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E fù Sardegna. Capitolo Secondo
Post n°3 pubblicato il 26 Maggio 2009 da milanoss
La villa toscana
Quella storia della villa, in queste circostanze il dott. Borghini avrebbe preferito non esistesse la balla del ricordo triste, ma sicuramente alla prossima occasione, si sarebbe divertito a trovargli un seguito, ma sopratutto un'ennesima scusa per non affrontare la discussione affare. L'ingegnere Brambilla Giulio, un uomo d'affari tutto tondo con un viso insignificante, una controfigura di Denny De Vito l'attore, una persona tra le più avide e cattive di quel gruppo di amici "non amici" che davanti al dottore e la sua onesta coerenza specie negli affari, diventava un agnellino. L'odiava sicuramente tantoda invidiarne la sua agiatezza economica, frutto di laborioso ed onesto lavoro sia del padre che del dottore stesso. "Quel progetto, come fa a non colpirla" esclamava l'ingegnere sempre, quelle poche volte che riusciva a scambiarci parola. In realtà quel progetto altro non era che una miniera d'oro per il losco ingegnere, egli infatti con l'ausilio di un politico a lui vicino, riuscì a farsi promettere dalla regione toscana un grosso finanziamento per la costruzione di una enorme struttura sanitaria che vedeva nel progetto oltre alla villa del dottore, un'altra a quella adiacente già in possesso dell'ingegnere. Bastava la semplice, secondo lui, acquisizione della seconda e tutto sarebbe partito. Un mega progetto dentro un oasi di verde toscano in società con aziende facenti capo alla Legatio, un carrozzone politico ed economico che accomodava i figliuoli prodighi di questo o quel partito. Villa Medicea, era la proprietà del dottor Borghini, questa di inestimabile valore storico ed architettonico. Era stata una delle tante residenze dei Medici. Intanto si decise di mangiare in paese. La cena, era veramente una delizia, i due restarono impietriti di fronte a quelle buonissime pietanze isolane: ravioli di ricotta con un sugo di cinghiale. Mario si ripuliva il piatto con del pane, come se da giorni non toccasse cibo, ma il culmine lo toccarono mentre arrivava il secondo di maiale. Su "porcheddu" arrosto, finendo quelle portate con uno strano fagotto di pasta cotta al forno con dentro uno strato di strutto e carne di agnello. Era " Sa Panada" una specialità esclusiva di quel posto talmente buona che altri paesi del circondario tendevano ad imitare ma con irrilevante successo. Il tutto accompagnato da un vino speciale della casa un misto di sapori profumi e fragranze, un rosso che piacque molto al dottore, lui grande cultore del vino. <<... e te Mario non volevi restare..., meno male che non ti do mai retta..>> disse sorridendo con aria da sfottò rivolto ad un Mario sazio e sfamato e anche un po' brillo, visti i gradi di quel vino Sardo. Egli in realtà non aveva un rapporto molto confidenziale nei confronti di Bacco, non quanto il dottore. Iniziava infatti ad alzare la voce senza nemmeno accorgersene destando l'attenzione degli altri clienti dei tavoli vicini. Dopo mangiato decisero di ripartire per la costa ringraziando per la cena i gestori del locale per la loro ospitalità e portandosi con loro un sacchetto pieno di quella strana specialità Oschirese che era " Sa Panada". Sacchetto che pian piano, chilometro dopo chilometro, si svuotava. IL loro capo si voltava, ora da una parte ora dall'altra della carregiata, distratti dalla flora di quei posti, esposta come in una grande vetrina ai due lati della strada che da Oschiri portava alla costa. Una composizione ricca e colorata caratterizzata da inervalli di sugheretti e piante di corbezzolo scanditi da innumerevoli greggi al pascolo, mentre il sole orma giocava a nascondersi dietro le cime della vicina catena del Limbara. << ...quante, quante pecore.......>> Esclamava Mario con la bocca piena di panadas..........
continua... |
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Inviato da: icknos
il 24/05/2009 alle 19:57