post n.43

Post n°43 pubblicato il 26 Giugno 2007 da romhaus
 
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REDDITO DA PROSTITUZIONE

Nel  sistema  penale  italiano  la  prostituzione  non  è affatto proibita od oggetto di alcun divieto previsto da norme criminali: una persona può, volendolo in maniera libera e cosciente (ciò esclude a priori che un soggetto incapace di intendere e di volere possa esercitare tale attività), cedere le proprie prestazioni sessuali in cambio di un corrispettivo in denaro od in altra utilità economicamente apprezzabile e lo Stato, pur riconoscendo la non conformità alla morale sociale di tale comportamento, non trova alcunché da ridire a questo proposito.
Ad essere vietate, invece, sono le attività di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, che sono esplicitamente represse dall'art.3 della L.20 febbraio 1958, n.75 (cosiddetta legge Merlin), il quale ha sostituito gli originari artt.531 ("Istigazione alla prostituzione e favoreggiamento"), 532 ("Istigazione alla prostituzione di una discendente, della moglie, della sorella"), 533 ("Costrizione alla prostituzione"), 534 ("Sfruttamento di prostitute"), 535 ("Tratta di donne e di minori") e 536 ("Tratta di donne e di minori mediante violenza, minaccia o inganno") del codice penale.
Dalla lettura delle norme della citata legge Merlin si evince chiaramente la tollerabilità della prostituzione da parte dello Stato, il quale non la proibisce, prendendo, così, atto di un fenomeno sostanzialmente ineliminabile e presente in tutte le società civili, ma emerge pure la necessità di combattere il fenomeno del lenocinio in ogni sua forma, che in genere si accompagna alla maggior parte delle persone dedite a tale attività. (…)
Dal punto di vista tributario, peraltro, non esiste alcuna norma che - direttamente o indirettamente - disciplini la prostituzione, ma è indubbio che il fenomeno esiste ed è degno di attenzione anche da parte dei tributaristi, per lo meno in considerazione della necessità di dare compiuta attuazione del disposto dell'art.53, comma 1, della Costituzione ("Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva"), che finora non è sempre riuscita ad assoggettare all'interno del suo dettato tutte le tipologie esistenti di reddito.
In effetti tra le norme del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 non si rinviene una definizione chiara e precisa del concetto di reddito, mentre sono ampiamente disciplinate le fonti di reddito e vi si ritrovano elementi di segno negativo a tale riguardo, oltre al costante riferimento alla corrispettività, che del reddito è un elemento praticamente onnipresente.
A questo riguardo, non si può tacere la caratteristica dell'onerosità, la quale inferisce la presenza - almeno ad opera di una delle due parti del negozio giuridico in questione - della cessione di un bene o della prestazione di un servizio. Essa sussiste pure nel caso della prestazione della prostituta, la quale cede un servizio di carattere sessuale contro un corrispettivo generalmente predefinito mediante una rapida trattativa negoziale con il suo cliente (salvo intervento del prosseneta).
Verificandosi, quindi, l'effettuazione di una prestazione di servizio - per quanto avente come sua precipua caratteristica la natura sessuale di quest'ultimo - e la sua onerosità, non dovrebbero esservi dubbi sulla definizione di reddito da attribuire alla somma così percepita in seguito al mercimonio del proprio corpo.
(…)

Conclusione
In definitiva, si ravvisano elementi in numero più che sufficiente per poter affermare la tassabilità - quanto meno dal punto di vista teorico - del reddito ottenuto mediante l'esercizio del meretricio, essendosi via via dimostrata l'inesistenza di qualsivoglia pregiudiziale contraria tenuto conto che:
- non esiste alcuna norma che preveda espressamente la sua intassabilità;
- esso non è affatto da considerarsi il risarcimento di un danno arrecato alla dignità di chi vende le proprie prestazioni sessuali;
- il Fisco non si ferma a considerare l'immoralità di una condotta comunque produttiva di un reddito in senso tecnico (Fiscus non erubiscet, dice l'antico brocardo romano a tal fine);
- l'esperienza di altri ordinamenti statali europei dimostra che tale forma di entrate può essere assoggettata a tassazione senza notevoli problemi né resistenze da parte dei soggetti coinvolti;
- qualora la prostituzione sia esercitata in forma pienamente autonoma, la sua considerazione all'interno della categoria dei redditi da lavoro autonomo appare conforme sia all'attuale situazione normativa sia alla recente giurisprudenza europea.
Sembra, quindi, nuovamente percorribile la strada dell'invio dell'avviso di accertamento, utilizzando, a tale proposito, la metodologia della determinazione sintetica del reddito così percepito in riferimento alla capacità contributiva dimostrata nelle spese effettuate dalla persona accertata, rispettando, peraltro, la condizione di indicare a quale categoria di reddito (quella derivante dal lavoro autonomo, secondo le motivazioni sopra esposte) gli importi percepiti e non dichiarati vadano ascritti, per poter garantire il pieno rispetto del combinato disposto dagli artt.7 della L.27 luglio 2000, n.212 e 3 della L.7 agosto 1990, n.241 (modificato dall'art.21 della L.11 febbraio 2005, n.15).

