Presenza inquietante
Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * che il denaro non può comprare.......OLTRE IL PONTE
Stasera ho ritrovato una poesia che avevo imparato a memoria alle elementari. Mi era tanto piaciuta già allora perché così piena di significato e di spunti di riflessione. Ed ancora oggi, che bambino non sono più, ogni tanto mi sono ritrovato a ripeterne qualche verso, magari riferendola ad altre circostanze della vita...
O ragazza dalle guance di pesca o ragazza dalle guance d'aurora Avevamo vent'anni e oltre il ponte, oltre il ponte ch'è in mano nemica Non è detto che fossimo santi l'eroismo non è sovrumano Avevamo vent'anni e oltre il ponte, oltre il ponte ch'è in mano nemica
io spero che a narrarti riesca la mia vita all'età che tu hai ora.
Coprifuoco, la truppa tedesca la città dominava, siam pronti
chi non vuole chinare la testa con noi prenda la strada dei monti.
Silenziosa sugli aghi di pino su spinosi ricci di castagna
una squadra nel buio mattino discendeva l'oscura montagna.
La speranza era nostra compagna a assaltar caposaldi nemici
conquistandoci l'armi in battaglia scalzi e laceri eppure felici.
vedevam l'altra riva, la vita, tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte, tutto il bene avevamo nel cuore
a vent'anni la vita è oltre il ponte, oltre il fuoco comincia l'amore.
corri, abbassati, dai balza avanti! ogni passo che fai non è vano.
Vedevamo a portata di mano oltre il tronco il cespuglio il canneto
l'avvenire di un mondo più umano e più giusto più libero e lieto.
Ormai tutti han famiglia hanno figli che non sanno la storia di ieri
io son solo e passeggio fra i tigli con te cara che allora non c'eri.
E vorrei che quei nostri pensieri quelle nostre speranze di allora
rivivessero in quel che tu speri o ragazza color dell'aurora.
vedevam l'altra riva, la vita, tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte, tutto il bene avevamo nel cuore
a vent'anni la vita è oltre il ponte, oltre il fuoco comincia l'amore.
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Un treno che andava a vapore
un giorno si mise a volare...
"Papà, come si chiamano le tue zie?" (Chissà da dove gli è venuta questa domanda...)
"Le mie zie da parte di mia mamma, la nonna ***, si chiamano *** e *** però adesso non ci sono più."
"Sono morte?" (Era ovvio me lo chiedesse!)
"Sì Fabrizio, sono morte… poi una zia da parte di mio papà, il nonno ***, si chiama *** e lei è la moglie dello zio ***, fratello del nonno, te lo ricordi? Quello che aveva un cane grosso."
"Sì, papà, me lo ricordo, aveva anche un gatto… era bello!" (Ops!!!)
"E' vero, ehm! aveva anche un gatto bello… sai Fabrizio tu quello zio l'hai visto un po' fuori di testa ma quando era più giovane era un uomo forte, spiritoso e intelligente. Vedi figlio mio, nella vita succede di fare tante cose, perché si studia, per le capacità che si hanno, per le persone che si incontrano e magari per una dose di fortuna. C'è però una cosa che tante volte si dà per scontata ed è la buona salute. Ma quando la salute comincia a mancare possono essere dolori. Tu hai sentito che con mamma poco tempo fa parlavamo di *** che tu non hai mai visto, ma ti assicuro una persona sportiva, poco più grande di papà che sembrava il ritratto della salute?"
"Sì, papà, è morto, vero?" (Caspita, è attento a quello che diciamo!)
"Purtroppo sì, per un brutto male…"
"E a te manca tanto?" (…!!!)
"Sì Fabrizio, mi manca tanto perché non era solo una persona con cui lavoravo insieme, ma anche un amico… e non avrei mai pensato potesse succedergli così presto!"
