E fù SardegnaUn romanzo nel cassetto |
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Post n°1 pubblicato il 24 Maggio 2009 da milanoss
prefazione Era un sabato del mese d'aprile, periodo questo migliore per gustare ed apprezzare ciò che le zone interne possono offrire ai sempre più frequenti turisti, che al mare ed alle meravigliose coste della Sardegna, preferiscono i più rudi e nascosti segreti dell'entroterra, con i loro accoglienti paesaggi ed i loro, ospitali abitanti. Ospitali e per alcuni diffidenti. Certo qualche qualche millennio fa, una diffidenza spinta ed alimentata da innumerevoli conquiste ed altre tante invasioni che ha visto, nell'arco di millenni, quella gente padrona sì di un'isola al centro del mediterraneo, ma allo stesso tempo vittima e oppressa da innumerevoli civiltà, che han fatto di questa terra meta e scalo di naviganti, attori tra le pagine più rilevanti nella storia delle origini dell'intero pianeta. Ai confini fra la provincia gallurese e quella sassarese, adagiato ai piedi del Limbara, si trova, da non poco tempo, un piccolo centro abitato di appena tremila abitanti, circondato da un'incantevole paesaggio naturale. Se potessimo osservarlo dall'alto, cosa non certo fattibile per molti, vedremmo "una somma di case circondate dal verde che sfugge, per timore o per rispetto, ad una vasta macchia d'acqua, che pare un'incantevole specchio". Questo almeno pensava, restando affascinato dall'oblò di un piccolo bimotore, Ambrogio Borghini, un milanese, noto proprietario e fondatore dell'omonimo impero. La proprietà comprende un vasto insieme d'aziende, operanti in sterminati settori, dal petrolio al fai da te, dai cantieri navali al panettone, che da qualche anno faceva amministrare ad alcuni suoi amici fidati, mentre lui, per sfizio o per scommessa, incarnava il viaggiatore di professione. Quel dì Ambrogio, per puro caso, sorvolava il cielo di Oschiri senza conoscerne né il nome né, tanto meno, la sua esistenza. Posto com'era in un'armoniosa convivenza con quel piano d'acqua dolciastra, da tale quota, pareva accoglierlo ed invitarlo a scendervi. E' incredibile che da quell'altezza un uomo qualsiasi possa assaporare tutto ciò che un paese come Oschiri può offrire. Il Borghini, già da quell'inverno, aveva optato per la Sardegna giacché ormai, giramondo da una vita, aveva costatato di avere esplorato tutto il globo terrestre da una parte all'altra, dall'umido e caldo Sud America, al secco clima polare della Siberia, dalle popolate regioni cinesi, alle desolate pianure desertiche del continente nero. Infatti, l'unica nazione che non conoscesse proprio come le sue tasche, se non dagli innumerevoli testi che impegnavano le sue letture,era proprio l'Italia. Questa carenza non per disprezzo, o per mancanza d'amor di patria, ma perché fin da giovinetto aveva stabilito non appena compiuti i 18 anni, di voler appunto girare il mondo con la premessa dopo averlo fatto, di finire l'impresa, la dove, con la calma e la saggezza di un ormai non più giovane esploratore, trovarvi residenza, lontano dal caos cittadino di quella fantastica metropoli lombarda che tante soddisfazioni e ricchezze le aveva procurato. Mario Nardi, al principio suo affidabile garzone e factotum, dopo la morte della signora Edda, moglie di una bontà sterminata e di una bellezza accecante, suo consigliere e compagno nei mille viaggi e avventure, unica persona al mondo che riuscisse ad assecondarlo e tenere a bada i suoi assurdi e schizofrenici colpi di testa. Giusto per capire di che pasta sia fatto il dott. Borghini, dovete pensare che un giorno, nel caldo e soffocante deserto del Sahara, precisamente nella parte nota come Hamada, mentre esplorava un noto sito archeologico, una delle sue grandi passioni, decise all'improvviso, spinto anche a suo dire "...dall'antipatica pavimentazione naturale...", di partire per Parigi, dove si sarebbe tenuto un concerto del suo idolo musicista Paolo Conte, altra sua gran passione il Jazz. Così nel giro dei due minuti che seguirono una strana telefonata, ordinò la partenza al povero Mario, lasciando tra l'altro dei compagni suoi ospiti, nella residenza di un'altro amico e