Estratto di un articolo de "Il Fisco" n.25/2007

 
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post n.42

Post n°42 pubblicato il 07 Giugno 2007 da romhaus
 
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CANTUNE'...

Avete mai provato,  avendo a che fare con una persona in divisa, la sgradevole sensazione che di fronte a voi ci sta un soggetto imbecille che in abiti borghesi sarebbe solo un povero meschinetto di cui, a buon cuore, ci sarebbe solo che da averne rispetto per carità cristiana e di non poterglielo dire sulla faccia per ovvie ragioni?
Parliamo di chi, ad esempio, un bel giorno che alla guida della vostra auto passate il semaforo con il verde-giallo appena scattato, vi fischia dietro, chiedendovi di accostare, per dirvi che siete passati col rosso…
O di chi all'incrocio, nell'ora di punta, dovrebbe far scattare a mano il semaforo per ottimizzare il flusso del traffico e l'attraversamento dei pedoni e, sul più bello, si ferma a chiacchierare con un vecchio amico che passa di lì ignorando i ripetuti richiami dei malcapitati passanti e creando un casino maggiore di quello che ci sarebbe stato senza la sua presenza…
Luogo del misfatto - non la strada - ma la solita mensa del post n.40… tra i commensali alcuni tavoli sono occupati da giovani vigili in divisa di entrambi i sessi. Mi alzo per riporre il vassoio con i piatti sporchi nel momento in cui alcuni di loro si avvicinano al solito carrello per fare la stessa cosa. Io indosso una sahariana chiara che non ha nulla a che vedere con i colori "sociali" dei vigili. Il posto libero per riporre il vassoio nel carrello rimane in basso e mi devo un po' piegare… Sento una mano che mi dà delle pacche sulla schiena ed una voce femminile che mi dice: "Da bravo, su su… ora fai il ruttino…" Mi giro e la guardo con un'espressione seria aspettando se non delle scuse almeno la spiegazione che il Comune l'ha messa là apposta al servizio dei cittadini ai quali facilitare la digestione… Non si scompone… Non mi dice una parola ed anzi si rivolge ad una collega che aveva notato il mio sguardo e le aveva chiesto spiegazioni, raccontandole l'accaduto come se io mi fossi sostituito all'improvviso ed apposta ad uno di loro… E già, io ho i poteri magici e sono pure dispettoso… Già la immagino in mezzo al traffico con l'autorità che le consente la divisa… Me ne vado scuotendo la testa…
Fortunatamente non porto il numero di targa sul sedere…

 
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post n.41

Post n°41 pubblicato il 14 Maggio 2007 da romhaus
 
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Domande in cerca di risposta:
ci sono novità…

