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Messaggi del 30/12/2014

Sex Tape-Finiti in rete Recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6754 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 12 SETT. - Sex Tape-Finiti in Rete con Cameron Diaz è un film esplicito sin dalla prima scena, perché mostra l'attrice nata a San Diego nel 1972 in tutto lo splendore (nudo) del suo lato B. Ma è veramente lei o una sua controfigura? L'approccio della trama è molto "hard" soprattutto nei primi quindici minuti (ma anche nell'ultimo quarto d'ora ...) . Momenti che rimangono i migliori del film perché sono quelli più"veri". Il resto è un concentrato di ipocrisie, trash e sceneggiatura traballante. Ma andiamo per gradi, allora. L'intesa sessuale di una giovane coppia, formata da Amy (la Diaz) e Jay (Jason Segel ) è indagata sin dall'inizio, quando cioè è al massimo del suo fulgore. Il film non si fa pudore nel documentare le erezioni spontanee di Jay (un tabù nel cinema) quando 'uomo è al vertice della sua potenza sessuale. L'altro tabù che viene affrontato è il sesso durante la gravidanza (dopo che la coppia si è accasata). Logicamente, l'intesa fisica decade con l'arrivo dei figli (in questo caso due, un maschio e una femmina) ma la coppia è determinata a programmare un ritorno al sesso in maniera libertina , una volta che sarà libera dai vari impegni del suo incessante tran tran quotidiano. Anche le disfunzioni erettili causate da troppo lavoro sono documentate senza falsi pudori. La sceneggiatura sembrerebbe una sorta di trattato di Masters e Johnson, la coppia di sessuologi americani che studiò con infinite e circostanziate statistiche i comportamenti sessuali degli esseri umani, soprattutto quelli delle coppie sposate . Il riferimento calza a pennello, anche perché i due trentenni (ma gli attori hanno qualche anno di più...) si ispirano a un certo punto della trama al libro La Gioia del Sesso, best -seller americano degli anni '70 di Alex Comfort che mostra, con disegni a volte anche buffi, infinite posizioni negli rapporti sessuali : atti che i protagonisti vogliono imitare, girando un filmato pornografico per uso personale. Il ricorso alla pornografia attiva dovrebbe rivitalizzare un ménage un po' stanco. Il video "sconcio" però finisce in rete, perché Jay, invece di cancellarlo, lo distribuisce a pioggia, per errore, sugli i-Pad che ha precedentemente regalato a parenti e amici, suocera compresa. Egli infatti, lavorando in una stazione radio, è solito comporre delle play list di canzoni o di film che condivide con i più stretti conoscenti, tramite appunto l' i-Pad. Qui il film mostra il segno, sia perché la trama d'inizio è giunta al capolinea (non può certo sostenere un film per intero!) ma anche in quanto una volta chiarito l'equivoco , i rimedi da approntare al fine di scongiurare la visione dell'home video -porno alle persone vicine ( almeno alla maggior parte di esse) risultano più che logorroici da seguire per chi è in sala . La sceneggiatura a metà dunque arranca , proponendo una serie di eventi a catena, ovviamente sempre legati al famoso 'equivoco principale. Le schermaglie degli interpreti paiono inoltre una sorta di passatempo inutile di una coppia semplicemente ricca e annoiata. C'è poi il figlioletto grasso e antipatico di un'altra coppia di amici che ricatta Amy e Jay , in quanto egli minaccia di postare il video dello scandalo sul sito You Porn. Il ragazzetto spiega di avere una copia dell' Mp4 e che solo lui può interrompere la ventilata distribuzione a catena. Tutti questi dettagli tecnici "rompono le scatole" agli spettatori, soprattutto a quelli che conoscono meno la rete, ma anche a chi sa usare bene internet, risultando in toto indigesti. . Inoltre la sezione dove i coniugi si introducono di nascosto all'interno del fabbricato "sede" di You Porn è pessima, con il dirigente del "famigerato" sito che moralizza e fa il filosofo sulla solitudine delle coppie americane , stato esistenziale che spingerebbe queste a divulgare i loro atti sessuali al mondo intero in forma virale. Ma è anche brutta la parte che coinvolge Rob Lowe, nei panni di Hank, un dirigente dell'industria di giocattoli con la quale Amy collabora . . Hank è un uomo ricchissimo che, durante una vacanza della sua famiglia ( quest'ultima momentaneamente assente da casa) si dedica ai suoi piccoli piaceri proibiti, quelli cioè che non ha potuto coltivare nella sua giovinezza repressa: la cocaina e l'ascolto di band come gli Slayer (testi di nazismo, satanismo,assassini seriali). Il ruolo è adatto a Lowe, attore di 50 anni che sembra ancora (quasi) un ragazzino. Ma la parte affidata a Rob Lowe assomiglia troppo al ruolo da lui già interpretato del chirurgo plastico corrotto e tossico nel recente Dietro i Candelabri. Inoltre lo sketch del cane lupo di Hank che insegue Jay mentre quest'ultimo, di nascosto. tenta di appropriarsi dell'i-Pad del loro ospite ( la scusa per introdursi in casa dell'uomo è farsi dare dei soldi da destinare a una charity) è demenziale e inutile. Insomma , un film davvero poco riuscito, che in America si è rivelato quasi un flop e che risulta divertente forse soltanto nell'ultima parte, quando il contenuto del famoso sex-tape verrà finalmente "mostrato" agli spettatori (con le dovute censure, ma non tanto...)".

 

 

ROMOLO RICAPITO

 

 
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COLPA DELLE STELLE, Recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6753 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
Foto di romolor

