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COLPA DELLE STELLE, Recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6753 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 

di Romolo Ricapito
BARI, 13 SETT. - Colpa delle Stelle diretto da Josh Boone ha un merito: questo film, al di là della sua effettiva qualità (altalenante) finalmente interrompe la tendenza, tutta italiana, che vede i film drammatici eternamente battuti negli incassi dalle commedie, siano esse belle ma, nella maggior parte, purtroppo assai brutte. Innanzitutto l'opera si basa sul best -seller omonimo, al n.1 nelle classifiche americane del New York Times e scritto da John Green (1977) . In Italia il romanzo ha fatto piazza pulita di tutti gli altri contendenti , posizionandosi subito in vetta alle vendite da inizio estate, ben prima dell'uscita a fine stagione della pellicola omonima . Ancora più rilevante il fatto che non di storia drammatica si tratti, ma drammaticissima; a volte spietata, al limite del sopportabile, con la voglia sadica di far piangere a tutti i costi da parte degli sceneggiatori , anatema che colpisce quasi come un bisturi gli spettatori del grande schermo. Il film ha ricordato a molti il vecchio Love Story, best -seller su celluloide (e anche in quel caso in libreria ) del lontanissimo 1970. Soltanto che in The Fault in Our Stars a morire non è lei, ma lui.... Per sdrammatizzare le vicende dei tre protagonisti principali, adolescenti malati di cancro in fase terminale (almeno in due casi) si è scelta una forma di dialogo vicina allo slang giovanile. Ad esempio, Hazel Grace, la protagonista assoluta (Shailene Woodley, 1991) a proposito dell'educatore che conduce i gruppi di sostegno per i malati di tumore , (diffusissimi negli Stati Uniti) dice: "quello là ha avuto il cancro alle palle". Mentre gli sms che la ragazza scambia col suo innamorato Gus , 18 anni (sofferente di osteosarcoma e già con una gamba amputata!) grazie a una soluzione registica appaiono come fumetti sullo schermo. Il giovane che conquista Hazel Grace è Augustus, detto appunto Gus (Ansel Elgort , 1994) al quale si è accennato. Forte del detto carpe diem, il ragazzo non si perde in convenevoli con troppi inutili corteggiamenti, anche perché il tempo stringe ( per ovvi motivi). Anche lei però non scherza, quanto a condizioni (pessime) di salute : con un cancro alla tiroide esteso finanche con delle metastasi ai polmoni, è malata quanto lui, anzi ormai spacciata . Almeno però , grazie fortunatamente a delle cure sperimentali (un programma ospedaliero al quale ebbe accesso quand'era ancora una bambina) si è salvata in extremis. Insomma, la Morte può Attendere, per citare il titolo di un altro celebre film. L'attrice Woodley è di fatto costretta a recitare con tubicini collegati al naso per l'intero film. Il trittico di sfigati è completato da Isaac, impersonato da Nat Wollf, sugli schermi attualmente anche con la commedia Comportamenti Molto Cattivi. Isaac soffre di un retinoblastoma. Ha un occhio di vetro, ma sta per diventare cieco anche dall'altro . Fatto che avverrà in corso d'opera, ovvero durante il film. E dunque Wollf indosserà da quel momento occhiali neri tipo Rayban. L'ensemble è completato dalla voce fuori campo della protagonista e dall'assunto che la cosa più brutta della morte per un cancro è avere un figlio che ...muore di cancro. Gli adulti: la madre di Hazel Grace , Frannie, è impersonata da Laura Dern (1967) , in passato anche nominata al premio Oscar. Il fatto curioso del personaggio interpretato dalla Dern è quello di oscurare nella sceneggiatura il coniuge ( impersonato dall'attore Sam Trammell, nel ruolo di Michael) in modo totalizzante e anche imbarazzante. L'importanza del padre all'interno dello script è quasi irrilevante, anche se ad esempio è stata appena pubblicata su internet una scena tagliata tra Trammell e la "figlia" dello schermo. Sam Trammell (1969) , a fronte di una Dern un po' sfioritella e come al solito segaligna, si rivela piacente, forse anche più del bolso giovane protagonista e si attesta all'interno della trama come "il miglior figo del Bigoncio". Più attore teatrale che cinematografico, Trammell è ridicolizzato dalla sceneggiatura quando, dopo la morte del fidanzato della figlia, sussurra alla ragazza: ti senti comunque una privilegiata? (per averlo amato) . Hazel Grace reagisce alla frase "demenziale" con un eloquente silenzio. Frannie poi accompagna Hazel ( e fidanzato !) in un viaggio di piacere ad Amsterdam, dove la ragazza vuole a tutti i costi incontrare l'autore del suo romanzo preferito. Mamma "chioccia" (e talvolta davvero onnipresente) Frannie-Dern verrà a un certo punto brutalmente liquidata dal "genero" con la frase: potremmo restare soli un po', almeno a tavola ? Il film sfiora però anche un altro tabù, quello cioè della verginità maschile. Gus si dichiara "illibato " alla sua ragazza : lei è in imbarazzo e "rifiuta" il fatto che un diciottenne americano non abbia mai sperimentato le gioie del sesso. Le teen ager insomma preferiscono un uomo più "navigato" anche se apparentemente candide e delicate.... Ma c'è tanta carne al fuoco. Semplificando, a metà film, Colpa delle Stelle sembra già un collage di Amore senza Fine di Zeffirelli, Love Story (come già detto) e High School Musical. La colonna sonora con molti artisti (non tutti famosissimi, tra gli altri la nota Lykke Li, quella del popolare hit I follow Rivers ) serve nient'altro che ad allungare il brodo. I primi piani dei giovani visi dei due ragazzi , dopo meno di un'ora, sono già stucchevoli. Inoltre, è evidente che l'ambiente è sempre quello di ricchi rampolli , o di gente che vive anche col superfluo. Insomma, i malati della storia abitano bellissime case, sono sempre collegati tra loro on line con vari aggeggi di nuova generazione, compresi gli onnipresenti Pc della Apple. Parafrasando una nota telenovela, " anche i ricchi piangono perché hanno il cancro". Il viaggio ad Amsterdam, propedeutico per l'incontro con Van Houten, romanziere preferito della ragazza ( perché narratore che crea storie di malati di cancro terminale, giusto per continuare a farsi del male... ) segna una doppia svolta: interrompe la noia della trama e introduce un Willem Dafoe strepitoso. Dafoe, nel ruolo dell'intellettuale ubriacone che affoga nel whisky , è la cosa migliore del film. Iperrealistico: perché pur parlando fuori dalle righe ai suoi due ospiti americani, li libera da troppe fantasie malate. C'è poi una simbolica visita alla casa di Anna Frank dei due innamorati, madre di lei ancora al seguito . La Frank è l'epitome degli adolescenti colpiti da ingiustizie. Nel suo particolare caso, le persecuzioni razziali e la guerra furono la loro causa, nel caso dei ragazzi della storia, il destino cinico e baro che li sottopone a sofferenze impensabili , causa una salute troppo malferma . Nell'ultima parte si respira morte e tragedia ogni momento, con dialoghi spietatissimi e scene che sono affondate nel dolore più cupo, volutamente. Il risultato è ibrido: da un lato ci si commuove, dall'altro si tocca ferro. E poi in tanta perfezione formale (la regia è ottima e così le scene,benissimo fotografate ) non si capisce una cosa soltanto : come mai in una sequenza , sia pur breve, Laura Dern reciti con le ascelle sudate. Errore imperdonabile per un cinema attento ai dettagli e all'eleganza formale come quello americano.
-ROMOLO RICAPITO

 
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