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Veglia : l'innovazione nella poesia di Ungaretti

Post n°113 pubblicato il 22 Maggio 2009 da seppursognando
 

Veglia

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

  

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

[ Giuseppe Ungaretti ]

  

  

METRO: versi liberi.

La rivoluzione metrica operata da Ungaretti nelle liriche de “L’allegria” parte dalla critica e dalla successiva demolizione del verso tradizionale. Schematicamente si può dire che la distruzione del verso ha un duplice scopo:

1. eliminare la musicalità della metrica tradizionale, che non può adattarsi ai temi drammatici della guerra.

2. mettere in rilievo la singola parola in tutta la sua potenza semantica e fonica.

Spieghiamo meglio queste affermazioni :
Per Ungaretti gli schemi metrici fissati dalla tradizione costituiscono una prigione in cui non è più possibile esprimersi.
E così il nostro poeta non può accettare una forma come il sonetto, che lo costringe non solo ad impiegare versi della stessa lunghezza, ma anche ad un rigido impianto strofico e ad un preciso schema delle rime (davvero troppo condizionante). E ugualmente rifiuta l’endecasillabo sciolto, che pure è libero dagli obblighi di rima, ma pur sempre costringe ad un’unica misura e, soprattutto, ad un ritmo solo relativamente variabile.
Quindi l’unica soluzione è creare una forma metrica ed un ritmo adatto alle singole occasioni. E è questa la grande novità della sua poesia, ed è da questa intuizione che nasce la straordinaria efficacia delle liriche de “L’allegria”.

Per Ungaretti l’ispirazione deve dettare anche la propria misura espressiva. In questa maniera è possibilire ritrovare il significato autentico della singola parola, che spesso costituisce da sola un intero verso.

In Veglia per tre volte i verbi al participio passato costituiscono un intero verso, e in tutti i casi si tratta di un quaternario. Sono tutti verbi afferenti al campo semantico della sofferenza e del travaglio, e, così isolati, vengono caricati di un’ulteriore potenza espressiva, a cui contribuisce anche l’asprezza fonica di alcuni nessi consonantici.

Struttura:
Versi liberi di vario ritmo [settenari, senari, quinari( versi di 7 sillabe,6 sillabe e 5 sillabe)], raggruppati in due strofe di diversa lunghezza; gli a capo sono frequenti e fuori di ogni regola; sembrano obbligare la voce a sostare nella lettura, quasi a scandire; manca la punteggiatura; il livello fonico è costruito sull'accentuazione del valore e del tono delle sillabe con frequenti allitterazioni (consonanze e assonanze) e anche rime; la struttura sintattica è sorretta, inizialmente, dai participi passati (buttato, massacrato, digrignata, volta, penetrata) fino ai passati prossimi ho scritto e a non sono mai stato; questa particolare sintassi, quasi a segmenti (con la "compiutezza" di quei participi passati e la "prossimità" delle azioni del fante-poeta, passate ma non remote) costituisce una forma di espressionismo poetico.

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Più avanti, quel “tanto”, volutamente isolato, ha un’analoga funzione espressiva: sottolinea ancora di più l’attaccamento alla vita da parte del poeta.

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

 

Parafrasi:
Ho trascorso un’intera nottata in veglia, vicino al cadavere massacrato di un compagno di guerra, con la bocca, rivolta verso la luce della luna, deformata in una smorfia, con le mani tumefatte che penetrano nella mia assorta meditazione; in questa tragica notte ho avuto l’impulso di scrivere lettere d’amore per i miei cari e mai, come in questo momento, ho sentito il desiderio di amare gli uomini e la vita.

TEMI FONDAMENTALI ( forma breve ):
- Realtà disumana della guerra.
- Contraddizione nella compresenza di vita e di morte.
- Senso di tragicità, ma riscoperta della vita.
- Essenzialità di linguaggio.
   