 
Mi trovavo  con una spugnetta in mano a pulire in una cucina che mi ricordava quella dei miei genitori, anche se in realtà l'unica cosa analoga era la porta finestra che affacciava sul balcone. I mobili erano diversi e sistemati in tutt'altro modo e persino la porta che consentiva l'accesso alle altre stanze era collocata all'estremità di un'altra parete. Anzi, non era una vera e propria porta ma una sorta di passaggio, di quelli in cui di solito si usa mettere almeno una tenda di separazione, ma lì la tenda non c'era.
Mentre proseguo nel mio lavoro sento delle voci venire da fuori ed alcuni passi sul balcone. La porta finestra è aperta ed un tizio che non conosco entra e si dirige verso una porta collocata al centro di un'altra parete. La cosa anche se un po' mi infastidisce mi sembra rientrare nella normalità. La casa si trova al primo piano ed una scaletta consente un facile accesso al mio balcone ed il passaggio dalla mia cucina è una sorta di scorciatoia per chi si trova nel retro dell'edificio e vuole arrivare alla scala del palazzo senza doverlo aggirare tutto per arrivare al portone. So che il modo delicato per evitare ad altri di passare, intanto che finisco di pulire, è quello di chiudere la porta finestra anche se questo porterà ad un rialzo della temperatura interna visto che fa caldo.
Non riesco ad arrivare alla porta finestra che proprio mentre il tizio esce, prima che la porta d'ingresso possa richiudersi alle sue spalle, sento una voce femminile che mi chiama per nome chiedendomi di aiutarla. Sul pianerottolo compare una ragazza carinissima, minuta, con lunghi capelli lisci neri che riconosco e con la quale ricordavo di avere avuto in passato una relazione in un momento in cui era stata in crisi col marito. L'abbraccio dicendole che l'avrei ascoltata volentieri e mentre lo faccio mi ritrovo a metterle una mano sul sedere che però al tatto non sento sodo come sembrerebbe guardandola. Mi dice che non c'è tempo e che suo marito sta venendo lì e che anzi era già arrivato. La vedo allontanarsi quasi correndo e mentre io mi giro per andare alla porta finestra e chiuderla, vedo entrare un ragazzo con un'espressione tranquilla che assomiglia al marito di una mia amica di chat. Penso che forse non è lui il marito e che magari come quel tizio di prima è solo uno che vuole passare. Fingo di riprendere le mie pulizie ignorandolo ma vedo che lui, sempre con la stessa espressione tranquilla, invece che verso la porta d'ingresso si dirige verso di me. Quando ormai è a meno di un metro apro gli occhi e… mi sveglio!!! Meno male: dopo aver palpato un lembo del lenzuolo appallottolato almeno i cazzotti nel sonno me li sono risparmiati!
Naturalmente questo sogno mi è rimasto impresso e, a parte il marito della mia amica di chat, per l'occasione trasformatosi nel marito di questa ragazza carinissima, ho pensato che tutto fosse stato solo il frutto dell'immaginario di un sogno. Eppure anche il volto della ragazza, per quanto nella realtà non sia mai successo niente, mi diceva qualcosa. Ho cercato di ricordare chi fosse scavando nei meandri della memoria ma senza venirne a capo.
Qualche giorno dopo mi è capitato di andare alla Posta a ritirare l'ennesima raccomandata della commercialista che si sta occupando della liquidazione della radio e di leggere sulla busta il nome della via in cui si trova il suo studio: mi si è aperto un mondo! In quel momento ho capito chi era la ragazza carinissima, minuta, con lunghi capelli lisci neri apparsami in sogno!
Una sera di tanti anni fa, sicuramente più di 15, ero andato a ballare in discoteca con un mio collega della radio in cui trasmettevo allora. Tra le persone che mi presentò c'era una ragazza carinissima, minuta, con lunghi capelli lisci sulla quale quella sera da giovane single rampante avevo buttato l'occhio. Ricordo che avevo piacevolmente chiacchierato con lei tutta la sera e che mi aveva detto di essere sposata ma in crisi col marito. Lei avrebbe voluto recuperare il loro rapporto senza però privarsi di fare, al limite ognuno per conto proprio, quello che gli piaceva di più. Non ricordo dove fosse lui quella sera mentre lei stava lì a ballare in discoteca manifestando un evidente disagio. Ricordo che, al momento dei lenti, si allontanò dalla pista e rifiutò il mio invito a ballarli insieme perché non lo riteneva corretto nei confronti del marito. Io fui molto gentile tutta la sera e con tatto la misi di fronte alla realtà: se voleva fare separatamente dal marito qualcosa che le piaceva avrebbe dovuto anche godersela senza continuare a misurare tutto, compresi gli sguardi furtivi di altri uomini che passando la spogliavano con gli occhi. Le suggerii di parlare ancora con suo marito e di cercare di arrivare al compromesso di fare tutto insieme accontentandosi una volta per uno. Sospettavo comunque che dietro ci fosse dell'altro ma non forzai la mano perché me lo raccontasse. D'altra parte era la prima volta che mi vedeva e non mi conosceva anche se mi aveva parlato molto. Al momento del ritorno ci ritrovammo entrambi sulla macchina del mio amico che appunto l'accompagnò a casa in quella via della commercialista e salutandola le dissi che mi avrebbe fatto piacere rivederla magari per chiacchierare ancora un po'. Lei mi rispose che non era il momento ma che forse più avanti l'avrebbe fatto molto volentieri: sarebbe stato il destino a decidere se e quando questo nostro nuovo incontro avrebbe dovuto avere luogo. Infatti…

 
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post n.40

Post n°40 pubblicato il 13 Aprile 2007 da romhaus
 
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UFFICIO COMPLICAZIONE
COSE SEMPLICI

Lungi da me l'idea di fare di tutta l'erba un fascio però sono episodi come questo che poi ai maschietti fanno scuotere la testa ed esclamare… donne!