"Sai papà, le cose cambiano…" (Ho pianto un'ora di fila…)
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MIGLIOR MOGLIE
(SANTA SUBITO) SE...
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Tra un pilastro e l'altro... Il pomeriggio del 23 settembre don Vito era seduto nella loggia da cui controllava contemporaneamente l'ingresso, il passìo in piazza e le attività della sua famiglia all'interno della portineria. Dopo aver cenato Nuruzza e Vanni Salviato rimasero soli (…) Zu' Peppino Coniglio aveva perso tempo dal fornaio. Ansimava per la ripida scalinata che conduceva in piazza, era in ritardo al Circolo della Conversazione e temeva che qualche altro socio avesse già arraffato la copia de "La Sicilia", negandogli il piacere di leggere il giornale per primo. tratto da "La Mennulara" di Simonetta Agnello Hornby
Conversando gradevolmente col cognato, don Vito commentava: "E' morta mangiata dalla sua ambizione e avidità, femmina rozza e scortese era. Si era estraniata dalla gente sua pari - che poi pari di noi non lo era per niente, figlia di un bracciante era nata - e si era presa tutte le arie degli Alfallipe, come una di loro si sentiva, ma non lo fu mai, e manco poteva esserlo. I figli dell'avvocato non la potevano sopportare e sola come un cane è morta, neanche i nipoti si sono fatti vedere".
"Non te l'ho detto prima di mangiare, per non farti andare di traverso la minestra," disse Nuruzza al marito, "oggi morì la Mennulara."
Vanni Salviato sputò in terra e disse: "Mi pare che l'aria che respiro è fresca e pura, ora che quella non l'appuzza più col suo fiato".
Rimasero in silenzio, poi Vanni aggiunse: "Ci ho perso la salute e la voglia di lavorare, tanto perfida fu con me questa malafemmina, e per giunta cugina tua era".
"Che colpa ne ho io, non sono forse stata la prima a dire ai nostri figli che lei era come se fosse morta e se l'avessero incontrata per strada nessuno dei Salviato doveva salutarla, anzi dovevano girarsi con la faccia dall'altro lato per non vederla?"
Tale fu la sorpresa nel trovare i soliti amici in animata quanto inconsueta conversazione, che non gli passò per la testa di acchiappare il giornale, posato su una sedia, ancora pristino, che lo aspettava. Invece rimase in piedi ad ascoltare, tenendo serrata tra le braccia la sporta, da cui sprigionava il fragrante odore di pane caldo, dimentico dei reumatismi alle gambe.
Don Giovannino Pinzimonio, di anni ottantatré, teneva corte quella mattina. Gli altri soci erano seduti intorno a lui intervenendo di tanto in tanto e aggiungendo particolari alla storia che questi stava raccontando con vivacità: sghignazzavano come ragazzini. Zu' Peppino all'inizio non capì di chi stessero parlando.
"Saliva sugli alberi come una scimmia, un piede qui, una mano là, si metteva a cavallo sui rami, saltava da uno all'altro, si aggrappava a quelli carichi di olive e li scotolava saltellando, come se ballasse, sul ramo di sotto, su e giù," don Giovannino si alzò e prese a mimare i movimenti a gambe larghe, piegando le ginocchia, "scalza si arrampicava, la corteccia dei tronchi non la sentiva ruvida sui piedi nudi, la sfiorava appena tanto era agile e leggera, in sessant'anni di lavoro non ne ho vista una come quella. Le olive cadevano come una grandinata e i picciotti a terra la guardavano a bocca aperta e cercavano di avvicinarsi sotto l'albero, ma la vecchia guardiana li teneva lontani da lei."
"Volevano guardarle le cosce, altro che raccogliere le olive!" esclamò Mario Lo Garbo, gli occhi brillanti al ricordo di piaceri ormai dimenticati. Gli altri ridevano. Ognuno aggiungeva la sua.
"Che gambe!"
"Bona era!"
"Piccola, ma col corpo di femmina!"