di Romolo Ricapito
BARI, 13 SETT. - Colpa delle Stelle diretto da Josh Boone ha un merito: questo film, al di là della sua effettiva qualità (altalenante) finalmente interrompe la tendenza, tutta italiana, che vede i film drammatici eternamente battuti negli incassi dalle commedie, siano esse belle ma, nella maggior parte, purtroppo assai brutte. Innanzitutto l'opera si basa sul best -seller omonimo, al n.1 nelle classifiche americane del New York Times e scritto da John Green (1977) . In Italia il romanzo ha fatto piazza pulita di tutti gli altri contendenti , posizionandosi subito in vetta alle vendite da inizio estate, ben prima dell'uscita a fine stagione della pellicola omonima . Ancora più rilevante il fatto che non di storia drammatica si tratti, ma drammaticissima; a volte spietata, al limite del sopportabile, con la voglia sadica di far piangere a tutti i costi da parte degli sceneggiatori , anatema che colpisce quasi come un bisturi gli spettatori del grande schermo. Il film ha ricordato a molti il vecchio Love Story, best -seller su celluloide (e anche in quel caso in libreria ) del lontanissimo 1970. Soltanto che in The Fault in Our Stars a morire non è lei, ma lui.... Per sdrammatizzare le vicende dei tre protagonisti principali, adolescenti malati di cancro in fase terminale (almeno in due casi) si è scelta una forma di dialogo vicina allo slang giovanile. Ad esempio, Hazel Grace, la protagonista assoluta (Shailene Woodley, 1991) a proposito dell'educatore che conduce i gruppi di sostegno per i malati di tumore , (diffusissimi negli Stati Uniti) dice: "quello là ha avuto il cancro alle palle". Mentre gli sms che la ragazza scambia col suo innamorato Gus , 18 anni (sofferente di osteosarcoma e già con una gamba amputata!) grazie a una soluzione registica appaiono come fumetti sullo schermo. Il giovane che conquista Hazel Grace è Augustus, detto appunto Gus (Ansel Elgort , 1994) al quale si è accennato. Forte del detto carpe diem, il ragazzo non si perde in convenevoli con troppi inutili corteggiamenti, anche perché il tempo stringe ( per ovvi motivi). Anche lei però non scherza, quanto a condizioni (pessime) di salute : con un cancro alla tiroide esteso finanche con delle metastasi ai polmoni, è malata quanto lui, anzi ormai spacciata . Almeno però , grazie fortunatamente a delle cure sperimentali (un programma ospedaliero al quale ebbe accesso quand'era ancora una bambina) si è salvata in extremis. Insomma, la Morte può Attendere, per citare il titolo di un altro celebre film. L'attrice Woodley è di fatto costretta a recitare con tubicini collegati al naso per l'intero film. Il trittico di sfigati è completato da Isaac, impersonato da Nat Wollf, sugli schermi attualmente anche con la commedia Comportamenti Molto Cattivi. Isaac soffre di un retinoblastoma. Ha un occhio di vetro, ma sta per diventare cieco anche dall'altro . Fatto che avverrà in corso d'opera, ovvero durante il film. E dunque Wollf indosserà da quel momento occhiali neri tipo Rayban. L'ensemble è completato dalla voce fuori campo della protagonista e dall'assunto che la cosa più brutta della morte per un cancro è avere un figlio che ...muore di cancro. Gli adulti: la madre di Hazel Grace , Frannie, è impersonata da Laura Dern (1967) , in passato anche nominata al premio Oscar. Il fatto curioso del personaggio interpretato dalla Dern è quello di oscurare nella sceneggiatura il coniuge ( impersonato dall'attore Sam Trammell, nel ruolo di Michael) in modo totalizzante e anche imbarazzante. L'importanza del padre all'interno dello script è quasi irrilevante, anche se ad esempio è stata appena pubblicata su internet una scena tagliata tra Trammell e la "figlia" dello schermo. Sam Trammell (1969) , a fronte di una Dern un po' sfioritella e come al solito segaligna, si rivela piacente, forse anche più del bolso giovane protagonista e si attesta all'interno della trama come "il miglior figo del Bigoncio". Più attore teatrale che cinematografico, Trammell è ridicolizzato dalla sceneggiatura quando, dopo la morte del fidanzato della figlia, sussurra alla ragazza: ti senti comunque una privilegiata? (per averlo amato) . Hazel Grace reagisce alla frase "demenziale" con un eloquente silenzio. Frannie poi accompagna Hazel ( e fidanzato !) in un viaggio di piacere ad Amsterdam, dove la ragazza vuole a tutti i costi incontrare l'autore del suo romanzo preferito. Mamma "chioccia" (e talvolta davvero onnipresente) Frannie-Dern verrà a un certo punto brutalmente liquidata dal "genero" con la frase: potremmo restare soli un po', almeno a tavola ? Il film sfiora però anche un altro tabù, quello cioè della verginità maschile. Gus si dichiara "illibato " alla sua ragazza : lei è in imbarazzo e "rifiuta" il fatto che un diciottenne americano non abbia mai sperimentato le gioie del sesso. Le teen ager insomma preferiscono un uomo più "navigato" anche se apparentemente candide e delicate.... Ma c'è tanta carne al fuoco. Semplificando, a metà film, Colpa delle Stelle sembra già un collage di Amore senza Fine di Zeffirelli, Love Story (come già detto) e High School Musical. La colonna sonora con molti artisti (non tutti famosissimi, tra gli altri la nota Lykke Li, quella del popolare hit I follow Rivers ) serve nient'altro che ad allungare il brodo. I primi piani dei giovani visi dei due ragazzi , dopo meno di un'ora, sono già stucchevoli. Inoltre, è evidente che l'ambiente è sempre quello di ricchi rampolli , o di gente che vive anche col superfluo. Insomma, i malati della storia abitano bellissime case, sono sempre collegati tra loro on line con vari aggeggi di nuova generazione, compresi gli onnipresenti Pc della Apple. Parafrasando una nota telenovela, " anche i ricchi piangono perché hanno il cancro". Il viaggio ad Amsterdam, propedeutico per l'incontro con Van Houten, romanziere preferito della ragazza ( perché narratore che crea storie di malati di cancro terminale, giusto per continuare a farsi del male... ) segna una doppia svolta: interrompe la noia della trama e introduce un Willem Dafoe strepitoso. Dafoe, nel ruolo dell'intellettuale ubriacone che affoga nel whisky , è la cosa migliore del film. Iperrealistico: perché pur parlando fuori dalle righe ai suoi due ospiti americani, li libera da troppe fantasie malate. C'è poi una simbolica visita alla casa di Anna Frank dei due innamorati, madre di lei ancora al seguito . La Frank è l'epitome degli adolescenti colpiti da ingiustizie. Nel suo particolare caso, le persecuzioni razziali e la guerra furono la loro causa, nel caso dei ragazzi della storia, il destino cinico e baro che li sottopone a sofferenze impensabili , causa una salute troppo malferma . Nell'ultima parte si respira morte e tragedia ogni momento, con dialoghi spietatissimi e scene che sono affondate nel dolore più cupo, volutamente. Il risultato è ibrido: da un lato ci si commuove, dall'altro si tocca ferro. E poi in tanta perfezione formale (la regia è ottima e così le scene,benissimo fotografate ) non si capisce una cosa soltanto : come mai in una sequenza , sia pur breve, Laura Dern reciti con le ascelle sudate. Errore imperdonabile per un cinema attento ai dettagli e all'eleganza formale come quello americano.
-ROMOLO RICAPITO

 
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Resta anche domani, Recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6752 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
Foto di romolor

di Romolo Ricapito
BARI, 20 SETT. - RESTA ANCHE DOMANI , film drammatico girato in Canada a Vancouver con attori poco noti, inevitabilmente si assoggetta a uno spontaneo confronto con Colpa delle stelle, che l'ha preceduto di qualche settimana nell'uscita sugli schermi italiani. Il motivo è evidente; anche If I Stay ( è il titolo originale della pellicola, ovvero "Se Rimango", tradotto ) appartiene al genere lacrimoso-sentimentale dove la morte, (possibile, probabile o "già" pervenuta) è una variante nella vita degli adolescenti delle storie che vengono rappresentate. Vuoi perché dei sopravvenuti e improvvisi lutti la rendono vicina e tangibile, oppure in quanto essa minaccia pesantemente con i suoi "artigli" i giovani protagonisti. Qui il personaggio principale è una giovane violoncellista, Mia, interpretata dall'attrice Chloë Grace Moretz (1997) , che vive in una famiglia medio-alta: il padre Denny (Joshua Leonard) è un insegnante di letteratura, ma con animo da rockettaro: un passato da cantante in borchie di pelle e una band locale nella quale suona ancora per hobby. La madre Kat (Mireille Einos) è una casalinga, agente di viaggio part time. Il fratellino, Teddy, è un dolce e innocente biondino, ancora in tenera età. Mia è una violoncellista provetta, capace di comporre in maniera avanzata e di eseguire la musica di Beethoven (il suo compositore preferito) o di Schubert. Questa passione la rende dissimile dal padre, amante di Iggy Pop e Alice Cooper, artisti che anacronisticamente ripropone ai figli, almeno nei racconti . Ma c'è un terzo elemento, il giovane Adam (Jamie Blackey, 1991) , anch'egli un rocker. Egli conquisterà il cuore di Mia col più classico degli stratagemmi: invitarla a un concerto classico, del quale ovviamente non gli importa nulla. L'intraprendente Mia, intanto, ha fatto già richiesta di ammissione per la prestigiosa Juillard School, un noto conservatorio con sede a N.Y. Un incidente d'auto scompagina il tutto: la famigliola di quattro persone esce di strada causa neve (il film è ambientato a Portland, Oregon) . La strada immacolata, ma ghiacciata e innevata ( dunque parecchio insidiosa) provoca una tragedia. Mia osserva fuori nella neve gli eventi: ella è una proiezione di se stessa, ormai in coma. Tramite questo espediente la vedremo all'opera, sia come "fantasma" , che come ragazza in carne e ossa prima del sinistro, ma protagonista a tutto tondo di una storia che si basa appunto essenzialmente sui flashback. Ritornando indietro, vediamo come i genitori "impiccioni" si interessino della sua nascente storia con Adam. Essendo il ragazzo un aspirante cantante rock , è benvoluto dal padre, causa un ovvio transfert. Completa il tutto un'amica lesbica di Adam, personaggio di puro contorno recitato dall'oriunda Liana Liberato. Veniamo al dunque però: i flashback di vita vissuta si susseguono nella loro quotidianità e diremo anche , banalità. C'è un primo approccio sessuale tra gli innamorati della storia: "Voglio andare piano" , gli intima lei, mentre sono già posizionati nell'alcova. "Adoro andare piano" è la furba risposta di Adam. Il confronto con la pellicola "consimile" , cioè Colpa delle Stelle, è in perdita, perché per Resta anche domani gli autori hanno badato un po' troppo al risparmio, con attori poco noti e ambienti ben più modesti rispetto al primo. Arriva la sospirata "prima volta": "Immagina come se stessimo suonando insieme" è l'avvio del ragazzo alla perdita della verginità della fidanzatina. Ragazzetta che si mostra subito vogliosa di imparare lo "strumento", con un anticipo di baci erotici degni del Kamasutra e stampati sul giovane come delle note "giuste" sul pentagramma. Nella seconda parte il film scade: si svela più drammatico di quanto immaginato e, di pari passo, emerge una rivalità tra i due fidanzati-musicisti. Adam, che ha già provato forme di abbandono in famiglia , non vorrebbe essere lasciato, qualora la sua bella fosse ammessa al conservatorio a New York. Ma il confronto tra i due è impari: Adam esegue durante il film con voce improbabile certe canzonacce con le quali aspirerebbe a diventare famoso, assieme al suo gruppo di musicisti .Lei, invece, è una sorta di genio dell'esecuzione. La forza perversa del film è ben altra: essa consiste nel causare i tanti lacrimoni che luccicano in sala come "empatia" a triplici disgrazie. Perché scopriamo infatti che la madre di Mia è già bella e morta dopo l'incidente. Una sequenza ce la mostra mentre la chiudono in un sacco: destinazione obitorio. Il padre però pare essersi salvato. Macché: dopo un po' crepa anche lui, tra la disperazione degli anziani genitori. Il nonno di Mia, interpretato da Stacy Keach,(1941) è l'unico nome di una certa notorietà del cast. Per fortuna si salva il piccolo fratellino. Ma solo inizialmente : un'emorragia epidurale se lo porterà via. La proiezione di Mia, viva sullo schermo mentre giace invece intubata in una stanza d'ospedale, assiste impotente a tutti questi orrori. Purtroppo il difetto del film non è solo la sua malinconia, ma il cercare di allungare il tutto con delle scene inutili e decisamente indigeste, sia per morbosità ,ma (soprattutto) per una forma "esagerata" di insano compiacimento. Il trailer del film, lungi dal richiamare la "iettatura" dell'intreccio , mostrava a tradimento una bella festa in giardino con falò notturno, con tutti i protagonisti ritratti belli e sorridenti . Il romanzo da cui è tratto il film è stato scritto da Gayle Forman nel 2009 ed è stato edito in Italia soltanto in luglio, da Mondadori (15 euro). Il regista, R.J. Cutler, con mano sadica, ma nonostante tutto abbastanza efficace, accompagna il tutto . Nella vita è anche documentarista e regista teatrale. La sceneggiatura di Shauna Cross (che è anche una pattinatrice) "sbanda sul ghiaccio", non soltanto quello dell'incidente d'auto , ma su una impietosa freddezza d'impianto studiata a tavolino. Degli attori, colpiscono soltanto la brava protagonista e il nonno, i già citati Grace Moretz e Stacy Keach.