 

Luogo ed ora del misfatto: sala mensa all'ora di pranzo;
Oggetto del contendere: il carrello in cui si ripongono i vassoi con i piatti sporchi al termine del pranzo;
Protagoniste: un gruppo di donne (almeno 6) di età stimata variabile dai 30 ai 45 anni.

 

Un accavallarsi di voci insieme al rumore delle posate che vengono a contatto con i piatti è il sottofondo di una normale sala mensa all'ora di pranzo.
All'improvviso ed all'unisono un coro di voci femminili "Oh! E adesso come facciamo!?" interrompe l'armonia.
Un gruppo di donne, dopo aver consumato il pranzo, nel riporre i vassoi nel carrello più vicino al loro tavolo si accorge che questo è stato sistemato al contrario da una delle inservienti… è il panico: ciascuna di loro cerca una soluzione immediata per risolvere l'intricata matassa e liberarsi così al più presto del fastidioso fardello…
Una di loro rendendosi conto che la colonna alla quale è appoggiato il carrello è meno larga del carrello stesso va dall'altra parte e cerca di sfruttare lo spazio rimasto libero riuscendo con un po' di peripezie ed a rischio di rovesciare il vassoio nell'impresa, seguita a ruota da un'altra.
Un'altra ancora guardando indispettita e con aria di sfida la zona in cui bazzicano le inservienti ripone il suo vassoio in cima al carrello laddove normalmente vanno messe le bottiglie mezze piene, anche lei seguita subito da un'altra.
Le donzelle rimaste non volendo avventurarsi nel complicato infilamento da dietro come le prime due e deluse dal non aver approfittato, finché c'era, dello spazio sopra il carrello si rassegnano e vanno mestamente a riporre i loro vassoi in un altro carrello.
Un uomo, sopraggiunto nel frattempo, osserva la parte finale della scena, appoggia un momento il suo vassoio sopra un tavolo vuoto lì vicino e… gira il carrello dalla parte giusta!!!
"Ooooooohhhhhhh!!!!!!!"
Qualche giorno dopo andando io ed un mio collega uomo a riporre il vassoio abbiamo notato che il carrello era stato di nuovo sistemato al contrario e prima che lui potesse dire "Oh!" avevo già girato il carrello… Non si sa mai…

 
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post n.39

Post n°39 pubblicato il 27 Marzo 2007 da romhaus
 
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TU E LA LUNA

 

La luna non parla
Guarda

Mi indica dove sei
per cercarti di più

Per accarezzarti
nei miei universi
più leggeri
dove il cielo
vero
sei tu

E' il tuo emblema,
la poesia cristallina
del tuo vivere

Oggi
più
di ieri.

 
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post n.38

Post n°38 pubblicato il 25 Febbraio 2007 da romhaus
 
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IL DRAMMA DELL'INNOCENZA

Un titolo apparso su tutte le locandine che pubblicizzavano i vari quotidiani locali di qualche giorno fa recitava all'incirca:

"4 anni, prende l'autobus e va alla ricerca del padre per convincere i genitori a non separarsi".

Non ho letto l'articolo ma penso che ce ne sia abbastanza per riflettere… tutti!!!

 