"E tu che ne sai, l'hai mai toccata?"
Zu' Peppino chiedeva "Chi?", ma i soci non gli davano retta, assorti e beati com'erano nel ricordo piccante, divertiti alle battute spiritose di cui non credevano esser più capaci.
Don Giovannino finalmente gli rivolse la parola: "Te la ricordi, tu, la Mennulara da bambina quando lavorava nelle terre del barone Putresca?"
"Sì," disse zu' Peppino, deluso perché credeva di essere nel bel mezzo di un pettegolezzo recente su di una persona più interessante della cameriera degli Alfallipe, "ma perché ne state parlando?"
Mario Lo Garbo, ancora con le lagrime agli occhi dalle risate, disse: "Non l'hai letto l'annuncio per strada?, ieri morì".
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MA CI SI PUO'...
...sentire male il 31 dicembre ed essere costretti a trascorrere Capodanno a casa... soli soletti? C'è sempre una prima volta... Buon 2008 a tutti!!!
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SENZA FIATO
I primi anni del mio matrimonio sono stati complicati dal fatto che mia moglie lavorasse a 170 km da casa.
Nell'altra azienda per cui lavoro tempo fa si liberò un posto.
Mia moglie ne aveva i requisiti e chiesi al mio capo di assumerla.
Lui però non lo fece perché la cosa sarebbe stata malvista dagli altri dipendenti per la mia posizione in azienda.
Per quel posto venne assunta una ragazza molto carina che faceva la commessa in un negozio di abbigliamento maschile del centro.
Il mio capo ha una figlia adottiva.
Questo è quello che fa credere agli altri e così la identificano tutti.
Pochi però sanno che in realtà si tratta di un affido familiare.
Quando la figlia adottiva del mio capo arrivò in età da lavoro venne inventata una posizione che prima non c'era.
Stranamente il mio capo non si fece problemi di quello che avrebbero detto gli altri dipendenti.
La figlia adottiva del mio capo ha la tipica bellezza sudamericana delle ragazze del suo paese.
L'altro giorno stavo facendo il giro degli uffici in città per la consegna delle buste paga del mese.
Quando arrivo nel suo ufficio la figlia adottiva del mio capo mi viene incontro sorridente con un'altra collega e mi dice che quella notte mi aveva sognato.
Le ho chiesto se si trattava di un incubo.
Mi ha risposto che non era la prima volta che mi sognava.
E che mi aveva sognato che ero tutto abbronzato e che ne venivo dal mare.
E che lei difficilmente ricordava i suoi sogni.
E che poche volte nei suoi sogni ci sono state delle persone.
E sottolineava che io c'ero già stato due volte.
Le ho detto che avrei preso nota della cosa e che l'avrei tenuta in considerazione per la prossima vita.
Lei però è sicura che nella prossima vita sarà un cane.
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NELLA VITA... Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare.
Non le hai scelte e nemmeno le vorresti,
ma arrivano e dopo non sei più uguale.
A quel punto le soluzioni sono due:
o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti.
Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia,
e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male.
Se le affronti può darsi che la cosa ti faccia a pezzi,
ma dopo avrai tutto il tempo e la forza per rimetterli insieme.
Se scappi sarai in frantumi allo stesso modo
ma il rimorso farà di te una persona a pezzi per tutto il tempo che ti resta.
E saranno pezzi ogni giorno più piccoli…
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Fabrizio in ritardo... Entrando in classe che c’era l’insegnante di sostegno:
…all’asilo in due giorni diversi.
Entrando in classe che c’era la sua maestra:
"Fabrizio… ah! Ci sei anche tu? Ti avevo già segnato assente…"
Mentre lui mogio andava a sedersi al banco vicino ai suoi compagnetti.
L’ho odiata.
"Fabrizio, che bello, sei arrivato! Stavamo aspettando proprio te!!!"
Andandogli incontro e prendendogli la manina.
