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Eutanasia e libertà dell'individuo

Post n°271 pubblicato il 25 Settembre 2006 da k.blackwell

Dopo l'accorato video-appello di Piergiorgio Welby al Presidente della Repubblica sono esplose, come prevedibile, le solite polemiche all'italiana.
In particolare, molti politici di area cattolica - appartenenti a entrambi gli schieramenti - hanno addirittura escluso che in Italia si possa "parlare" di eutanasia, mentre hanno lasciato aperto uno spiraglio per l'eventuale adozione anche in Italia del cosiddetto "testamento biologico".
In parallelo, molti giornalisti hanno confezionato articoli o servizi televisivi tesi a far prevalere la tesi secondo cui "la vita va vissuta comunque, in qualunque condizione", oppure quella a favore della cosiddetta "dolce morte".
Mi sembrano due approcci sbagliati, e forse anche un tantino in malafede, alla questione.
Da una parte i politici sanno (o dovrebbero sapere) benissimo che eutanasia e testamento biologico sono due cose diversissime: col testamento biologico una persona chiede che, nel caso si ritrovasse impossibilitata in seguito (causa malattia, incidente o altro) a esprimere la propria volontà in proposito, venga messa agli atti "preventivamente" la sua volontà di non subire il cosiddetto "accanimento terapeutico" (cure mediche portate oltre il limite del ragionevole e prive di reale, effettiva utilità per il paziente); nel caso dell'eutanasia abbiamo di fronte invece una persona ancora in possesso delle proprie facoltà e ancora in grado di comunicare la propria volontà (autonomamente o con l'ausilio di supporti tecnologici, come nel caso di Welby) che chiede di non continuare a vivere una vita che non ritiene più degna di essere vissuta, anzi una vita che non ritiene più essere tale, anche se "tecnicamente" resa ancora possibile dall'utilizzo di macchine medicali o di terapie farmacologiche.
E' chiaro quindi che l'introduzione del testamento biologico non può esaurire tutte le casistiche, e che la legalizzazione del suicidio medicalmente assistito (eutanasia) ne è il naturale complemento.
I giornalisti, dal canto loro, anziché informare i cittadini riguardo ai termini della questione, spesso informano i cittadini circa la loro posizione in proposito: i favorevoli portando a esempio il caso di Welby, i contrari andando a scovare un malato da usare come "testimonial" per sostenere la tesi opposta.
Peccato che il problema non sia quello di stabilire se, come, quando e a che condizioni la vita valga la pena di essere vissuta, per poi adottare questo novello criterio generale per valutare i singoli casi: il problema, molto semplicemente, è un problema di libertà dell'individuo.
In una ottica di stampo liberale, non confessionale, è evidente che è l'individuo l'unico che ha titolo per decidere se e quando, secondo il suo personale sentire, è arrivato il momento di staccare la spina: in un campo come quello della vita e della morte - della propria vita o della propria morte - ogni ingerenza da parte di attori esterni, specialmente se "pubblici" per definizione come lo Stato, andrebbe categoricamente esclusa.
Anche le critiche dei politici (più o meno) cattolici mi sembrano non tenere (volutamente?) conto del fatto che depenalizzare l'eutanasia non significherebbe certo imporla a chicchessia: come per il divorzio e l'aborto, i credenti sono liberissimi di non avvalersi di questa possibilità, in accordo col loro credo religioso (e questo fa loro onore); come nel caso del divorzio e dell'aborto, però, lo Stato laico e liberale non può non tenere conto di chi credente non è, e legiferare di conseguenza.

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
>> EUTANASIA su pEaCe!!!
Ricevuto in data 25/09/06 @ 18:18
Nel leggere il titolo di questo post, qualcuno rimarrà offeso, sconvolto, indignato. Sono ancora ...
>> LA MORTE 'A FIN DI BENE' su Cammino...
Ricevuto in data 02/10/06 @ 01:54
Ripeteva sul letto di morte il cardinale Jean Villot, Segretario di Stato Vaticano dal 1969 al 19...

 
Commenti al Post:
orsa966
orsa966 il 26/09/06 alle 13:24 via WEB
assolutamente d'accrdo!
 
eccolo_li
eccolo_li il 26/09/06 alle 18:13 via WEB
Io sono cattolico ma questo tema mi crea un pò d'inquietudine. Cerco di stravolgere il mio punto di vista e mettermi per una volta dalla parte di chi credente non è. Se io non fossi credente e quindi Dio per me non esistesse chi altri potrebbe impedirmi di togliermi la vita? Eppure ci sono milioni di non credenti, cos'è che li spinge ad andare avanti a vivere ogni giorno la loro quotidianità, al di là della presenza o meno di una malattia? Qual è il senso del loro vivere, il motore principale che li spinge ad andare avanti? Ritengo che quegli stessi motivi che rappresentano la ragione del loro vivere quotidiano dovrebbero essere gli stessi che impediscano loro di togliersi la vita. Mi dispiacerebbe pensare che tali motivi siano solo una tacita rassegnazione allo scorrere del tempo, all’accettazione della quotidianità, mi piacerebbe credere che si tratti di motivi molto più profondi, quali l’affetto nelle persone che ci stanno accanto, la necessità di sentirsi utili agli altri e non solo la libertà di scegliere se vivere o morire. Se tali motivi fondamentali vengono a mancare allora prima ancora che di una morte fisica c’è già una morte spirituale, morale che è peggiore di qualunque distacco materiale della spina che ci tiene in vita. E’ quello il vero scandalo!
 
 
k.blackwell
k.blackwell il 27/09/06 alle 08:39 via WEB
Dall'appello di Piergiorgio Welby: "Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà." Credo che anche per i cattolici l'ipotesi dell'eutanasia non sia poi così aliena e inconcepibile: ancora Welby: "Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui."
 
eccolo_li
eccolo_li il 29/09/06 alle 03:39 via WEB
Grazie per questo contributo, di fronte a queste parole rimango sinceramente spiazzato... però c'è una cosa che mi fa sperare ancora nella vita: la capacità di Piergiorgio di esprimere dei concetti così profondi che nascono più che dalla sofferenza fisica dal grande tumulto interiore
 
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