socio d'affari Arabo, nella Sirte presso Zelten. Questo e altro è il dott. Borghini, un signore tutto d'un pezzo, magro con un metro e 85 cm di statura, una capigliatura bianca e folta, un viso squadrato a tratti scavato, non più giovane ma con un fascino unico, il tutto completava uno sguardo profondo, all'apparenza severo con due occhi azzurri come il mare della Sardegna, quasi inglese nei suoi atteggiamenti e portamento e non da meno negli indumenti, anche lui, come la sua defunta signora, con un eccessivo e a volte maniacale desiderio di conoscenza, che lo spinse, e lo fa tuttora, ad azioni che solo il povero Mario riesce a comprendere ed assecondare. Oschìri, così come viene nominato nelle poche circostanze più o meno felici, dai non molti giornalisti delle tv nazionali, in tutti quei casi, sempre pochi per fortuna o sfortuna, che interessano un piccolopaese poco conosciuto, ed ingiustamente anonimo nello scenario editoriale e culturale italiano, per niente citato da nessun libro se non dai sui pochi abitanti scrittori, tre o quattro in tutto. Questo ingiustamente, non certo per volere dei suoi abitanti e tanto meno per mancanza di potenzialità, svariate in molteplici ambiti, ma forse per una sorta d'insensibilità culturale che la politica, specie in queste zone, non ha ancora perfezionato. Si perché Oschiri oltre alle sue più evidenti caratteristiche naturali, vanta innumerevoli siti archeologici, sentinelle e testimonianze di una storia passata, vicina e lontana, molto più remota di quanto si immagini, e non meno importanti sono le sue specialità gastronomiche, alcune, uniche realtà di una zona estesa e spopolata. Questi ed altri, sono in realtà gli unici motivi che hanno fatto si che questo romanzo ed il suo principale personaggio ne facessero un unico ed insostituibile scenario...... continua...
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Post n°2 pubblicato il 24 Maggio 2009 da milanoss
In aereo
. <<...Guarda Mario che bel posto ...cos'è...?>> <<..Allora...., noi siamo qui...e la carta dice... Oschìri..>> Esclamò Mario, puntando l'accento sulla prima i, come tutti i "continentali", quelle genti italiche che si trovano per sorte o per scelta nei dintorni del paese. Prese la cartina e guardò anche lui, contemporaneamente.., alternando attimi di panorama incantevole, al nome di quel paese stampato sul quel punto. <<...Oschiri..., che ne pensi Mario?>> Incredibile, chiunque legga Oschiri sulla cartina, lo pronuncia esattamente come ha fatto Mario, collocando in pratica l'accento sulla prima i. Il dott. Borghini forse per puro caso, lesse Oschiri esattamente come potrebbe leggerlo un suo abitante, o uno che già lo conosca. <<...Interessante magari domani mattina ad Olbia, potremmo noleggiare un'auto e visitarla, si ricordi dottore che ha promesso ai suoi amici di essere per cena a Porto Rotondo...>> In realtà quelli, a parte Alfredo il padrone di casa, non erano suoi amici, o meglio non li reputava tali, diceva di loro che erano un'accozzaglia di persone avide, ed interessate alla sua persona per quello che materialmente rappresentava e possedeva, poiché erano interessati ad una villa ottocentesca di proprietà del dottore, il quale, sempre per allettare e stuzzicare con lo spirito di un bambino dispettoso, com'era solito fare con quel tipo di persone, minacciava davanti a queste genti di volerla vendere, poiché quella casa rappresentava tristemente il ricordo della moglie, e continuava quasi divertito nel vedere le loro facce, mentre faceva presente che un domani l'avrebbe venduta anche per due soldi pur di sbarazzarsene. Ovviamente, Mario sapeva e stava al gioco, anche lui divertito forse più del dottore, come sapeva che il ricordo di quella buona signora che era stata la moglie, era l'unica cosa che potesse farlo star bene, e che mai e poi mai avrebbe venduto quella casa nemmeno sotto minaccia d'arma alcuna. Cosi spinto di nuovo da quella strana libidine puerile che riservava solo a quei falsi "amici", decise arrivati ad Olbia di noleggiare subito la macchina senza aspettare l'indomani mattina come consigliato dal fedele Mario, senza tra l'altro avvisarli, mettendo in serbo