 
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post n.37

Post n°37 pubblicato il 29 Dicembre 2006 da romhaus
 
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Una donna di strada

I

"Cosa dici, ci si dovrà vestire?" chiese lei.
"Eh?… Ah, forse sì, non lo so… non ho idea."
Pareva, decisamente, che le donne avessero il dono. Tu eri lì che cercavi di riflettere, di concentrarti, per sbrogliarti nelle cose importanti della vita, e loro niente: dovevano continuare imperterrite, a seccarti l'anima con le loro esitazioni e i loro dubbi, i loro piccoli e insignificanti problemi.
"Non ho idea" ripeté senza voltarsi. "Decidi tu."
"Ma non ho niente da mettermi" disse lei.
Lui si alzò su un gomito e si girò a guardarla. Le donne! Ma non si poteva generalizzare. Questa era unica nel suo genere.
"Io non so se ti rendi conto" cominciò con pazienza. "Siamo nei guai fino al collo, possiamo perdere tutto da un momento all'altro, e tu… Ma mi stai a sentire?"
"No. Questa come mi sta?"
"Benissimo."
"Grazie, non m'hai nemmeno guardata. Invece mi sta malissimo e il colore mi sbatte giù."
Continuò a trafficare intorno, nuda come Dio l'aveva fatta, tirando giù e provando, scartando, rimettendo su, gettando via.
"Forse questa. Che dici?"
"Non so, prova a metterla."
"No, è inutile, non va, si vede subito."
"E allora prova a restare così."
"Così come?…Oh!"
Scandalizzatissima. Molto signora. Terribilmente perbene.
Ma anche, rifletté non per la prima volta, terribilmente frivola e leggera. Quale altra donna al posto suo, in una situazione difficile, per non dire disperata, come la loro…
Non gli riuscì d'immaginarsi nessun'altra, però, soprattutto quando lei gli fu tornata davanti ("Come sto?") e poi tra le braccia ("Ma starai attento al vestito?") nella sconvolgente toilette che alla fine aveva scelto.
"Sei unica. Sei l'unica."
"Lo so. Ma stai attento al…"
"T'importa tanto?"
"Niente."
Una donna entusiasmante, con tutti i suoi difetti.
La donna fatta per lui.

 

Solo che, si trovò a rimuginare di nuovo, guardando il cielo del crepuscolo e le ombre, vagamente minacciose, che andavano infittendo in giardino… Solo che, se la situazione era ormai quella che era, la colpa…
"A cosa pensi?" disse lei.
No, lui non pensava e non avrebbe mai pensato, per male che si fossero messe le cose, a dare la colpa a lei. Almeno non tutta.
"A niente di speciale" disse.
Un uomo nella sua posizione, una volta fatta la sua scelta, doveva anche assumersi le sue responsabilità.
"Ma a che cosa?"
Ma con lei il difficile era proprio questo. Persuaderla che le vere responsabilità toccavano a lui. Convincerla a non fare più di testa sua, almeno in certe cose, a non prender mai più certe iniziative.
Rabbrividì. Nel fruscio della prima, profumata brezza della sera, già gli pareva di udire i passi in giardino… la convocazione… la notifica del licenziamento in tronco.
"Senti" disse tremando.
"Sì?"
"Mettiamo che io perda davvero il posto".
"Mettiamo."
"Mettiamo di trovarci davvero in mezzo a una strada."
"Mettiamo. Perché no."
"Ma insomma!" disse prendendola per un braccio e scuotendola.
"Ma uffa!" disse lei arruffandogli selvaggiamente i capelli. "Mettiamo che tu la finissi, di fasciarti la testa prima di avercela rotta?"

 