L’avrei abbracciata.
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FANTASMI Un mendicante tende la mano. L'avaro non gli dà niente, perché cento lire sono sempre cento lire. Il superbo passa senza neanche vederlo. L'iracondo se lo toglie dai piedi con un'imprecazione. Il lussurioso non può certo far aspettare la bella Lalage, né il goloso lasciar scuocere il prelibato risotto né l'invidioso commuoversi per chi vive libero, senza responsabilità e senza pagare tasse. Correva l’anno 1989 e mentre lui correva io incontravo quella che sarebbe diventata la mia prima fidanzata seria della storia della mia vita: quella con la quale ci si promette amore eterno, ci si scambia la fedina e che poi dopo due anni di frequentazione anche in casa, alle prime difficoltà… puff!!!
Ma ecco qualcuno che si avvicina con passo bighellone, occhio disponibile, l'animo sgombro da impegni, rovelli, cupidigie, il borsellino pieno di tintinnanti monete. Si fermerà per l'elemosina? L'uomo rallenta ancora, esita, fa risalire la mano grassoccia e ben curata verso la tasca… ma poi la lascia ricadere mollemente lungo il fianco e si allontana senza fretta e senza rimorsi: troppa fatica, chi glielo fa fare, chi se ne frega, e comunque ci penserà qualche altra anima buona.
Così l'accidioso, peccatore per omissione, ambiguo abitatore di un regno dalle elastiche incerte frontiere, pronto a rifugiarsi quando gli fa comodo negli amabili territori dell'adiacente pigrizia, oppure a mimetizzarsi tra le orientali sabbie del quietismo, dove l'assoluta inattività (la "santa indifferenza") è mistico precetto di vita…
Credo fosse un tardo pomeriggio di novembre (forse dicembre), faceva freddo, tirava vento e noi due, coperti all’inverosimile, eravamo seduti l'una di fronte all’altro sopra una panchina dei giardini pubblici. Non c’era nessuno, solo noi che continuavamo a scambiarci lunghi baci dolcissimi e le auto che transitavano distanti lungo la via. Ad un tratto alle spalle una voce maschile interrompe l’idillio: "Scusa, segnò…"
Mi volto disturbato e vedo un uomo di colore, con gli occhi segnati da tante sottili righe rosse ed il volto pieno di pustole, come di tante punture di insetti, coperte a malapena da una barba mal curata, che mi propone un campionario di calze bianche da tennis. Abbozza un sorriso con denti giallastri, alcuni mancanti, mentre io lo ignoro facendogli un cenno con la mano come a chiedergli di lasciarci in pace. Torno a guardare lei ma sento lui dietro che insiste: "Ho fame, segnò… Ho freddo, segnò…"
Mi giro a guardarlo nuovamente e leggo nei suoi occhi la disperazione di chi in una giornata come quella, con tante persone chiuse in casa al calduccio, deve aver fatto ben pochi affari. Istintivamente apro il portafogli e, scusandomi per averlo ignorato, gli do dei soldi dicendogli di comprarsi qualcosa da mangiare. Lui accenna ancora una volta il suo sorriso sdentato, questa volta colmo di gratitudine e mi chiede di prendere qualcosa dal suo campionario. Gli dico che va bene così e di tenere le calze che voleva darmi per venderle magari all’indomani a qualcun altro. Mi ringrazia ancora e se ne va, mentre io torno a rivolgere la mia attenzione alla fanciulla che, con ben altro sorriso, approva quello che mi dice essere stato un gesto bellissimo. Le do un bacio sulle labbra ma poi mi passa per la mente un pensiero che condivido con lei: "Forse avrei potuto chiedergli come si chiama e da dove viene e magari dargli altri soldi, ho timore che quelli che gli ho dato siano pochi…"
Mi alzo di scatto… non poteva essersi allontanato molto da noi, lo cerco alle mie spalle e poi con lo sguardo in tutte le altre direzioni… in quei giardini pubblici eravamo solo in due… lui non c’era più…
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I BEATI PAOLI Ho conosciuto i Beati Paoli in terza elementare quando per inserire un nuovo maestro nella scuola ci hanno presi in due per classe per formarne una nuova. Ed i Beati Paoli sono sempre stati nel primo banco fin dal primo giorno, erano quelli che studiavano di più, quelli che alzavano sempre la mano per dare le risposte che non davano gli altri e che sapevano fare di tutto (anche far proprie le piccole invenzioni dei compagni comprese le mie). Ed i Beati Paoli erano una sola persona ma erano così pieni di sé che parevano essere in tanti.