per gli stessi un imbarazzante appuntamento a vuoto. Già lungo il tragitto Mario pensava ad alta voce che sarebbero andati dritti verso il lago senza entrare, almeno per quel giorno, nel paese, sperando in ogni modo di recuperare e magari arrivare esattamente per la cena alle otto in punto. Guardò il dottore e si rese conto immediatamente, che egli non ne aveva nessuna intenzione, né di rinviare seppur di un giorno la visita del paese, tanto meno tenere minimamente conto di quella cena. Il dottore lo guardò e sorrise, Mario a quel punto anche lui sorridendo diede per scontato che avrebbero dovuto cenare in paese. Verso le sei pomeridiane di una giornata solare ma ventosa, entrarono in paese, arrivati da Via Roma costeggiarono il Municipio, e li decisero di parcheggiare e proseguire a piedi. Già da subito il paese gli piacque, sia per la sua architettura generale, sia la tranquillità di quelle ore, ma soprattutto il contrasto di quelle case schierate in fila, lungo il corso. Due file parallele, le quali sempre di più, tendevano ad avvicinarsi, come se quella strada nel loro centro, altro non fosse, che l'unico ingresso maestoso di un'altrettanto autorevole cattedrale, la chiesa dedicata alla SS Vergine Maria, un imponente struttura di gran meraviglia architettonica dai vari stili, posta dinanzi ad una grande piazza che domina e sorveglia tutto il paese e ne segna il cuore perfetto. Un caffè nel bar più vicino ed alcune telefonate di lavoro. Mario nel mentre osservava la barista, una ragazza appena maggiorenne che vi serviva par time. Non lo faceva con modi pesanti né tanto meno gli scrutava le forme, lo colpiva il suo parlare, un linguaggio per lui incomprensibile, vi vedeva un miscuglio di colori e assonanze latine pur non riuscendo a distinguerne una parola. Lui era rimasto all'ormai famoso ajò ed al poco spagnolo assimilato, fatto suo a furia di sentire il dottore nei suoi viaggi. Egli fino a quel punto credeva che il dialetto di quei posti fosse riservato ai non più giovani, come del resto nella maggioranza delle regioni Italiane, senza sapere quale importanza avesse per le genti Sarde la propria origine, le loro tradizioni, ed in maggior misura il valore che potessero dare a quella "limba". Finite le solite telefonate di routine, il dottore approfittò dell'attimo in cui la cameriera si avvicinò al loro tavolo per ritirare le tazzine, chiedendole con grazia e gentilezza dove potessero mangiare un boccone prima di partire per la costa. La ragazza altrettanto gentile con una cadenza molto locale ma pulita, le consigliò di restare in quel caffè, poiché nell'altra sala adiacente vi era un piccolo ristorante e perfino un hotel. <<....Vedi che se volessimo un posto per dormire si trova?...>> Esclamò il dottore rivolto a Mario, il quale, non riuscendo a contenere il sorriso, rispose che ne avrebbe tenuto conto nel caso fossero ritornati il giorno seguente. Le sette e quaranta, squilla uno dei tre cellulari tutti nelle tasche di Mario, il quale subito visto chi era, arrossì, pregando come un cane bastonato il dottore, affinché parlasse lui direttamente e trovasse lui la balla del secolo, una motivazione apparentemente logica per giustificare la mancata parola data, l'appuntamento alla famosa cena. Sì perché Mario cosa che forse non avevo evidenziato, era l'agenda personale del dottore, una mente lucida e perfetta che teneva a memoria tutto ciò che il pc portatile non conteneva, o meglio, tutto ciò che al dottore non importasse veramente, e che lasciava nelle meningi del poveretto per avere la scusa di poterle dimenticare a suo piacimento. <<.... Non dirmi Alfredo, ci sarebbe dovuto essere anche l'ingegnere? Mario hai proprio una testa malata....>> Esclamò con finta serietà e con quel solito sorriso puerile <<.....salutalo Alfredo chiedigli scusa anche da parte di Mario, digli che ci vediamo domani sera se a lui non dispiace....>> A lui, l'ingegnere, in effetti, non fece piacere, quel giorno sarebbe dovuto stare in Sardegna spinto dal suo socio Alfredo, probabilmente per concludere l'affare della villa ottocentesca del dottore, e sarebbe dovuto ripartire in nottata col primo aereo per il Messico.