II

"Sarà un buco" disse lui con falsa modestia, girandosi a guardare intorno mentre lei finiva di sparecchiare, "sarà una topaia, ma intanto non stiamo più in mezzo a una strada."
E dàgli con questa strada.
"Abbiamo un tetto."
E dàgli col tetto. Adesso diceva del focolare.
"Un focolare."
"E dàgli con questa strada!" strillò lei fuori si sé. "Dàgli con questo tetto, dàgli con questo focolare! A sentire te, tutto il gran gusto, tutta la gran cosa della vita sarebbe quella. Ma intanto tu…"
"Intanto io cosa?"
"Niente, lasciamo perdere."
Alzò le spalle, manovrando la scopa a piccoli colpi rabbiosi.
"Scusa, se ti togli un momento dò una spazzata anche lì. Ecco, bravo."
Ma intanto a casa doveva starci lei. Lui, col suo lavoro di adesso, se ne stava in giro dalla mattina alla sera.
Andò a gettare la spazzatura. Lavò le poche stoviglie e restò un pezzo ad asciugarle, tanto per farsi passare i nervi. Preparò qualcosa per lui per la mattina dopo.
Mah, in fondo non sapeva nemmeno lei cosa le fosse preso. Lui non doveva mica divertircisi, poveretto. Alzarsi tutte le mattine a un'ora impossibile, mettersi in giro con qualsiasi tempo, e arrabattarsi tutto il santo giorno di qua e di là, di su e di giù, sudando e rischiando per lei.
Lo guardò che se ne stava seduto nel suo angolo, immusonito e offeso, e corse ad abbracciarlo di slancio. Si sedette accanto a lui, vicino al fuoco.
"Povera stella" disse baciandolo. "Mmmmu."
"Ma intanto io cosa?" disse lui, gelido.
"Niente. Scusa. Lo so che non ti ci diverti mica."
"A fare che?"
"A startene tutto il giorno fuori. In giro. In mezzo alla strada, come dici tu."
"Io, se permetti, non dicevo esattamente questo. Ma dico che per un uomo…"
"Il tetto, lo so. Il focolare. Non stare più in mezzo a una strada. Ma io dico per una donna."
"Per una donna?"
"Ma sì… Perché, insomma, scusa: e se a una donna piacesse, di stare in mezzo a una strada? Se ci si divertisse? Se per lei… se per me… la vita che conta fosse quella?"
"Santo cielo" disse lui. "Ma non ti vergogni?"
"Senti" riprese alla fine d'un lungo momento. "Io non t'ho mai rinfacciato niente: né la perdita del posto né lo sfratto dal vecchio alloggio né la vita miserabile che facciamo adesso. Ma a questo punto…"
Si alzò, si mise a gridare.
"A questo punto" gridò, "ci sarebbe quasi da pensare che tu l'abbia fatto apposta!"
"Ma certo" disse lei piano. "Certo, che l'ho fatto apposta. Non l'avevi ancora indovinato?"
Lui la guardò stupefatto, costernato, allibito.
"Apposta per farci cacciare via?" balbettò. "Ma no, è impossibile… è assurdo… non capisco…"
Lei si strinse nelle bellissime spalle.
E non l'avrebbe capito mai, pensò con lucidità, con calma, con rassegnato e improvviso distacco. Un uomo non poteva capire.
Si alzò anche lei e uscì senza guardarlo, andò a sedersi fuori, nel buio.

 

Qui anche la notte era diversa. Le stelle sembravano più fredde e più lontane. L'aria non era più così dolce e profumata come nel loro giardino d'una volta. Invece delle languide brezze e dei teneri cinguettii, del mormorio sempre uguale del ruscello, qui c'era il rumore dei fiumi ingrossati dalle piogge, lo schianto degli alberi fulminati, gli urli paurosi delle bestie da preda.
Eppure…
Qualcosa frusciò in un vicino cespuglio, facendola trasalire di apprensione e di ribrezzo. Non avrebbe dovuto uscire così, a piedi nudi, pensò stringendosi nella pelliccia ormai logora. Anzi a quest'ora non avrebbe dovuto uscire affatto, almeno da sola.
Oh, al diavolo, non si sarebbe messa a pensare come lui, adesso? Al diavolo.
Il fruscio si ripeté, ma più lontano. Poi un rumore di passi - non quelli di lui - che si avvicinavano.
Dio, pensò, almeno qui potrebbe lasciarci in pace!
"Sei sola? Tuo marito dov'è?"
Lei indicò la soglia vagamente illuminata alle sue spalle.
"Vado a chiamarlo" disse alzandosi.
"No. Sono venuto a parlare con te."
"Altri rimproveri da farmi?"
"Ma no. Vieni. Camminiamo un po'."
Anzi, era venuto a scusarsi, le spiegò mentre camminavano. Lo sapeva benissimo, l'aveva sempre saputo che lei, in quella specie di giardino d'infanzia, non ci avrebbe resistito. E che avrebbe fatto di tutto per farsi mandare via. Suo marito invece, che in fondo… - non si sarebbe offesa se glielo diceva? - …suo marito, che in fondo era sempre rimasto un bambino, da sé non si sarebbe mai deciso. Per cui…
Ah, disse lei tra risentita e lusingata. Così, Lui s'era servito di lei per i Suoi disegni. Avrebbe dovuto immaginarselo.
Be', disse Lui ambiguo, qualche volta i Suoi disegni erano così complicati, che Lui stesso… ma lei non era più una bambina. Certe cose le capiva.
Lei capì soprattutto che la parte più ingrata, in tutta quella storia, sarebbe sempre toccata a lei: tra un marito sempliciotto, infantile, e un'Intelligenza Suprema ma ai limiti dell'incomprensibile.
"Non l'ho mai ringraziata per la pelliccia" disse dopo un silenzio, tanto per dire qualche cosa.
"Era il meno che potessi fare… Ma è tardi. Avrai freddo. Ti riaccompagno a casa?"
S'erano allontanati parecchio, il buio era fitto, lei non era neanche sicura di ritrovare la strada. Ma doveva abituarsi. Una strada o un'altra, giusta o sbagliata… Non era più una bambina, l'aveva detto anche Lui.
"Grazie" sorrise dandoGli la mano. "Grazie, vado da sola."