Mi sono ritrovato nel banco dei Beati Paoli l'ultimo anno perché così volle il maestro. Subito loro non furono particolarmente entusiasti di questo abbinamento, anche se poi l'accettarono per la curiosità di capire come mai io fossi così tanto bravo con i numeri nonostante quel mio aspetto che nulla aveva a che vedere con quello così snob che li caratterizzava. E forse per cercare di carpire il segreto di questa mia capacità i Beati Paoli col tempo mi invitarono a casa loro a studiare ed a fare i compiti oltreché, vista la giovane età, a giocare.
Ed in quella casa così diversa dalla mia c'era spesso la sorella dei Beati Paoli di un anno più grande con le sue amiche che, se mi salutavano, lo facevano sempre con un senso di fastidio. E nella cameretta dei Beati Paoli c'era un plastico di trenino elettrico, di quelli in scala ridottissima che sapevo costare un occhio della testa che mi era permesso solo di guardare. E quando il trenino sfrecciando veniva deviato in uno dei due binari morti in cui chissà perché non arrivava bene la corrente erano i Beati Paoli che con la dovuta dolcezza dovevano spostarlo con la mano a pinzetta sino a riportarlo dove poteva tornare a muoversi da solo.
La mamma dei Beati Paoli era una maestra elementare ed una volta, prima di lasciarmi tornare a casa, ci interrogò di storia davanti alla figlia ed alle sue amiche per vedere se oltre a giocare avevamo anche studiato. E mentre i Beati Paoli ripeterono la lezione quasi a memoria non ci volle molto a capire che io, nonostante la mia buona volontà, fossi tutt'altro che preparato. Ed una volta i Beati Paoli mi suggerirono sottovoce di salutare almeno la madre col "buongiorno" perché il "ciao" non era adeguato alla differenza di età.
Non durò molto quella frequentazione perché ad un certo punto i Beati Paoli smisero di invitarmi a casa loro ed io patii il dolore di non poter più vedere sfrecciare quel trenino in miniatura.
Passarono gli anni, alle medie non ci ritrovammo nella stessa classe ed anche alle superiori scegliemmo indirizzi diversi. Per strada, se capitava di incontrarci, i Beati Paoli mi salutavano solo se avendomi visto troppo tardi non avevano fatto in tempo a girarsi dall'altra parte o a cambiare strada. Una volta che ormai eravamo intorno ai 18 anni ci ritrovammo a parlare ed i Beati Paoli non poterono far altro che darsi un tono di tutte le belle cose scolastiche, sportive e di classe che avevano fatto finora (e che ancora facevano) e che li vedevano destinati a crescere ed a farsi una posizione importante nella vita in un prossimo futuro. E loro sarebbero partiti in quarta subito, senza perdere nemmeno un giorno di tempo, visto che per conoscenze varie la naja sarebbero riusciti a saltarla.
In tutto questo parlare i Beati Paoli colsero principalmente una parolina che avevo utilizzato per raccontare come fino a poco tempo prima avessi frequentato un gruppo di amici con i quali si giocava a Subbuteo (ndr: calcio da tavola in miniatura). Io ormai giocavo pochissimo ma i Beati Paoli mi proposero ugualmente una partita a casa loro dove naturalmente erano fornitissimi e non avrei avuto altro che l'imbarazzo nella scelta della squadra e degli accessori. Accettai perché memore di quel trenino in miniatura forse sarebbe stata la grande occasione di rivederlo.