ROMOLO RICAPITO

 

 
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ANNABELLE, recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6751 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 3 OTT. - ANNABELLE è un horror a basso costo diretto dall'oriundo John R. Leonetti, allievo del direttore di fotografia italiano Vittorio Storaro. In esso si narra l'antefatto di quanto mostrato in The Conjuring-L'evocazione, che fu campione d'incassi anche in Italia. Il trait d'union tra le due pellicole dovrebbe essere una bambola orribile, oltre che gigantesca: Annabelle. Questa bambolona sarebbe posseduta dall'anima di una bimba rimasta orfana. La prima parte si volge a Santa Monica, California, in un'atmosfera di attesa. Una giovane donna incinta, Mia (la bionda Annabelle Wallis, un incrocio tra Nastassja Kinski e Lorella Cuccarini ) assieme al marito John (Wand Horton, una specie di giovane Dottor Kildare come aspetto, misto all'estetica del presentatore italiano Massimiliano Ossini) inaugura una nuova casa. Lui è uno specializzando in medicina, lei non fa nulla. L'ambientazione risalirebbe ai tardi anni' 60, in quanto in un filmato trasmesso in tv, Mia segue le cronache in bianco e nero riportanti il Massacro di Bel Air , 1969. Sullo schermo si intravede anche il criminale Charles Manson. Gli autori si sono ispirati al film di Roman Polanski Rosemary's Baby. E non a caso, il nome della protagonista (Mia) riecheggia quello dell'attrice principale di quel film: Mia Farrow. Mentre il coprotagonista di quell'opera era John Cassavetes: anche il marito del film allora si chiama John. Nonostante il budget ridotto, "Annabelle" si distingue per una certa eleganza formale e accuratezza nelle inquadrature. La citazione del massacro di Bel Air ha una sua "riproduzione" sullo schermo con un'aggressione che Mia subisce in casa da parte di una coppia di mezzi invasati, un uomo e una donna. Le citazioni si succedono inarrestabili : il film sembra un po' l'Esorcista e un po' Amytiville Horror, oltre al già citato Rosemary's Baby. Ma la sceneggiatura non sviluppa un'identità propria e questo si rivelerà un disastro nella seconda parte del film: Annabelleinfatti si dimostra un flop annunciato perché noioso non soltanto come horror, ma proprio come film a sé stante. Si parla di sette, come quella che una certa giovane Annabelle ( che ammazzò i genitori) frequentò. Queste sette sono ovviamente ricettacoli di satanisti. . E membri della setta sono appunto la figlia degli Higgins (i vicini massacrati) e il di lei compagno, "assassini nati". Decisamente i particolari, la confezione, gli arredi etc...superano la vicenda stessa. Ad esempio, la protagonista segue alla televisione in bianco e nero la soap opera General Hospital e un programma a colori nel quale i comici parlano della nostra Sofia Loren. Tutta l'esteriorità conseguente è piacevole, ma come un involucro di lusso e stop. Pare che, in maniera allargata, gli ideatori si siano sbizzarriti a organizzare un insieme di luoghi comuni rivestiti di vintage, il tutto più per un gusto autoreferenziale e narcisista da cinefili che da veri cineasti. E dunque l'intera operazione -"Annabelle"è definibile come un'esercitazione di un gruppo di appassionati del cinema anni Sessanta, che tentano scioccamente di riprodurre e reintrodurre nel cinema del 2014, con risultati davvero ibridi. Ad esempio, si è cercato di ricreare nei dettagli, con l'utilizzo di una carta da parati scura. ambienti paurosi o d'epoca. Non a caso tra l'altro , il film ispiratore (Rosemary's Baby) fu ambientato al Dakota House, celebre residenza che ospitò il Beatle John Lennon, ucciso sulla soglia di casa da un folle nel 1980 . Questa sinistra magione di New York è riprodotta in una sorta di succedaneo , i Palmeri Apartments, un sinistro residence di appartamenti a Pasadena, dove la coppia si rifugia nella seconda parte. La Chiesa Cattolica nel corso dell'intreccio è intesa come "ultima spiaggia", ovvero la soluzione per quei problemi che non possono essere risolti razionalmente, . ma con la forza dello spirito... Nell'ultima mezz'ora la debacle è evidente. Sino a quel momento, la bambola disgustosa che doveva muovere l'intera rappresentazione è stata inattiva, come un soprammobile inutile , vigile e muta a fronte dei tanti accadimenti sgradevoli. C'è poi una libraia di colore (Evelyn) che definisce se stessa "anziana", interpretata da Alfe Woodward. Ma in realtà è sui 55. La Woodward più che una libraia sembra la "fattucchiera buona" che vuole risolvere l'enigma del film, improvvisandosi come una specie di esorcista. Qui è presente un'altra mezza citazione: la Whoopi Goldberg di Ghost. L'attrice di colore è la cosa migliore del film come pura recitazione: non a caso, ha nel curriculum una nomination all'Oscar e un Golden Globe vinto assieme a numerosi altri premi. Sorge, più che il dubbio, la certezza, che gli sceneggiatori siano stati abili, ma soltanto nel copiare e nel riproporre una minestrina, neppure tanto riscaldata, ma raffreddata da una suspence insufficiente, che non può essere sorretta per tutta l'ora e mezza scarsa di durata. E' per questo che Annabelle si delinea alla fine come un film non riuscito e davvero indegno dell'ispiratore, l'Evocazione. E quello che è peggio, deluderà i numerosi appassionati che già si stanno precipitando in sala a vederlo, sperando in brividi di paura, che però in sala diventeranno di freddo, per l'aria condizionata ancora accesa nonostante sia ormai.autunno...


ROMOLO RICAPITO

 