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Post n°3 pubblicato il 26 Maggio 2009 da milanoss
La villa toscana
Quella storia della villa, in queste circostanze il dott. Borghini avrebbe preferito non esistesse la balla del ricordo triste, ma sicuramente alla prossima occasione, si sarebbe divertito a trovargli un seguito, ma sopratutto un'ennesima scusa per non affrontare la discussione affare. L'ingegnere Brambilla Giulio, un uomo d'affari tutto tondo con un viso insignificante, una controfigura di Denny De Vito l'attore, una persona tra le più avide e cattive di quel gruppo di amici "non amici" che davanti al dottore e la sua onesta coerenza specie negli affari, diventava un agnellino. L'odiava sicuramente tantoda invidiarne la sua agiatezza economica, frutto di laborioso ed onesto lavoro sia del padre che del dottore stesso. "Quel progetto, come fa a non colpirla" esclamava l'ingegnere sempre, quelle poche volte che riusciva a scambiarci parola. In realtà quel progetto altro non era che una miniera d'oro per il losco ingegnere, egli infatti con l'ausilio di un politico a lui vicino, riuscì a farsi promettere dalla regione toscana un grosso finanziamento per la costruzione di una enorme struttura sanitaria che vedeva nel progetto oltre alla villa del dottore, un'altra a quella adiacente già in possesso dell'ingegnere. Bastava la semplice, secondo lui, acquisizione della seconda e tutto sarebbe partito. Un mega progetto dentro un oasi di verde toscano in società con aziende facenti capo alla Legatio, un carrozzone politico ed economico che accomodava i figliuoli prodighi di questo o quel partito. Villa Medicea, era la proprietà del dottor Borghini, questa di inestimabile valore storico ed architettonico. Era stata una delle tante residenze dei Medici. Intanto si decise di mangiare in paese. La cena, era veramente una delizia, i due restarono impietriti di fronte a quelle buonissime pietanze isolane: ravioli di ricotta con un sugo di cinghiale. Mario si ripuliva il piatto con del pane, come se da giorni non toccasse cibo, ma il culmine lo toccarono mentre arrivava il secondo di maiale. Su "porcheddu" arrosto, finendo quelle portate con uno strano fagotto di pasta cotta al forno con dentro uno strato di strutto e carne di agnello. Era " Sa Panada" una specialità esclusiva di quel posto talmente buona che altri paesi del circondario tendevano ad imitare ma con irrilevante successo. Il tutto accompagnato da un vino speciale della casa un misto di sapori profumi e fragranze, un rosso che piacque molto al dottore, lui grande cultore del vino. <<... e te Mario non volevi restare..., meno male che non ti do mai retta..>> disse sorridendo con aria da sfottò rivolto ad un Mario sazio e sfamato e anche un po' brillo, visti i gradi di quel vino Sardo. Egli in realtà non aveva un rapporto molto confidenziale nei confronti di Bacco, non quanto il dottore. Iniziava infatti ad alzare la voce senza nemmeno accorgersene destando l'attenzione degli altri clienti dei tavoli vicini. Dopo mangiato decisero di ripartire per la costa ringraziando per la cena i gestori del locale per la loro ospitalità e portandosi con loro un sacchetto pieno di quella strana specialità Oschirese che era " Sa Panada". Sacchetto che pian piano, chilometro dopo chilometro, si svuotava. IL loro capo si voltava, ora da una parte ora dall'altra della carregiata, distratti dalla flora di quei posti, esposta come in una grande vetrina ai due lati della strada che da Oschiri portava alla costa. Una composizione ricca e colorata caratterizzata da inervalli di sugheretti e piante di corbezzolo scanditi da innumerevoli greggi al pascolo, mentre il sole orma giocava a nascondersi dietro le cime della vicina catena del Limbara. << ...quante, quante pecore.......>> Esclamava Mario con la bocca piena di panadas..........