Subito però i Beati Paoli non mi fecero entrare nella loro cameretta che stava in fondo al corridoio e mi parcheggiarono in cucina. Qui ad un tratto sbucò una delle amiche della sorella, che ricordavo piccola, che esclamò "oh!" prima di fuggire, per poi tornare poco dopo accompagnata da lei che mi degnò di un saluto, con la stessa rigidità di tanti anni prima, mentre prendeva chissà cosa dal frigo per l'amica.
Quando fummo pronti per iniziare la partita i Beati Paoli mi confidarono una grande cosa: loro avevano appena conquistato la coppa del torneo di non so dove vincendo tutte le partite compresa quella contro l'imbattibile chissà chi. Ed anzi, proprio perché per dei professionisti è riduttivo giocare con le regole dei dilettanti mi proposero di giocare con le loro che mi avrebbero via via spiegato a partita in corso.
Alla fine del primo tempo il risultato era ancora 0-0. I Beati Paoli erano rimasti impressionati da qualche mio colpo definito di fortuna mentre mi spiegavano che finora avevano giocato sottotono per darmi qualche possibilità di segnare almeno un gol.
In quel frangente potei finalmente avere accesso alla loro cameretta dove subito cercai con gli occhi il plastico fino a capire che era collocato sempre al solito posto di tanti anni prima ma coperto da un telo e sommerso da mille altre cose. Gli chiesi di vederlo ed a fatica ottenni che lo scoprissero. Notai subito che alcuni pali della luce della linea ferroviaria in miniatura erano rotti o piegati a terra e che il trenino con i suoi vagoncini erano posti fuori dai binari come se ci fosse stato un deragliamento. Mi sarebbe tanto piaciuto vederlo funzionare ancora una volta ma i Beati Paoli, dicendomi che a breve sarebbe stato destinato in cantina, quasi mi presero in giro per il mio attaccamento ad un trenino così infantile quando c'era da giocare il secondo tempo della partita che li avrebbero visti vittoriosi ancora una volta.
Io ripresi a giocare come nel primo tempo continuando con i miei colpi dai Beati Paoli definiti di fortuna. Da loro continuavo ad aspettare di vedere questo gioco spettacolare e scoppiettante che ne aveva determinato la vittoria in tutte le partite nel torneo di non so dove ed in particolare in quella contro l'imbattibile chissà chi. Invece fui io a segnare per primo tra lo stupore dei Beati Paoli che non se l'aspettavano proprio.
In quel momento la sorella e l'amica fecero la loro ricomparsa in cucina ed i Beati Paoli le coinvolsero come pubblico contando sul fatto di poter facilmente rimediare, capovolgendo il risultato, nel giro di pochi minuti. Ma non fu così perché per me era ormai evidente che confrontandoli con tutti i dilettanti come me contro cui negli anni avevo giocato ne avevo incontrato solo uno più brocco di loro e non ebbi pietà…
La partita finì 3-0 con i Beati Paoli che mi chiesero di dargli la rivincita al più presto per rimettere quanto prima ordine nei giusti valori tra chi aveva sempre giocato tra i dilettanti e chi aveva anche vinto tra i professionisti. Gli risposi che da parte mia non ci sarebbero mai stati problemi e che mi sarei sempre fatto trovare pronto. Sto ancora aspettando…
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Inviato da: cassetta2
il 06/01/2024 alle 07:25
Inviato da: lunetta_08
il 01/12/2023 alle 09:09
Inviato da: sarawest
il 25/10/2023 alle 01:23
Inviato da: sarawest
il 21/10/2023 alle 21:43
Inviato da: alexxia_74
il 20/08/2023 alle 16:29