stesso e identico sito dove da secoli la leggenda narra siano apparsi i SS Cosimo e Damiano seduti su uno scoglio,qualcosa giace sommerso con un braccio che spunta dalla sabbia. E’ il braccio di uno dei bronzi divenuti poi famosissimi. Anche la storia del ritrovamento si tinge di giallo, perché a rivendicarne la paternità sono stati, oltre al sub romano Stefano Mariottini, i fratelli Cosimo e Antonio Alì, Domenico Campagna e Giuseppe Sgrò, ragazzi di Riace. Questi, la mattina del 16 agosto, consigliati da un loro parente, si recano nella vicina Monasterace, presso i locali della Guardia di Finanza per denunciare la scoperta. Viene redatto un verbale nel quale avrebbero dichiarato di aver visto il braccio di una delle statue già il 14 agosto. Il Mariottini sembra, invece, che abbia telefonato al Sovrintendente di Reggio Calabria Prof. Foti in serata, verso le 20:30 dello stesso giorno. Molti le voci che da allora dicono di aver sentito rumori strani in quelle notti e che qualcuno avrebbe fuso due motori fuori bordo nel vano tentativo di effettuare un recupero clandestino. Ma il Tribunale di Roma attribuisce ogni merito al sub romano, che incassa un cospicuo compenso. A nulla sono valse le proteste e la denuncia presentata dai giovani di Riace. Il 22 agosto il recupero venne portato a termine e le due statue, poste su barelle imbottite di gommapiuma, vennero trasportate d’urgenza su un camion alla volta di Reggio Calabria. Alla loro partenza il Sindaco Dott. Giuseppe Zurzolo cercò di bloccarle insieme alla popolazione di Riace, ma venne persuaso dai Carabinieri e dai Finanzieri. Dall’Egeo tuonò Foti :”Le Statue subito a Reggio”. IL RESTAURO Subito dopo il trasporto delle due statue al Museo di Reggio Calabria, iniziò la pulitura delle superfici dai depositi marini ad opera dei restauratori della Soprintendenza Archeologica: con mezzi meccanici furono rimosse le concrezioni di sabbia e ghiaia, come per il volto della statua A che risultava completamente nascosto. Era però necessario proseguire il restauro con attrezzature più sofisticate, non disponibili a Reggio Calabria. Si decise, così, di affidare tali operazioni al Centro di restauro della Soprintendenza Archeologica di Firenze, ove le statue furono trasportate nel gennaio 1975. Le maggiori difficoltà furono causate dalla presenza di fenomeni attivi di corrosione formatisi dalla terra di fusione rimasta nelle cavità interne. Per questo motivo furono rimossi i tenoni in piombo ancora presenti sotto i piedi attraverso i quali poter accedere all’interno per realizzarne lo svuotamento. Le operazioni durarono dal 1975 al 1980. A questo punto fu evidente che per assicurare la futura conservazione delle statue l’ambiente espositivo doveva avere un tasso di umidità al di sotto del quale non si potessero ripetere nuovi fenomeni di corrosione. Dopo le esposizioni a Firenze (dicembre 1980-maggio 1981)e Roma (giugno-luglio 1981), le statue sono permanentemente ospitate presso il museo di Reggio Calabria, in ambienti climatizzati e muniti di appositi accorgimenti antisismici. LA FUSIONE Le due statue bronzee furono prodotte con la tecnica “a cera persa” secondo il cosiddetto metodo indiretto, che consentiva la fusione a parti staccate da saldare successivamente. Lo scultore preparava un modello in creta delle dimensioni della statua che si voleva ottenere; da questo modello si traeva un calco a settori staccati, i quali venivano rivestiti all’interno da uno strato di cera dello spessore che si voleva dare al bronzo. I vari settori di calco con la cera venivano poi assemblati. Le leghe bronzee usate per le due statue sono costituite essenzialmente da due elementi, rame e stagno, come è consueto per i grandi bronzi di età greca classica, con scarsissima presenza di piombo, usato invece assai più largamente nelle statue di bronzo di età ellenistica e romana. Le analisi delle leghe mostrano differenze sostanziali:una lega ben diversa, con forte percentuale di piombo, fu usata per l’intero braccio destro della statua B, evidentemente rifatto in un restauro antico, molto tempo dopo la fabbricazione dell’originale. LA CRONOLOGIA Molti studiosi ritengono che la statua cosiddetta A possa essere datata intorno al 460/450 a.C., nella fase di passaggio tra lo stile severo e il pieno stile classico. Mentre la statua B possa essere fatta risalire al 430/420 a.C. |
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