continua... |
Post n°4 pubblicato il 29 Maggio 2009 da milanoss
foto: SITEMAP La notte a Porto Rotondo
Arrivarono in tarda serata. Nonostante l'orario la villa era illuminata ed i suoi inquilini ancora in piedi, così come tutta la servitù, disposta quasi in fila come se dovessero ricevere un rappresentante reale o chi sa quale sultano. Cosa questa che disturbò non poco il dottore, abituato ad avere un diverso rapporto nei confronti della sua servitù, rimase seccato, anche se il tutto non era altro che un'amichevole accoglienza da parte del suo amico. Questa cosa non la fece passare in sordina, mentre entrava in una grande sala, rivolto verso il padrone di casa, con atteggiamento serio e quasi urtato, e il tutto coadiuvato dagli effetti non ancora svaniti di quell'ottimo vino, lo riprese senza dargli l'opportunità di aprir bocca, minacciando che mai e poi mai avrebbe tollerato un'altra situazione simile. La faccia di Mario era un insieme di variopinte intonazioni, passando ora sul viola ora sul rosso, con uno sguardo smarrito, non certo dalla possibile reazione da parte dell'Alfredo che non ci fu minimamente, ma da quella scenata che altro non ritraeva che un' inconscia volontà di non passare la settimana dentro quella casa, ne tanto meno insieme a quelle austere persone. <<...Ambrogio.. carissimo, come stai? Quanto tempo..>> Esordì il suo amico, quasi come se tutta quella prefazione del dottore non avesse avuto altro risultato che la constatazione da parte dello stesso Alfredo della buona vena del suo vecchio amico. Alfredo Mariannini, socio del dottore in una azienda di raffinerie, divennero anche amici ma non ebbero molte possibilità negli ultimi tempi di vedersi se non raramente e quasi sempre in qualche viaggio d'affari. Passarono un'oretta in quel vasto salone, carico di porcellane tappeti e cere Sarde, panche antiche provenienti dalle montagne del Gennargentus, gruppo montuoso al centro della Sardegna e cima più alta dell'isola, a parlare del più e del meno con diverse persone ospiti anche loro in quella regia. Intanto Mario salutati i presenti andò a dormire. Alfredo, dopo aver nominato l'ingegner Brambilla, fece presente confidenzialmente al dottore, che lo stesso, non aveva poi preso molto bene quella sua improvvisa gita all'interno dell'isola, ma come al solito la mente astuta del dottore iniziò, aiutato dall'ora tarda, a dare i numeri, e come un ottimo commediante trovò subito l'occasione di sviare per l'ennesima volta a quel discorso, raccontando all'improvviso alcune circostanze accadute durante la visita del paese di Oschiri, annoiando con intenzione i presenti, e deviando successivamente con un'enorme e finto, quanto maleducato sbadiglio, congedando in seguito tutti i partecipanti e rimandando alla mattina seguente qualunque altro discorso. <<... sei proprio stanco eh..? Marisa, accompagna il dottore nella sua stanza .....fatti una bella dormita che domani facciamo un bel giro in barca .....