tratto da "Il cretino in sintesi" di Fruttero e Lucentini 

 
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post n.36

Post n°36 pubblicato il 08 Dicembre 2006 da romhaus
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Il Ras del quartiere

 
Dedicato a chi figli non ne ha (e non ne vuole avere…)

Solo l'orgoglio di un padre per il proprio bambino che cresce… null'altro.

Fabrizio da settembre va all'asilo ed è stato inserito in una classe mista in cui sono presenti bambini di 3-4-5 anni. Essendo nato il 12 ottobre 2003 (vedi post n.15 "La natività… 2003 anni dopo... dalla parte del papà") è il più piccolo della classe.
I primi giorni sono stati faticosi perché il bambino, abituato alla presenza di mamma e papà (e dei soliti noti) non ne voleva sapere di essere lasciato da solo in mezzo a degli sconosciuti. Superate però le difficoltà adesso, invece, risulta difficile il contrario e cioè farlo venire via per tornare a casa.
L'altra mattina appena entrato in classe Fabrizio è stato accolto da un'autentica ovazione da parte dei suoi compagni che invocavano il suo nome: "Fabrizio! Fabrizio!…" La maestra ci ha spiegato che anche tra i bambini si creano dei leader e pare che Fabrizio venga considerato dai suoi compagni come tale. Naturalmente considerando che lui è il più piccolo della classe abbiamo pensato che più che un leader potesse essere per gli altri la mascotte. La maestra ha insistito col termine leader dicendo che il bambino, oltre ad essere dotato di una certa manualità e capacità che è da esempio per altri, è anche molto buono e difficilmente litiga con i compagni.
Pare che il giorno precedente ad un certo punto la maestra si fosse ritrovata con i bambini che stavano facendo una gran confusione in classe ed a dover alzare la voce per ristabilire l'ordine. E mentre i suoi compagni sono rimasti interdetti, fermandosi nel punto in cui si trovavano, Fabrizio, quasi a volerlo fare per tutti, si è avvicinato alla maestra, l'ha abbracciata, l'ha baciata, l'ha accarezzata e le ha chiesto scusa…

Un vero leader si misura dalla forza del cuore.

 
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post n.35

Post n°35 pubblicato il 24 Novembre 2006 da romhaus
 
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PIPìA...

Pena… La badessa adora il bambino.
La badessa non ha un uomo e probabilmente, più che per l'aspetto rotondo, sarà per il suo carattere da zitella acida. L'uomo della badessa è diventato il bambino ed appena può si offre di guardarlo mentre noi si è a lavoro. Si offre di guardarlo… sì, di guardarlo nel vero senso della parola perché non è raro sentire la badessa nell'altra stanza che dice "il bambino ha preso la tale cosa…" crash! "il bambino ha rotto la tale cosa…" E guai a dirle "tu dov'eri mentre il bambino faceva questo" perché la colpa sarà sempre tua. "Se non ti va bene come lo guardo io fallo fare a qualcun altro…" Ma guai poi a farlo veramente, la badessa si offenderebbe a morte e ti condannerebbe alla gogna mediatica.
Dopo il ritorno dalla Sicilia la badessa non avrebbe ripreso subito lavoro ed i primi giorni di settembre, in attesa che Fabrizio cominciasse la sua avventura all'asilo, si era offerta di guardarlo. Poiché il bambino è nella fase in cui sta imparando a fare i suoi bisognini nel vasino o nel water, per non confonderlo, di giorno ha indosso i suoi slippini. Il rischio ovviamente è che al momento di farla non lo dica per tempo e che se la faccia addosso. A Fabrizio piacciono i cartoni animati e soprattutto piace guardarli seduto comodamente sul divano laddove sembra un piccolo pascià. La raccomandazione alla badessa, per il tramite della di lei sorella, era di frapporre fra il sederino del bambino ed il cuscino del divano il telino plastificato impermeabile con sopra un sottile asciugamano: metti caso dovesse succedere in quel momento si evita di fare danni maleodoranti al divano… Il primo giorno torno da lavoro e trovo la badessa ed il bambino seduti sul divano davanti ad un cartone animato e del telino e dell'asciugamano neanche l'ombra. Sto zitto ma segnalo più tardi la cosa a chi ha (forse) facoltà di rivolgerle l'appunto col minimo danno. "Glielo hai detto?" ho chiesto più tardi. "Sì…" è stata la risposta. Il secondo giorno quando entro in casa li ritrovo entrambi seduti sul divano… stavolta il telino e l'asciugamano erano stati posti come dovevano ma giacevano sotto al culo della badessa…