 
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PONGO, IL CANE MILIONARIO recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6750 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 30 SETT. - PONGO-IL CANE MILIONARIO è un film spagnolo del 2014 scritto e diretto da Tom Fernàndez e concepito in patria anche per il 3D che in Italia, a dispetto delle previsioni, sta scalando le classifiche. Domenica 28 settembre, ad esempio, la pellicola che vede come protagonista un Jack Russel terrier si è classificata al terzo posto dopo Lucy di Luc Besson e Tartarughe Ninja, precedendo La Buca con la coppia Castellitto-Papaleo e l'altro film per ragazzi dal titolo L'incredibile storia di Winter il delfino 2. La trama vede Pongo, un cane che vive da solo in una villa miliardaria con piscina e sculture da giardino : la bestiola è molto viziata e passa tutto il tempo divorando pop corn e davanti ai videogiochi preferiti . Addirittura ha una bella e giovane massaggiatrice orientale e un avvocato, Alberto, che è una sorta di suo tutore ( ma lui si definisce "segretario personale") il quale allena il cane a fronteggiare eventuali malintenzionati. Il ruolo è interpretato da Ivan Massaguè . Le scenografie sono bellissime e ottima è la fotografia; l'allestimento risulta pari alle pellicole miliardarie di Hollywood. La trama è demenziale e ricorda nella prima parte Mamma, ho perso l'aereo, a causa dei malintenzionati al soldo di Montalban (Armando Del Rio) , un affarista spregiudicato che vorrebbe rapire Pongo. Tale Montalban è assistito da Patricia, un' avvocatessa che fu collega di Università di Alberto, interpretata da Patricia Conde, una ex modella e personaggio televisivo noto in Spagna, ma totalmente sconosciuto da noi. L'apporto della Conde alla riuscita del film è scarso, se non fosse per il suo fisico longilineo utilizzato in una sequenza, al fine di indossare gli abiti prestigiosi di una boutique. Dietro il cane Pongo, si nasconde un benefattore: l'animale protegge infatti i bambini che fungono da manodopera in paesi del Terzo Mondo creando peluche che raffigurano animali e che "egli" sovvenziona in segreto con opere di bene. Pongo viene liberato dal suo tutore per evitare il rapimento da parte degli sgherri di Montalban, che invece quei bambini- lavoratori li sfrutta. L'affarista vorrebbe inoltre stringere un patto proprio con il cane , reso "antropomorfo" per il fatto che siede dietro la scrivania , cucina (all'occorrenza) e via discorrendo. Inoltre Pongo appare sulle confezioni del cibo per cani (croccantini) prodotto dalla ditta Purina. Non a caso la Purina è tra gli sponsor del film, assieme alla Lego e ad altre società. La seconda parte, movimentatissima, comprende una serie di nuove peripezie. Pongo, ospitato da un allenatore di cani randagi che poi fa adottare da giovani coppie di coniugi, diventa il quadrupede più conteso da ipotetici nuovi "genitori" . .. Qui il film si trasforma in una sorta di "orfanella Annie" per deridere certe perversioni borghesi. Una coppia di strambi padroni conserva in casa ad esempio la vecchia barboncina impagliata, dopo che essa morì; la donna di un'altra altra coppia non vuole figli perché, sostiene, "non condivido di fare uscire una cosa viva dal mio corpo". C'è poi Pablo, un ragazzo solitario, vittima della sua dipendenza dai videogiochi. E' presente , infine, un ammiccamento al film Hannibal, quando viene fatto credere che il cane sia aggressivo: in questa sequenza Poldo indossa la maschera di Lecter. Pongo nel finale ammicca a un seguito: la trama lascia intuire in modo molto chiaro tale prospettiva , con una strizzata d'occhio del suo protagonista e un finale aperto... Un film riuscito dunque, destinato a sbaragliare molti concorrenti più pubblicizzati: quello che appunto sta accadendo sui nostri schermi
-ROMOLO RICAPITO

 
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UN RAGAZZO D'ORO, RECENSIONE DI ROMOLO RICAPITO

Post n°6749 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 26 SETT. - Del suo film "Un Ragazzo d'Oro" il regista Pupi Avati (che lo ha anche interamente sceneggiato) ha detto che è un'opera influenzata dall'assenza del padre, morto in un incidente stradale quando egli era un ragazzo di appena 12 anni. Il protagonista del film, un dimesso e intellettuale Riccardo Scamarcio, nei panni di Davide Blas, scrittore di racconti brevi, lotta a distanza con la figura scomoda del genitore , uno sceneggiatore e scrittore di buon successo ma sgradito all'intellighenzia perché ispiratore di film comici invisi alla critica ufficiale. Rivelatoria a tale proposito è la scena nella quale Giovanna Ralli, nei panni della madre di Davide ( ormai già vedova di Achille Blas) guarda uno dei tanti film "trash" che il marito aveva sceneggiato: curiosamente viene mostrata la sequenza tratta da una pellicola con Alvaro Vitali e Renzo Montagnani. Un insolito incidente stradale dunque (ma in realtà un probabilissimo suicidio) ha distrutto la vita di Achille. L'elogio funebre pronunciato dal figlio Davide diventa una spietata critica alla figura del genitore, che non gli ha permesso di crescere emotivamente, ma anche professionalmente, a causa del suo straripante egoismo. Al funerale è anche presente una delle tante amanti di Achille, Valeria Marini in una fugace apparizione. E' evidente già dalla prima mezz'ora come Avati abbia prodotto un'opera controcorrente, nello stile di vecchi film anni Settanta come Una Giornata Particolare, Un Dramma Borghese e anche Fantasma D'Amore (quest'ultima una pellicola di Dino Risi dei primi Ottanta, riecheggiata in qualche similitudine nel finale). Fotografia sui toni del marrone, toni da dramma da camera dall'aria asfittica e claustrofobica, scarso uso della tecnologia (nel film gli interpreti non utilizzano i telefonini, mentre soltanto Scamarcio si attarda al computer, ma per finalità necessarie alla trama ) rendono Un Ragazzo d'Oro un film atipico, quasi anacronistico. Ecco perché forse il pubblico non sta rispondendo nella maniera sperata con la presenza in sala, al contrario dei precedenti titoli di Pupi Avati : trattasi di una pellicola troppo introspettiva ( forse intellettuale), per lo spettatore medio, ma anche per quello medio-alto. Insomma, il regista bolognese ha realizzato certamente un film fuori moda, ma questa è anche la forza artistica dell'intera operazione. L'utilizzo di Sharon Stone per la parte di colei che editerà l'ultima opera inedita ( in forma di romanzo ) del padre di Davide ha una duplice funzione: spiazzare gli spettatori e forse sedurli. La Stone sta però al film di Avati come il classico cavolo a merenda. Ma dopotutto è sempre un cavolo appetitoso, diremmo un ortaggio ancora in fiore. Non a caso Pupi Avati, pur definendola un'attrice in declino, che prima di questo ruolo era comparsa negli Usa soltanto in insignificanti camei, ha chiarito che la utilizzerà anche in futuro, soddisfatto della sua gelida sensualità. La recitazione di Ludovica Stern (la Stone) è d'Accademia (di Hollywood). Un po' freddina, ma sono almeno due le scene da ricordare,cioè le ultime interpretate assieme a Scamarcio. Nella maggior parte della sua presenza sullo schermo, però, la bella Sharon sembra uscita dai suoi vecchi film Basic Instinct e Sliver a livello d'immagine, che si è come cristallizzata nel tempo. La presenza dell'americana controbilancia comunque la pessima prova di Cristiana Capotondi, nei panni di Silvia, una giovane farmacista fidanzata con Scamarcio. La Capotondi, ormai assurta a prezzemolina del cinema italiano, qui è inutilmente leziosa, fuori parte e insopportabile. Ma per fortuna c'è Giovanna Ralli, 79 anni: quasi l'età di Sofia Loren. La veterana del cinema (ma anche del teatro) in realtà ha una parte più importante di quella della Stone ed è la seconda vera protagonista dopo il tenebroso Riccardo . La sua interpretazione, sofferta e densa, nel ruolo della vedova fatta oggetto in passato di mille tradimenti. è encomiabile. L'identificazione del personaggio di Riccardo Scamarcio con quello del padre ormai assente diventa il sostegno del film, a dire la verità non riuscitissimo nella prima parte. Nella seconda fase però Scamarcio gareggia in bravura con la Ralli, dando il volto a un personaggio sfaccettato che, sotto la sua ribellione, nasconde gravi disturbi ossessivi compulsivi, curati col Diazepam e regolari sedute dallo psichiatra. Ma il film è anche un atto di accusa nei confronti di un mondo culturale che emargina chi ha talento, relegandolo all'angolo e deridendolo in vita, salvo poi riabilitare la stessa persona dopo la sua dipartita, conferendole per giunta inutili ( anche se prestigiosi) riconoscimenti... Ed è appunto il Premio Strega ad essere preso di mira, in un aspetto funzionale alla narrazione. Nella finta diretta dal ninfeo di Villa Giulia , una comparsata del giornalista Rai Attilio Romita, nel ruolo del conduttore dello Strega. Le musiche originali sono di Raphael Gualazzi. Il film è prodotto in collaborazione col Casinò di Campione d'Italia. Inoltre è stato anche vincitore al Montreal World Film Festival in Canada del premio come migliore sceneggiatura.