>> Così anche quella volta riuscì a sgattaiolare, e dopo aver chiesto scusa e salutato i presenti che prima di quel giorno non aveva mai visto, tranne l'avvocato Mangoni, si incamminò dritto a dormire. Lasciò i tre signori ai loro affari insieme all'Alfredo. Il commendatore Vorghi, un industriale del Varesotto, uomo molto gentile e dai modi signorili. L'avvocato Mangoni, esperto consulente e legale dell'Ingegnere Brambilla, ed un signore strano che, a primo acchito, non sembrava avesse niente in comune con i tre, se non per la passione delle armi antiche, un certo sig. Bianchi, arrivato anche lui in serata nella villa e li a rappresentare un gruppo d'affari internazionale. Infatti sia l'Alfredo che il commendatore, oltre alla passione per l'archeologia, che li accomunava al dottore, avevano una strana mania per tutte quelle armi antiche da essere entrambi citati spesso dalla nota rivista nazionale del settore, della quale rivista l'ingegnere Brambilla ne era editore. La mattina seguente durante una fastosissima prima colazione, il dottore, seduto a fianco del Mario, fece presente all'Alfredo che avrebbe rinviato felicemente una stancante gita in barca, poiché la notte, diceva furbescamente, le aveva fatto cambiare idea, rammentandole un volantino visto per caso appeso alla vetrata di quel locale Oschirese, dove si annunciava una strana processione a cavallo che accompagnava la statua di una madonnina, La Madonna di Castro*. Grande appassionato com'era di tradizioni popolari non volle certo farsi mancare quelle dell'entroterra sardo. << pensavo di seguire questa processione e vedere di cosa si tratta...>> Al che Alfredo, anche lui sensibile a questo genere di cose, sempre attento a non sembrare minimamente risentito da queste altalenanti cambiate di rotta del dottore, non insistete più di tanto e acconsentì tranquillamente alla sua proposta.
continua....
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Post n°5 pubblicato il 29 Maggio 2009 da milanoss
foto: La chiesa di Nostra Signora de Castro è localizzata a circa 5 km. da Oschiri. Fu costruita durante la seconda metà del XII secolo in stile romanico su una precedente chiesa che era stata eretta dal Giudice Mariano I de Lacon Gunale. Fu sede di vescovado fino al 1505. Costruita in trachite rossa, gode di una posizione privileggiata a dominio del vasto panorama della pianura di Ozieri e del lago del Coghinas. L' edificio era originariamente di una sola navata con abside; altri elementi furono aggiunti in periodi posteriori. La facciata, di ammirabile fattura per il taglio e la squadratura dei conci, rivela maestria non comune anche negli accostamenti delle tonalità dei diversi elementi e rivela che, per l' esecuzione dell' opera, furono impiegate maestranze di provata esperienza tecnica. La facciata presenta un portale con arco a tutto sesto inserito fra due lesene le quali la dividono in tre parti e, con la presenza nella parte superiore di un campaniletto a vela a doppia cella, riceve slancio e leggerezza architettonica. L' effetto ad intarsio ottenuto grazie alla presenza di un ordine di archetti ciechi lungo gli spioventi del tetto è rafforzato da una luce a croce la quale, insieme ad un' altra simile nell' abside e a tre monofore a doppio strombo su ognuno dei lati dell' edificio, serve ad illuminarne l' interno severo e suggestivo con copertura in capriate lignee. Lignea è anche la statua dorata della Vergine alla quale la chiesa è dedicata e che qui viene conservata. La cornice esterna che crea il contesto paesaggistico ed ambientale-religioso dominato da questa splendida chiesa campestre è costituito da un perimetro irregolare formato dalle "cumbessias" ed un palazzotto secentesco riservato al clero. La festa si celebra ogni lunedì di Pasqua, quando la Vergine viene portata in processione ad Oschiri per poi proseguire con i festeggiamenti durante l' intera settimana.