Riassumendo, Ungaretti usa versi di una sola parola, per
1) Evidenziare il binomio morte/vita
2) Scelta di essenzialità di linguaggio dettata dall'incomunicabilità del sentimento

TEMI FONDAMENTALI ( Forma Estesa) :
Con questa lirica entra per la prima volta ne "Il Porto Sepolto" ( e poi nell'"Allegria") il tema della guerra: è la prima atroce pagina del "diario di guerra", nel quale il fante-poeta racchiude l'esperienza della trincea (un anno terribile sul fronte del Carso, dal dicembre del 1915 al dicembre del 1916; è bene ricordare che Ungaretti non smise di combattere nel 1916, continuò sul fronte della Champagne, in Francia ). La lirica inizia con la descrizione espressionistica e molto incisiva, nei primi versi, del commilitone morto accanto al soldato Giuseppe.
Dal primo piano a un campo medio, come in una sequenza del cinema muto dell'epoca, l'attenzione viene repentinamente spostata sulla dimensione personale: alla morte, il fante-poeta oppone l'esperienza, la consolazione, l'ancora di salvezza della scrittura, riscoprendo in sé un fortissimo attaccamento alla vita. Nella splendida e silenziosa notte di plenilunio, nasce "la volontà di espressione, necessità d'espressione…esaltazione, quell'esaltazione quasi selvaggia dello slancio vitale, dell'appetito di vivere, che è moltiplicato dalla prossimità e dalla quotidiana frequentazione della morte."
Dando un primo sguardo alla poesia si può capire che parla della prima guerra mondiale; in realtà non è così semplice come appare poichè nasconde un messaggio ermetico. Questo ci viene dimostrato dal primo verbo: "buttato". L'autore con una sola parola estremamente semplice è riuscito a dimostrare e a farci comprendere il suo stato d'animo e le sue sensazioni. Si è sentito vecchio, scartato e inutilizzato dall'intera società; probabilmente non era consapevole che l'unica vera colpevole, di tali sentimenti, fosse la guerra. Così Ungaretti in una sola parola ha costruito un paragone:  lui buttato nel fango come uno straccio usato. In molte altre occasioni utilizza termini che costituiscono un intero verso. E' una dimostrazione dell'ermetismo: ogni singola parola cela un significato nascosto. Nel penultimo verso in cui l'autore si serve di una sola parola, lo spazio bianco sembra quasi volerne prolungare il suono, l'eco. Lo scrittore usa per il compagno ormai sconfitto dalla morte verbi di modo indefinito, mentre per sè utilizza quello finito, attribuendo loro significati precisi. Possiamo trovare altre analogie, stavolta riferite al compagno morente, o meglio alle mani e alla bocca. Quest'ultima ci viene presentata in una espressione d'ira, solita ai cani e non agli uomini; ciò che della metafora ci colpisce maggiormente è l'attenzione posta verso il plenilunio, la luna piena. Infatti essa può essere vista dal soldato come unico simbolo naturale in mezzo a un mondo distrutto dalla guerra. La luna rappresenta il cielo, la terra indifferenti in modo quasi sfacciato al destino degli uomini. Può esserle attribuito un secondo significato: è l'unico punto di riferimento per il soldato che, come il plenilunio, era nel pieno della sua giovinezza. Forse non era solo il dolore a fargli digrignare la bocca, ma l'invidia, la rabbia contro qualcosa che ignara brillava completa nelle tenebre. Impressionante la descrizione di quelle mani tumide, gonfie, perdute, che sembrano voler strappare il cuore silenzioso, straziato dello scrittore. E' un' immagine che può essere intesa diversamente; in senso di supplica verso il compagno vivo, sperando in questo modo di rubargli un pò di vita oppure attirarlo con sé nel vortice della morte. La situazione appare come una condizione: "se muoio io, muori anche tu". E' un egoismo che non merita una punizione da parte dell'autore perchè il compagno è già stato punito da Dio con la morte. Contemporaneamente è scattata nell'autore una voglia bramosa di vita, di amore nei suoi confronti. Proprio in questo punto della poesia, Ungaretti interviene per giungere ad una conclusione decisiva. Tra le due strofe possiamo notare non un segno di punteggiatura che le divida ; è come se l'autore si fosse fermato per far trarre a se stesso e al lettore certe impressioni. Potremmo anche pensare alla poesia come ad un intero ragionamento che termina con una deduzione logica.

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