ROMOLO RICAPITO

 

 
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The Equalizer. Recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6748 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 24 OTT. - Molto buona l'accoglienza in Italia di questo "The Equalizer-Il Vendicatore" diretto da Antoine Fuqua, che vede Denzel Washington al comando di una sceneggiatura completamente al suo servizio. Trattasi della traduzione sul grande schermo della tele-serie anni Ottanta Un Giustiziere a New York. Ambienti (interni) algidi come riproposizione di quelli dello sceneggiato originale, con un inizio in metropolitana che rimanda sempre a quella serie, ormai quasi dimenticata. Ma forti rimangono le reminiscenze o le similitudini con film come Taxi Driver, laddove il meccanismo che scatena la violenza repressa di Robert Mc Call è la protezione di un'indifesa e giovane prostituta russa, Alina, epitome dell'innocenza violata. Chloë Grace Moretz, che abbiamo visto di recente in Resta anche Domani. è dunque la squillo : Il suo personaggio ama la letteratura, affascinata dal romanzo Il Vecchio e Il mare, che Mc Call legge all'interno di un pub frequentato da entrambi. Viene riproposta un'America notturna, di locali aperti 24 ore al giorno; Mc Call, un anziano capo-operaio di una ditta di compensati ( e altro) di vendita al dettaglio, conduce una vita solitaria e dolente che lo avvicina alla sensibilità della giovane peripatetica, anche lei afflitta dalla ripetitività di una quotidianità monotona, nel suo caso però a contatto con la strada, nelle sue implicazioni più crude. Questi incontri tra Mc Call e Alina sono più importanti di altri rapporti, perché rivelatori dell'essenza di questi personaggi, i quali condividono una comune condizione di emarginazione sociale difficilmente colmabile. Mc Call è un vedovo che non accetta la sua condizione; Alina un'aspirante cantante stile X Factor. La ragazza sparirà velocemente dall'intreccio, pur essendo la causa che lo muove. Picchiata dai suoi sfruttatori, trasforma Mc Call in un vendicatore, spietato giustiziere e macchina da guerra senza macchie né paura... Egli, dietro l'apparenza innocua, nasconde una pregressa appartenenza alla Cia, della quale fu un agente addestratissimo, poi svanito nel nulla per cause oscure . Le atmosfere rarefatte e le musiche elettrizzate accentuano il senso di solitudine del protagonista, che si scontra con la mafia russa, rappresentata come eccentrica, arrogante, ironica e strafottente, I primi piani da spot pubblicitario rendono iperrealistica la bella fotografia di Mauro Fiore, mentre il racket è un altro dei temi portanti del film, ma praticato da agenti di polizia corrotti e non dai classici bulli del quartierino. Tale racket è esercitato nei confronti delle minoranze etniche; ma esiste un livello superiore di corruzione, nei piani alti delle forze dell'ordine. L'ingenuità della serie tv originale è riprodotta in questa sorta di spin off cinematografico che nella prima parte tiene, brillando in qualità, mentre nella seconda si trasforma quasi in un prodotto anch'esso televisivo, a causa di alcune ripetitività di sceneggiatura e di situazioni. Il prodotto allora diviene ridondante e dalla semplicità iniziale assume sembianze barocche, tra mille omicidi efferati "per il bene", dunque giustificati e infine una spietatezza da Antico Testamento che sfocia poi in misticismo, come il nome del fiume citato nella sceneggiatura (Mystic). Ma Mc Call, fan della band Gladys Knight and The Pips ,che spopolò negli anni '60 e 70, è un personaggio immerso nel reale oppure la metafora di qualcos'altro? Il film è godibile dall'inizio alla fine per la ben calibrata azione, retta da un Denzel Washington strepitoso, mentre la partitura dell'opera asseconda tutte le sue evoluzioni, fisiche ma soprattutto quelle psicologiche. Questo "Vendicatore" ci piace perché, a dispetto di alcune stridenti esagerazioni, è l'uomo tutto d'un pezzo che ognuno di noi certe volte sogna di essere.

-ROMOLO RICAPITO

 

 
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Scrivimi Ancora recensione di Romolo Ricapito

Post n°6747 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 31 OTT. - "Scrivimi Ancora" è una commedia presentata al recente Festival del Cinema di Roma tratta da un romanzo dell'irlandese Cecilia Ahern che l' ha anche co-prodotta. Il titolo italiano riassume il contenuto, ma l'originale è "Love, Rosie", mentre il romanzo da cui prende spunto ha un titolo ancora diverso: "Quando gli arcobaleni finiscono" (When Rainbows End).

Rosie è la protagonista dell'intreccio, interpretata dall'attrice Lily Collins, figlia del musicista Phil Collins, alla quale viene affiancato Sam Clafin, una sorta di nuovo Hugh Grant. Coproduzione tra Germania e Regno Unito, la pellicola diretta dal tedesco Christian Ditter è un efficace antidoto alle commedie italiane in voga in questo periodo, costituite da trame risapute e purtroppo cast che rimescolano spesso gli stessi attori, ormai indigesti . Sin dal prologo, che include la canzone di Burt Bacharach I'll never fall in love again, si evidenzia come la fotografia del film sia una delle cose meglio riuscite in assoluto, assieme però a un corposo intreccio che regge bene dall'inizio alla fine. Rosie e Alex, amici dall'infanzia, continuano la loro relazione nell'adolescenza: lei è la consigliera sentimentale di lui, ancora "vergine", in uno scambio dei ruoli "classici" maschio-femmina, un po' paradossale.

I due ragazzi chattano tra di loro durante le ore di scuola ; da maturi, sempre nell'evolversi della storia, comunicheranno con sms, lettere tradizionali, internet e streaming. In pratica, la chiave di volta del film è quella di mischiare antico e moderno, sia riguardo le tecnologie che i contenuti. Gli interpreti brillano per le facce accattivanti, anche perché nuove: ma questo riguarda anche i comprimari, come il bellissimo Christian Cooke nel ruolo di Greg ( che diventerà il marito di Rosie) o Tamsin Egerton, bionda fiamma di Alex, ricca di charme . Ma c'è anche Suki Watherouse, una compagna di scuola della protagonista , altera e superficiale, destinata anche lei a un intreccio sentimentale col timido Alex. Un preservativo finito nella vagina di Rosie per colpa del troppo goffo (in fatto di sesso) fidanzatino Greg, diventa il "motore" della storia.

La ragazza finisce al pronto soccorso, dove un medico "figo" le chiede se il profilattico "si trovi davanti o di dietro" (sic) , "ma non volevo insinuare tu fossi una sgualdrina". La vicenda prende delle pieghe più serie quando dall'incidente del preservativo ella rimarrà incinta, fatto che segna uno spartiacque nell'intreccio . La realtà di un piccolo paese dell'Irlanda- anche se è un 'Irlanda moderna e invitante- va stretta ad Alex, intenzionato a trasferirsi a Boston, in America, per studiare medicina con una borsa di studio. Lei, intenzionata a imitarlo, deve interrompere il suo sogno "a due" di trasferirsi assieme, per mettere al mondo la sua bambina, Cathy, che inizialmente vorrebbe dare in adozione.

Da qui una forma di gelosia si insinua in lei nei riguardi di colui che è da molto ben più di un amico. La lontananza allora è vissuta dalla ragazza con disagio, malinconia e struggimento. La trama include la morale cattolica che vieta agli irlandesi di abortire, ma anche le differenze sociali e di classe . Infatti Rosie deve lavorare per mantenersi e lo fa organizzandosi come donna delle pulizie negli alberghi. Ciò si scontrerà con l'ascesa sociale di Alex , che a Boston si legherà con un'ereditiera figlia del primario di un'importante clinica, tanto snob e ricca quanto insopportabile. Durante un viaggio negli Usa di Rosie, il suo amico Alex la umilierà, suo malgrado, rinfacciandole il ruolo di ragazza madre. Altri temi fondamentali del romanzo e della sceneggiatura sono quindi la maternità in età giovanile e l'esigenza di conciliare affermazione sociale (soprattutto da parte del maschio) con gli affetti.

Ad ogni modo Rosie recupererà il padre della bambina (Greg) apparentemente ravvedutosi dalla proverbiale superficialità, formando una famiglia tradizionale. Il segreto della riuscita di "Scrivimi Ancora" che già dal suo primo giorno di programmazione ha attirato nelle sale lo stesso pubblico di "Colpa delle Stelle" (principalmente ragazzine), è quello di raccontare fatti abbastanza comuni mischiati con un pizzico di originalità, suscitando una forte empatia nel pubblico, non soltanto però quello composto dagli adolescenti. Emerge poi una certa spregiudicatezza nel personaggio di Rosie, che da apparente sempliciona intrattiene come mamma single una relazione a base di solo sesso (anche sadomaso) con un aitante e sconosciuto poliziotto.