fonte: www.sardinian.net |
Post n°6 pubblicato il 05 Giugno 2009 da milanoss
fonte: Mario
Capitolo quarto Le partenze
Erano le otto e mezzo del mattino. Il dottore ancora seduto, intento a finire la sua solita colazione mattutina, diceva che una persona come lui, affinché tenesse sempre in forma quel fisico non più atletico che aveva, dovuto anche alla invidiabile età di 72 anni, doveva assolutamente fare una bella colazione completa e bilanciata, questo forse anche a mascherare una sua forte debolezza, una golosità innata che sempre premeva e cercava di indurlo, a non alzarsi ancora affamato. In realtà questa strana abitudine, egli la apprese nel lontano dopo guerra, quando poco più che trentenne fece parte di una organizzazione umanitaria nazionale, la quale dava il suo contributo per la ricostruzione delle diverse città italiane distrutte dai bombardamenti. Quella stessa visione della fame e disperazione, che mai in prima persona aveva conosciuto, se non nei vari viaggi, lo portò ad averne paura in modo tale da non voler rinunciare, nel corso della sua vita, a nessuna pietanza presente nel tavolo. A Mario questa cosa non andava giù, poiché lui, che mangiava normalmente senza esagerare, si trovava ad avere sempre una solita e prominente rotondità, mentre l'altro pur "divorandosi il mondo", a detta sua, aveva un corpo rigoroso ed in uno stato quasi di grazia, come se il tempo non lo avesse minimamente scalfito. In realtà quella mattina ci furono due partenze, quella dei due turisti, per il centro della provincia, e quella degli smaniosi uomini d'affari, per le coste ed arcipelaghi dell'incantevole Costa Smeralda. La seconda destò uno strano presentimento da parte di Mario, il quale dopo che anche l'ultimo navigante si alzò dall'enorme tavolata, e salutò con uno strano arrivederci, ne fece partecipe il dottore. <<....quella persona non mi piace!.....>> sussurrò nell'orecchio del dottore, riferito allo strano tipo presente tra gli altri. <<...Come la maggior parte di questa gente carissimo...>>. Rispose con aria pacata il dottore. Finita anche l'ultima fetta di pane colma di un burro squisito ed una lacrima di miele di corbezzolo, ennesimo richiamo di quella terra selvaggia ma accogliente, decisero di partire per la volta di Oschiri. La prima cosa che fecero arrivati in paese, fu quella di recarsi nel loro ormai amichevole locale, per pernottare due stanze. Fatto questo Mario scambiò due parole con la solita ed innocente giovinetta sarda, la quale già appena entrati, li accolse con un generoso ben tornati, facendo trapelare un'accomodante semplicità, cosa che la rese, davanti ai due, una persona decisamente gradevole. <<.....Se dovessimo visitare il paese cosa ci consiglieresti di vedere per primo?....>> Chiese Mario alla fanciulla con un modo ormai confidenziale ma riguardoso. <<....sicuramente tra le altre cose, le tante e storiche chiese campestri, tra cui quella della Madonna di Castro..... tra l'altro questa sera ci sarà la processione della stessa Madonna,.. molto interessante ...>> Quella processione era in effetti la prima di due, una che scortava la sacra statuetta dalla sua normale dimora, (chiesetta situata a qualche chilometro dal paese ), alla chiesa principale, l'altra dopo una settimana, in cui veniva venerata dal paese, per dopo riaccompagnarla nella chiesa campestre. Tra gente in costume tradizionale, e uomini a cavallo con stalloni Arabo-Sardi splendidamente addobbati a festa, con altrettanti fucilieri che con le loro armi, queste caricate a salve, accentuavano l'arrivo e partenza della madonna, scandendone il saluto con dei colpi ripetuti, il tutto in una mista funzione religiosa e popolare, osservata con devozione e ammirazione dalle popolazioni del circondario. Inutile descriverne la contentezza e lo stupore con i quali il dottore, per tutta la sera, seguì attentamente quella festa, come altrettanto intuibile fosse da parte di Mario, capire che avrebbero passato più tempo, in quel paese, di quello preventivato inizialmente dal dottore. Il fine serata era una rilassante cena dopo di che, mentre il dottore controllava nel tavolo alcune documentazioni fategli pervenire via fax nell'albergo, Mario, scambiava due parole con alcuni personaggi del paese presenti nel caffè del locale..........
continua........
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il 24/05/2009 alle 19:57