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I soliti pacifinti

Post n°315 pubblicato il 11 Gennaio 2007 da k.blackwell
 

Riporto due post e un editoriale che danno bene l'idea.

1) Camillo (no permalink):

Operazione Simpatia


Raid aerei contro i capi di Al Qaida in Somalia: non vanno bene. Eravamo rimasti che contro il terrorismo non andava bene la guerra, piuttosto ci volevano operazioni di intelligence e attacchi mirati ad Al Qaida.
Poi abbiamo scoperto che non andavano bene nemmeno le operazioni di intelligence, tanto che poi arrestiamo gli agenti dei servizi che le eseguono e critichiamo ogni misura antiterrorismo.
Ora, infine, D'Alema ci spiega che non vanno bene nemmeno gli attacchi mirati, come questo sulla riunione di Al Qaida in Somalia.
Non va bene niente contro il terrorismo, se non il prego-si-accomodi-faccia-come-crede. Non va bene la "dottrina Bush", e passi.
Però, sinceramente, combattere il terrorismo con la "dottrina Cobolli Gigli" mi pare eccessivo.


2) Federico Punzi/JimMomo:

D'Alema è stato il più netto a condannare, ieri le operazioni americane contro Al Qaeda in Somalia, «operazioni unilaterali che potrebbero innescare nuove tensioni in un'area già caratterizzata da forte instabilità».

Il Governo italiano è contro l'intervento etiope, è contro le operazioni mirate degli elicotteri, degli AC-130 e dei commando americani. Invoca, insieme all'Ue franco-belga, una soluzione «politica», un negoziato al cui tavolo dovrebbero sedere anche le Corti islamiche.
E' bene intendersi sulla posizione che sta sostenendo il ministro degli Esteri D'Alema: propone di dialogare con Al Qaeda, di trattare con i talebani somali.


Che si sia contro la guerra in Iraq e la dottrina Bush passi, ma non si era d'accordo, per lo meno, nel combatterli i terroristi?


3) Piero Ostellino, sul Corriere:

Terrorismo e chiacchiere


La condanna del raid americano in Somalia contro Al Qaeda da parte dell’Onu, dell'Unione europea e di alcuni governi nazionali compreso il nostro — il ministro degli Esteri ha manifestato «la contrarietà dell'Italia a iniziative unilaterali che potrebbero innescare nuove tensioni»—fa tutta la differenza fra chi combatte il terrorismo e chi dice di voler combattere il terrorismo.
Se le chiacchiere fossero pallottole, non ci sarebbero più terroristi in giro per il mondo a fare attentati. Bla, bla, bla: sarebbero tutti morti, uccisi dalla micidiale dialettica multilaterale. Dopo l'attacco alle due torri di New York e al Pentagono, i grandi organismi internazionali e molti governi si erano detti «americani».
Dopo l'attacco al treno di Madrid, «spagnoli». Dopo quello al metro di Londra, «inglesi».
Ma neppure per un momento, né l'Onu, né l'Ue, né la maggior parte dei governi nazionali — ad eccezione di quello americano e di quello inglese — si sono sentiti in guerra contro il terrorismo e si sono comportati di conseguenza.
Si è verificato il «rovesciamento» di uno dei principi della tradizione politica degli ultimi quattrocento anni, in nome di una concezione metafisica della pace: «Cos'è infatti la guerra — si chiede Thomas Hobbes (1588-1679) — se non il tempo in cui si dichiara a sufficienza, con le parole e con i fatti, la volontà di lottare con la forza? Il tempo restante si chiama pace».

L'Onu, l'Unione europea e molti governi nazionali sono stati contrari alla guerra in Iraq. «Non si esporta la democrazia liberale in Paesi le cui tradizioni non sono le stesse che ne hanno facilitato la nascita da noi», è stata la parola d'ordine del pacifismo. Giusto. Ma, poi, dopo l'esecuzione di Saddam, si è chiesto che in tutto il mondo fosse abolita la pena di morte, anche in quei Paesi—come quelli islamici governati dalla sharia, che la prevede — dove la vita e la morte non hanno né filosoficamente, né nella prassi, lo stesso valore che hanno da noi. Nessuno, però, se l'è sentita di superare la contraddizione e di portare alle sue logiche ed estreme conseguenze il sillogismo: chiedersi se, allora, non sarebbe stato preferibile lasciare Saddam Hussein al potere.
Ora, l'Onu, l'Ue, molti governi nazionali si sono dichiarati contrari anche al raid americano in Somalia.
Questa volta in nome di una concezione del «multilateralismo» e del «dialogo» non meno metafisica di quella di pace. Non si riconosce, cioè, al diritto degli Stati Uniti di combattere il terrorismo un carattere normativo «oggettivo», cioè di legge condivisibile, accettabile e praticabile dalla comunità internazionale, ma lo si considera solo una ricerca del proprio tornaconto nazionale.
No, dunque, alla guerra, no ai raid, no all’intelligence se non a condizioni che ne vanificherebbero le potenzialità. La differenza fra chi combatte il terrorismo e chi dice di voler combattere il terrorismo si rivela, così, ciò che è: anti-americanismo.

A questo punto, sarebbe inutile chiedere all’Onu, all'Ue, ai governi nazionali e al pacifismo militante che cosa si dovrebbe fare per battere il terrorismo perché non saprebbero rispondere con una proposta concreta, praticabile ed efficace, ma solo con dichiarazioni di buone intenzioni.

Commenti al Post:
caligola10
caligola10 il 12/01/07 alle 18:49 via WEB
beh, che vuoi farci? d'alema non ricorda più la serbia, l'ambasciata cinese, slobo, eppure chi combatteva il "lupo" milosevic? le stesse persone che ora combattono l'america, che vuoi farci, sono fatti cosi.
 
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