Ma è sempre il sesso il motivo del suo ricongiungimento col padre della bambina, la piccola Cathy, monitorata dalla trama dai 0 ai dodici anni . Al di là di queste derive abbastanza spinte, il buonismo (o la retorica) del film si svolgono tramite la lunga relazione platonica con l'amico d'infanzia, diventato un punto fermo dell'età adulta , affrontando però molti ostacoli e colpi di scena che fanno la gioia della platea. Il film è girato a Dublino e Wickland e, per la parte americana, in Canada. La colonna sonora adopera il vintage: Alone Again di Gilbert O' 'Sullivan segna il periodo di solitudine di Rosie, mentre "Fuck You" di Lily Allen la sua liberazione da Greg. Lily Collins è doppiata da Valentina Favazza, considerata la nuova leva del doppiaggio italiano. Ella non è figlia né nipote d'arte e ha già dato la voce alla stessa Lily Collins in Biancaneve

ROMOLO RICAPITO

 

 
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Get on up- LA STORIA DI JAMES BROWN-RECENSIONE DI ROMOLO RICAPITO

Post n°6746 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 13 NOV. - Get On Up-La Storia di James Brown diretto da Tate Taylor che lo ha anche co-prodotto assieme a Mick Jagger , celebra i fasti, la leggenda e la caduta del "Padrino del Soul", uno dei numerosi soprannomi di J. Brown. La tecnica del racconto è quella di iniziare dalla piena maturità dell'artista, nei tardi anni Ottanta, saltando a ritroso agli anni Sessanta, che lo videro in testa alle classifiche di Billboard e già popolarissimo; quindi molti flash della sua infanzia e così via. Un'altra particolarità della biografia su celluloide è quella che vede Brown, impersonato dall'attore Chadwick Boseman, rivolgersi in primo piano agli spettatori, svolgendo il ruolo del narratore. Questa tecnica, ripetuta per l'intera durata del film (139 minuti) può risultare da una parte efficace, ma anche essere giudicata troppo invadente.

L'inizio celebra James Brown in abito rosso sgargiante (i colori accesi erano una caratteristica del suo look) nella terza fase della sua vita (dopo avere raggiunto il top, è una star più dei concerti che dei dischi) in palcoscenico, quindi in tuta verde. Il colore è il minimo comune denominatore della sua estrosità e i costumi creati da Sharen Davis non solo per il personaggio principale, ma anche per quelli di contorno e le donne principalmente , sono da Oscar, ovvero la cosa migliore del film. Che comunque è valido sotto altri punti di vista, sia artistici che spettacolari. Il racconto è sufficientemente interessante anche per i non esperti di musica, perché affonda nel costume statunitense ; si accenna anche alla guerra del Vietnam e all'assassinio di Martin Luther King.

Ma la cosa più importante da rilevare è che per le abbondanti due ore e venti l'attenzione non cala mai: questo fa allora di Get On Up un'opera riuscita. Del resto, Tate Taylor aveva diretto The Help, un semi-capolavoro che fu candidato a molti Oscar. Verso l'inizio, J. Brown è identificato col suo declino, mentre assalta con un fucile un gruppo di persone in un convegno para-religioso. Quindi una corsa disperata a bordo del suo camioncino su strade periferiche, inseguito come un criminale da una decina di volanti della polizia e l'inevitabile l'arresto. Una brutta fine per chi fu ricevuto dal presidente Johnson (1908-1973) durante i suoi anni ruggenti. Ma la sezione che suscita più empatia è l'infanzia: figlio di un tagliaboschi e di una casalinga poverissimi, cresciuto in una capanna tra i boschi in Georgia, viene abbandonato dalla madre, stanca delle violenze di James Joseph Brown Senior, il padre.

Tali violenze verranno replicate dal cantante ai danni delle sulle sue partner femminili: il film accenna a questo fatto,non approfondendolo, ma nella biografia di Brown troviamo anche un arresto per violenza domestica nel 2004 ai danni di Adrienne Rodriguez una delle sue tre mogli . James Brown faceva uso a quell'epoca di polvere d'angelo, una droga dall'effetto dissociativo particolarmente in auge negli anni Settanta-Ottanta tra i musicisti.. Dicevamo dell'infanzia: James senior affida il ragazzo alla maitresse di un bordello, dove sarà impiegato per reclutare all'esterno clienti scelti tra i soldati di passaggio. Ma a 17 anni, durante la sua permanenza ancora al seguito della padrona casa di piacere, ruba un abito maschile da un'automobile: la condanna va dai 5 ai 13 anni, senza apparente remissione (libertà vigilata) , perché il giovane non ha nessun parente al quale può essere affidato.

Trova però insperatamente una famiglia conoscendo in prigione Bobby Bird, un musicista che si esibisce nelle galere con un suo gruppo musicale e che lo accoglie in casa come un fratello. E' l'inizio dell'ascesa, abbastanza rapida : l'industria discografica lo rapirà, affidando a Bird e alla band dei Famous Flames un ruolo secondario. La storia quantifica come James Brown, piombato dal nulla in un'industria musicale principalmente di bianchi ( Lesley Gore,è una delle star dell'epoca con la celebre It's My Party) diventi un'idolo non soltanto del popolo di colore, ma degli stessi americani wasp che lo acclamano nei concerti o nelle apparizioni televisive. Non a caso, dei giovanissimi Rolling Stones nel 1964 verranno chiamati negli Usa a chiudere i suoi riuscitissimi show.

Nel film assistiamo ad alcune comparsate di personaggi celebri, come l'ambiguo Little Richard, anch'egli ritratto agli albori del successo. (Di Richard un recente studio sostiene come il suo hit Tutti Frutti celebri in realtà il sesso anale). Le canzoni di James Brown sono piene di energia e questo artista è secondo soltanto ad Elvis Presley come popolarità nelle classifiche americane di tutti i tempi. Ricco, amato, rivoluzionario, animo da imprenditore, tanto da sovvertire le regole scritte della discografia, Brown ha però una pecca che nel film questa volta viene questa volta affrontata: è molto restio a pagare le tasse ed è pure tirchio coi suoi musicisti. La divisione in capitoli, titolati, rende il film simile a un romanzo.

Ma la parte più toccante, è quella personale: James incontrerà nuovamente la madre fuggiasca già da ragazzo, mentre costei si prostituisce all'aperto. La donna però fingerà di non riconoscerlo. Corsa ad assistere un suo concerto agli inizi della sua ascesa, viene dunque riaccolta, ma con riserva: trattata a tratti come un'estranea, Susie Brown non è alla fine perdonata e congedata con soli 100 euro. . La donna morirà nel 2004, per attacco cardiaco.precedendo di soli due anni il figlio, scomparso il giorno di Natale del 2006. Brown soffriva di cancro alla prostata e diabete, ma fu attivo fino all'ultimo. Nel cast anche Dan Aykroyd, Octavia Spencer e Viola Davis.


-ROMOLO RICAPITO

 

 
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L'APEMAIA IL FILM RECENSIONE DI ROMOLO RICAPITO

Post n°6745 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 24 SETT. - Nelle sale L'Apemaia-Il Film, una sorta di coproduzione tra Australia e Germania, che ripropone il personaggio dell'ape vagabonda del cartone animato trasmesso in Italia nel 1980, ma in realtà risalente al 1975, allora per una produzione nippo-tedesca. L'Apemaia è una vera diva: celebra quest'anno i 100 anni dalla sua nascita. Fu creata dallo scrittore Waldemar Bonsels (1880-1952) per i romanzi L'Apemaia e Il Popolo del Cielo. A volere essere esatti, Maia compie esattamente 102 anni, ma il numero terminante con il "doppio Zero " fa gioco ai nuovi produttori... Il film, diretto da Alex Stadermann, fa ripartire la storia dall'inizio. La figura di Maia ha la faccia più bombata rispetto al cartoon "originale". Essa è un insetto che infrange le regole: ribelle alle imposizioni degli educatori dell'alveare, vuole scoprire il mondo esterno e non produrre, invece, il prezioso miele assieme alle altre api operaie . Ella è in effetti l'ape n.396, perché nell'alveare la personalità non conta. Contano le gerarchie, la produzione di miele, pappa reale e poco altro. "Non credo di avere amici nell'alveare, non piaccio a nessuno" dice a un certo punto il giovane insetto. In realtà Maia nasconde una forma di ribellione alle regole congenita, ed è un misto tra una piccola fannullona e un'eroina. Trova quindi un degno compagno in Willie, un fuco pigro e timoroso di tutto, che domina totalmente con la sua personalità estroversa, travolgente e invadente . Nel cast dei personaggi è presente anche un baby calabrone al quale è stato insegnato ad odiare le api, perché "esseri immondi e aggressivi". Ovviamente la sceneggiatura include numerosi sotto-testi che sono chiari soltanto ad un pubblico adulto, mentre i bimbi sono deliziati dai movimenti degli insetti e dai colori della pellicola. Nel parterre dei caratteri, delle simpatiche formiche rosse dagli elmetti verdi, un'anziana regina delle api, un insetto stercorario e soprattutto la cavalletta Flip che rappresenta per Maia una sorta di guida iniziatica alla vita esterna. In alcune scene il cartone animato si trasforma in una specie di musical con i vari "pupazzi" che cantano e ballano. Maia farà una scelta: deciderà di vivere per sempre nel prato. Il messaggio pacifista del film è evidente: api e calabroni faranno amicizia, perché i loro scontri sarebbero frutto di un indottrinamento pregresso e contrario alla socializzazione tra le due specie . Ma il testo dei dialoghi contiene anche l'inclusione dei diversi: la stessa Maia lo è (asociale rispetto all'alveare, godereccia, assetata di vita e non di doveri) .La sua intraprendenza, ma soprattutto il suo eroismo, verranno premiati con il titolo di Ambasciatore dell'Alveare. Si può dunque sfuggire al proprio destino ed essere comunque assegnati ad un ruolo che non è quello a noi destinato sin dall'origine. In questo, Ape Maia è un personaggio emancipato, femminista. Il cartone animato è un'opera riuscita, tuttavia sta avendo un successo inferiore alle aspettative in Italia, per colpa dell'uscita in contemporanea del nuovo film sulle Tartarughe Ninja. Ha recuperato terreno nel week end, ma lunedì 22 era di nuovo decimo, subito dopo l'ultimo film di Pupi Avati, "Un ragazzo d'Oro" (al nono posto) con Scamarcio e Sharon Stone, rivelatosi un autentico flop. L'Apemaia è doppiata da Antonella Baldini (1965) che già doppiò la versione televisiva ben 34 anni fa. Una curiosità: nella versione tedesca, la cantante Nina Hagen doppia Gunilla, mentre la madre della Hagen, Eve-Marie e anche la figlia Cosma Shiva Hagen doppiano altri personaggi del cast.