 
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post n.34

Post n°34 pubblicato il 30 Ottobre 2006 da romhaus
 
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LE MELANZANE

Panico... L’imperatore ha una casa in Sicilia.
L’imperatore dice che se non interessa a nessuno andarci in estate finirà per venderla.
E questa casa, che poi è una villetta, ha un po’ di verde intorno dove il contadino coltiva frutta e verdura che talvolta l’imperatore si fa spedire a Genova per la felicità di quelli delle poste che nel tragitto gliene fregano sempre un po’…
Eravamo in attesa dell’arrivo di cugini di mia moglie e passeggiavo sul vialetto davanti a casa con in braccio Fabrizio, al quale indicavo le varie piante nell'orto, quando rimango colpito dal colore viola di alcune melanzane.
"Caro Fabrizio, una bella foto tra le melanzane non te la leva nessuno".
E detto questo sono rientrato a casa a recuperare la macchina fotografica mentre il bambino si metteva al volante della sua 500.
Ritorno sulla soglia di casa e chiamo: "Fabrizio, vieni dai che andiamo a fare la foto con le melanzane!"
E subito da sotto la voce dell’imperatore: "Servono delle melanzane?"
"No, non si preoccupi, non ne servono!" pensando bastasse.
"Ma devo raccogliere delle melanzane?" insiste.
"No, non ne deve raccogliere…" ormai perplesso.
"Ma io ho sentito distintamente la parola melanzane!" incalza.
E qui verrebbe da dire un "Piantala di fare il cretino che hai sessant’anni suonati!" ma il quieto vivere m’impone la risposta diplomatica "Ho visto che nell’orto ci sono delle melanzane e porto Fabrizio a fare una foto…"
"Sì, sì, andiamo a fare una foto vicino alle melanzane!" s’invita.
"Ma chi cavolo ti ha invitato?" penso…
Penso… ma non dico, purtroppo (coniglio), e nel giro di poco ci troviamo in tre vicino alle melanzane che non vedevo l’ora arrivassero i cugini di mia moglie che stavamo aspettando per chiuderla lì…
Purtroppo quelli tardavano e l’imperatore, che in tutte le foto (e nella vita) ha sempre una sola espressione aveva deciso come farsi fotografare: dietro al bambino, piegato sulle ginocchia, che copriva tutte le melanzane… tranne una mezza morta, buttata in terra, che tentava inutilmente di rianimare cercando di incastrarla nel terreno in qualche modo perché nella foto ci fosse almeno una melanzana.
Quando gli ho detto che così messo copriva tutte le melanzane e che tanto valeva la foto andarla a fare da un’altra parte (che coraggio!), l'imperatore preso da un barlume di lucidità, si è spostato dicendo che forse era meglio che la foto la facessi a Fabrizio da solo senza di lui…
E mentre silenziosamente gioivo di questa piccola conquista l’imperatore nota che il bambino non stava in posa in mezzo alle melanzane ma che si era seduto sul gradino lì davanti che fa da bordo all’orto.
Nell’obiettivo avevo quello che volevo ma non quello che voleva l’imperatore che prende Fabrizio di peso e si rimette nella posizione di prima cercando di rianimare la solita melanzana stecchita…
In tutto questo succede che anche il bambino s’indispone e pretende di tornare a sedersi comodamente sul gradino mentre l’imperatore continua a tirarlo… facendogli perdere l’equilibrio!
Fabrizio si rialza e si ritrova attaccata al cavallo dei pantaloncini una grossa spiga che con la manina cerca inutilmente di togliersi tra smorfiette di dolore.
L’imperatore gli dice che non è nulla e di mettersi in posa (sempre dove dice lui) invitando me a scattare mentre insieme a mia moglie, sopraggiunta nel frattempo, prendiamo il bambino ormai con le lacrime agli occhi e gli togliamo i pantaloncini per vedere se ha qualche spina piantata nelle gambine…

 
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