ROMOLO RICAPITO

 

 
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Concerto commemorativo di Nino Rota: Recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6744 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI, 16 OTT. - Un progetto dell'Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari quello di "Rota dirige Rota", ideato nella fattispecie da Marco Renzi e Maurilio Manca. Direttore d'Orchestra Marcello Rota, musiche di Nino Rota. La serata, tenutasi presso lo Showville di Bari il 15 ottobre, è stata dedicata al Bicentenario dell'Arma dei Carabinieri. Prima del concerto è stata proiettata sullo schermo una carrellata di fotografie in bianco e nero o a colori tratte dai numerosi set di Federico Fellini. Ad esempio, ecco una corpulenta Gradisca interpretata da Magali Noel in Amarcord ; una splendida Anita Ekberg immersa in posa ieratica nella Fontana di Trevi per la Dolce Vita, con lo strascico del nero abito da sera che si allunga morbidamente nell'acqua. Lo stesso Nino Rota ritratto davanti al suo pianoforte e infine una malinconica Gelsomina (Giulietta Masina) sia da sola mentre suona la tromba, che assieme al suo Zampanò (Anthony Quinn).per La Strada. La presentatrice Barbara Mangini, in abito da sera nero, un po' agitata perché davvero emozionata, ha raccontato in maniera esaustiva quello che sarebbe poi seguìto. Di Nino Rota è stata ricordata l'attività, oltre che di musicista di colonne sonore da film, anche di opere liriche come Il Cappello di Paglia di Firenze. Ad ogni modo il concerto in esame è il primo di una nuova serie che comprenderà la misconosciuta opera di Piero Mascagni "Rapsodia Satanica", per il prossimo 27 ottobre. Avrà luogo quella sera la proiezione .dell'omonimo film di Nino Oxila del 1917 , con esecuzione dal vivo da parte dell'Orchestra della Provincia. Dopo il ringraziamento d'obbligo al Presidente Francesco Schittulli e al suo vice Nuccio Altieri, sono state salutate le autorità militari delle varie armi presenti in sala. Sul direttore d'orchestra Marcello Rota: la scelta del maestro è stata definita "particolare", essendo egli anche il pronipote della Prima Medaglia d'oro al Valor Militare assegnata nel 1934. L'esecuzione è stata comprensiva del tema di Gelsomina da La Strada, della suite Sinfonica dai Vitelloni, della Fantasia e Canzone da La Dolce Vita e da un preludio , canzone e fox trot tratti da Le notti di Cabiria. Tutto questo ha riguardato la prima parte. Il tutto è stato però preceduto dall'esecuzione dell'inno di Mameli: standing ovation del pubblico , fatta eccezione per qualche signora maleducata che è rimata seduta, continuando a chiacchierare con l'amica del cuore . Ad ogni modo la prima sezione era comprensiva delle colonne sonore di Rota composte tra il 1953 e il 1960. La seconda ha visto invece l'orchestra impegnata nella fantasia di Amarcord (1973) , dunque la danza e la canzone d'amore da Romeo e Giulietta di Zeffirelli (1968) e la Trilogia del Padrino (1972-1990). In quest'ultimo contesto, Nino Rota ottenne l'Oscar per il Padrino parte II e non per il capostipite, quello reso celebre anche per l'interpretazione di Marlon Brando. Infatti per il primo capitolo della saga diretta da F.F.Coppola il maestro usò una composizione già adoperata per il film Fortunella ,del 1958, diretto da Eduardo De Filippo, ma sceneggiato da Federico Fellini. Ovvio quindi che non essendo la sua musica del tutto inedita, essa fosse poi esclusa dalle nomination. Ma per il Padrino parte III fu utilizzato un collage di musiche del primo e del secondo capitolo. Applausi e ancora applausi e un po' di nostalgia per un cinema di qualità che, anche nella sua originalità, non è stato mai più replicato.
ROMOLO RICAPITO

 
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OCULUS: Recensione di ROMOLO RICAPITO

Post n°6743 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
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di Romolo Ricapito
BARI 30 GIU. - La stagione estiva sembra quella più adatta alla distribuzione nelle sale di pellicole dell'orrore. Con la programmazione ridotta, si hanno più possibilità di mostrare horror di varia qualità per gli appassionati del genere. Questo OCULUS ne è un esempio: diretto da Mike Flanagan, è tratto dal corto Oculus-The man with the plan, dello stesso regista. Il vero protagonista ( più che gli interpreti in carne d'ossa, che sembrano attori di seconda scelta, reclutati apposta per risparmiare sulle spese di produzione) è uno specchio antico, che fu anche ospitato nel castello della famiglia Reale, a Balmoral. In realtà l'oggetto ha una lunga storia che viene narrata dalla protagonista (Karen Gillan, attrice scozzese di 26 anni ) : fabbricato nel 1754 a Londra e proprietà del conte di Lasser, provocò accadimenti raccapriccianti con il suo influsso "malefico". Venduto a un'asta nel 1858, appartenne poi a un tizio di Atlanta soprannominato La Balena perché dal peso di oltre un quintale e mezzo. Una fotografia antica documenta l'improvviso deperimento dell'uomo , diventato magro come un'acciuga e morto misteriosamente, così come una donna, nuova proprietaria dello specchio e morta a sua volta per disidratazione nella vasca da bagno di casa sempre due secoli fa . Naturalmente le storie di disagio e morti violente si susseguono fino ad oggi. Pare strano come Kylie, una ventitreenne dai capelli rossi, sia così accuratamente documentata su tali disgrazie . La famiglia di costei ha posseduto l'oggetto una quindicina di anni prima: mal gliene incolse. Il fratello della giovane donna , Tim (Brendon Twaites, che vedremo a settembre nell'attesissimo The Giver Il Mondo di Jonas , nel ruolo principale ) è reduce a soli 21 anni da una reclusione lunghissima presso una clinica psichiatrica, incolpato dell'assassinio del padre, a sua volta uxoricida. Ora Kylie ha "resuscitato" lo specchio acquistandolo e poi trafugandolo tramite una casa d'aste per la quale collabora e vuole allora compiere un "rito liberatorio" nella casa che la vide, bambina --assieme col fratello minore - testimone dell'omicidio della madre... Per far questo, usa una tecnologia avanzata (videocamere, computer di nuovissima generazione) per filmare eventuali , nuovi accadimenti "malefici" che l'infernale specchio inevitabilmente causerà, avendo anche preparato una sorta di "decapitazione"dello stesso, tramite una sorta di marchingegno infernale da lei costruito. Tim , il fratello, reduce appunto da anni di sedute psicanalitiche, ha un approccio molto più razionale ai fatti. La sorella ha forse privilegiato gli elementi negativi di alcune storie vecchie, ignorandone interezza e logica, accreditando una sorta di tesi sulla "maledizione" che non avrebbe un opportuno riscontro nei fatti. E' evidente come la storia sia una metafora della lotta tra gli elementi razionali e il paranormale, o l'irrazionale, che sarebbe insito forse soltanto nella mente di chi lo elabora. I capelli di Kylie sono rossi, come quelli della madre, sempre rossa, che impazzì per un tradimento del marito Alan con una donna misteriosa. Cosicché ,sempre la madre, si trasformò in una sorta di pazza, o imitazione di Linda Blair dell'Esorcista. Epperciò il "Rosso Malpelo" della chioma delle protagoniste è indice di instabilità, mentre i capelli scuri degli uomini di famiglia indicano la loro aderenza alla realtà e la conseguente sopportazione delle donne e dei loro isterismi... Il film alterna momenti attuali a flash back che documentano cosa accadde nella casa avita. Lo specchio è già di per sé in letteratura un oggetto magico, come quello di Grimilde, la strega di Biancaneve. Ma è appunto la valenza che gli si dà e non la sua effettiva personalità (inesistente) a costituire una forma di proiezione da parte chi lo possiede. La sceneggiatura dunque diventa una sorta di Processo allo Specchio assurto a essere umano (o disumano). Tale soggetto diremo così, fisicizzato è una metafora della colpevolezza o dell'innocenza di tanti personaggi resi celebri dalla cronaca nera, diventati condannabili per una sorta di indizi sfavorevoli e poi "assolti" per l'inconsistenza degli stessi. Allora è probabile che la sceneggiatura voglia semplicemente documentare con dei simboli una sorta di storia su una semplice, ma purtroppo frequente, follia familiare. La madre pazza, rinchiusa in camera da letto e tenuta alla catena, rimanda a una citazione di Jane Eyre , romanzo vittoriano di Charlotte Bronte. Il marito, Alan, nell'illusione di "curarla", la tiene reclusa , per la vergogna della malattia mentale che potrebbe essere trattata da strutture adeguate. Tale situazione fa emergere "il mostro che è in lui", rendendo i figli purtroppo succubi degli eventi , che avranno conseguenze pesanti sulle loro vite future . Ma chi è davvero malato dei due fratelli: Kylie, che ha delle continue visioni orrorifiche e ammazza il fidanzato, scambiandolo erroneamente per demone prodotto dallo Specchio di Lasser , oppure Tim , che sembra una sorta di succedaneo del dottor Freud? L'horror si apprezza per il suo contenuto "psicanalitico" e "intellettuale" che alla fine salva un canovaccio da condannare per la sua stupidità. Tale rappresentazione "concettuale" di rappresentazioni da incubo, testimonierebbe che la follia subìta si attacca all'individuo, il quale è portato a ripetere, se non opportunamente protetto- anche da un sufficiente supporto medico- le azioni sbagliate dei genitori. La sceneggiatura , elaborata su un soggetto di Mike Flanagan, è complessa, mentre il personaggio di Marie Russell (la madre, interpretata dalla bionda , in origine Katee Sackhoff, resa rossa per esigenze della storia ) è quello che maggiormente influenzerà gli eventi. Le musiche dei Newton Brothers sono remixate da Paul Oakenfoald (dj che ha lavorato con Madonna e Timberlake) nell'Oculus Remix. , brano finale.
Romolo Ricapito

 
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CONCERTO DI SHAWNN MONTEIRO: RECENSIONE DI ROMOLO RICAPITO

Post n°6742 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da romolor
 
Foto di romolor

di Romolo Ricapito
BARI, 17 DIC. - Concerto della cantante jazz Shawnn Monteiro allo Showville di Bari , accompagnata da una Big Band tutta italiana. Il sassofonista Roberto Ottaviano, invitato sul palco per illustrare la serata, si è detto frastornato dalla scomparsa avvenuta appena pochi giorni fa di Davide Santorsola, pianista nato ad Andria nel 1961.

Ma "The Show Must Go On", come insegna un'antica legge dello spettacolo e infatti Ottaviano ha aggiunto: "questo mio ricordo non deve dare pesantezza allo svolgimento della serata, ma è giusto ricordare Santorsola perché ha sempre dimostrato grande entusiasmo per questa forma d'arte, il jazz". Quello di Shawnn Monteiro è stato definito "il concerto più jazz in assoluto del cartellone (Sesta Stagione di "Nel Gioco Del Jazz") in quanto al suo interno vengono rispettati e attualizzati crismi e parametri del jazz, come il groove lo swing, il soul e lo scat. Riguardo la Monteiro, è stato brevemente ricordato come fu scoperta dall'impresario di latin jazz Mongo Santamaria, lei che è nata col jazz nel dna: è figlia infatti di Jimmy Woode (1926-2005) contrabbassista di Duke Ellington. Secondo Downbeat, nota rivista jazz, Shawnn è l'erede di Carmen McRae.

Infatti, durante tutto il suo concerto, l'artista ha ricordato la McRae (nata ad Harlem nel 1900) come la sua cantante preferita e grande esecutrice di alcuni brani da lei riproposti allo Showville . La Big Band che ha accompagnato Shawnn Monteiro era composta da Giuseppe Bassi al..basso (nomen omen),Roberto Pistolesi alla batteria, Roberto Tarenzi al pianoforte. Dopo una overture della Big Band, la Monteiro è entrata in scena, salutando il pubblico, indossando un abito da sera nero, composto da decorazioni di stelle nere luccicanti di paillettes in argento, pantalone nero e scarpe décolleté nere dal tacco alto. Sotto l'abito, un corpetto-busto rigido, sempre nero, ravvivato con due grandi orecchini d'oro a cerchio e da un rossetto dalla sensuale tinta rosso fragola a completare il tutto.

Durante la prima canzone, Shawnn ha interagito col suo pianista, concordando a gesti le sue preferenze sull'esecuzione, per una riuscita sincronizzata e perfetta. Dopo avere presentato i musicisti, la cantante ha sottolineato che le canzoni proposte costituiscono degli standard della musica americana (American Songbook) . "Spero che vi divertiate e che capirete qualche parola di inglese..." Trattasi di musica portata al successo da Cole Porter, Billy Holiday e dalla già citata Carmen McRae. Molto bella l'interpretazione di Here's that rainy day, che sottolinea il modo sereno e spontaneo di interpretare la musica da parte della Monteiro, che sembra nata per il palco.La canzone, che celebra l'aspetto romantico della pioggia, è stata nel tempo interpretata da svariati artisti, quali Frank Sinatra,Ella Fitzgerald, Tony Bennett.

A un certo punto l'artista ha tirato fuori in bianco ventaglio col quale si è sventolata, più per un risultato scenico che per rinfrescarsi. Ad asciugare un po' di sudore, più tardi, basterà un fazzoletto bianco, come è nella tradizione del jazz. La cantante ha invitato il pubblico ad applaudire e a non essere timido, oppure a sincopare certi brani, più ritmati, col semplice battito delle mani. La prima canzone natalizia proposta è stata Winter Wonderland. La star della serata ha augurato "Buon Natale" in perfetto italiano. Questo brano ha lasciato ampio spazio al sassofono. La canzone, una delle più eseguite in tutto il mondo per le feste natalizie, risale al 1934 e fu resa celebre da Perry Como, ma fu cantata anche da Aretha Franklin,Elvis Presley, Annie Lennox.

Dopo essersi accomodata su uno sgabello, la cantante ha eseguito anche Nice Work If You Can't Get It, brano molto caro alla sua beniamina Carmen McRae, ma che fu proposta anche dall'"eterna" Billie Holiday e da Sarah Vaughan. Invece "God Bless The Child" è stata presentata come uno dei più noti gospel degli Stati Uniti. Si tratta di un pezzo che celebra la ricchezza spirituale e non quella materiale, con un Dio misericordioso che protegge i bambini, laddove i genitori non riescono nel loro compito. Billie Holiday fu la "vestale" di questo successo, del quale fu anche co-autrice con Arthur Herzog jr. Tra le cover più recenti, anche quelle di Barbra Streisand e quella (recentissima) di Annie Lennox (2014).

La seconda canzone natalizia proposta è The Christmas Song, portata al successo da Nat King Cole. Del celebre brano esiste anche una recente versione di Justin Bieber. Shawnn Monteiro introducendo The Shadow of Her Smile ha ricordato di avere ascoltato per la prima volta questa fantastica canzone d'amore in un drive in, in America. Infatti il brano compare all'interno del film del 1965 Castelli di Sabbia di Vincente Minnelli,con Elizabeth Taylor e Richard Burton e vinse il premio Oscar come migliore canzone di quell'anno . Ma anche Nature Boy è mitica. Shawnn Monteiro la ripropone in una sua personale e sentita interpretazione. Infatti, come ha anche detto, essa segna la sua parte preferita del concerto. Nature Boy deve il suo successo alla straordinaria interpretazione di Nat King Cole, vero "nume tutelare" del concerto. Il celebre cantante afroamericano con questo particolare brano fu introdotto al pubblico bianco statunitense, che iniziò a seguirlo con lo stesso entusiasmo dei neri. La canzone è stata recentissimamente riportata in auge in America da Lady Gaga e Tony Bennett con l'album Cheek to Cheek. Grata al pubblico barese, Shawnn Monteiro ha eseguito un bis: ecco a sorpresa Summertime e poi Moondance.

 

ROMOLO RICAPITO

 

 
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