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Il dialetto e la poesia dialettale: considerazioni

Post n°9 pubblicato il 22 Marzo 2007 da salotto.redazione
 

Mantenere vivo il nostro dialetto è cosa essenziale per noi stessi e la cultura che ci appartiene. “Il dialetto” - come ha scritto il caro amico prof. Carlo Tognarelli di Arcade, in un saggio sulla “Cultura dei Dialetti” – “è il modo più immediato ed esplicito per riconoscersi e dichiararsi appartenenti ad una medesima comunità, ad una stessa cultura, ad un'identica storia”.

Ovviamente, il mutamento delle condizioni socio-economiche, l'instaurarsi di nuovi rapporti fra individui di diversa matrice culturale, l'aumento delle necessità e delle possibilità di spostamento e di comunicazione, influiscono producendo modificazioni sia sul piano economico-sociale che su quello più eminentemente linguistico. Ecco l'importanza del “lasciar memoria” di ciò che, in un dato momento storico-sociale, è la “vera” lingua della nostra gente.

Affermava il grande Federico Fellini: “In tutti i miei film il dialetto… è il linguaggio verbale più diffuso non soltanto per motivo di credibilità, di coerenza, di folklore o di suggestione, ma perché il dialetto riesce ad esprimere con una forza, una violenza addirittura visive, folgoranti connotazioni di tipo storico, psicologico, sociologico, emotivo”.

Dialetto come efficace mezzo espressivo, dunque, che può trovare un rilevante aspetto di recupero, in un momento in cui esso è in crisi come lingua parlata, nell'uso che se ne fa come lingua letteraria.
La poesia dialettale ci permette di divenire noi stessi “memoria viva” della lingua delle “radici”, “lingua del latte”, “linguaggio petèl” (detto alla maniera di Zanzotto) perché il dialetto sembra fatto apposta per la poesia: crea un mondo di immagini “vive”, le “dipinge” con immediatezza e le trasmette con la musicalità del suo ritmo.

Eugenio Montale affermava che: “In due modi, quando si è uomini di qualche cultura, si può essere dialettali: o traducendo dalla lingua, giocando sull'effetto di novità che il trasporto può imprimere anche a un luogo comune, o ricorrendo al dialetto come a una lingua vera e propria, quando la lingua sia considerata insufficiente o impropria a un'ispirazione”.

Pier Paolo Pasolini vedeva nel dialetto l'ultima sopravvivenza di ciò che è ancora puro e incontaminato, e affermava che la poesia dialettale è somma e pura espressione dell'intimo mentre per Coleridge era: “… un paesaggio notturno colpito a un tratto dalla luce. … che pone sempre di fronte a un fatto compiuto, con tutta la fisicità di una nuvola o di un geranio”.

Ines Scarparolo

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Commenti al Post:
lorenzopellegrini
lorenzopellegrini il 22/03/07 alle 10:30 via WEB
Si tratta di un argomento che mi interessa molto. Copio ed incollo su un foglio. Mi interessa soprattutto, a livello culturale ed antropologico, la conservazione della radici. Sono più cauto per la poesia dialettale. A presto.
 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 22/03/07 alle 10:50 via WEB
Conoscere e salvaguardare le proprie radici è fondamentale per guardare al futuro. Il dialetto è un mezzo e la poesia dialettale uno dei modi attraverso il quale esso prende forma... quello più “musicale”. Ti aspetto. :)
 
lorenzopellegrini
lorenzopellegrini il 22/03/07 alle 11:01 via WEB
Sì, mi rendo conto, per quanto riguarda la poesia dialettale, che non si possa liquidare in poche parole. Stavo solo rimandando le riflessioni. Fra l'altro, in questo periodo mi trovo direttamente coinvolto con una rivista di poesia. Il tema è interessante. A presto.
 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 22/03/07 alle 17:59 via WEB
Approfondiamolo allora, è una bella occasione e poi, siamo qui anche per questo :)
 
Welcometothe_giungle
Welcometothe_giungle il 22/03/07 alle 11:31 via WEB
Io il mio bel romano me lo tengo stretto stretto, quell'accento me piace troppo anche se per lavoro sono portato ad esprimermi in italiano si sente lontano un miglio che provengo dalla capitale ma la cosa mi rende orgoglioso e quindi non mi interessa più di tanto :D buona giornata
 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 22/03/07 alle 18:01 via WEB
[Lo dico sottovoce, neh, perché non voglio scatenare gelosie... ma quell’accento lì... sì, sì, quello della capitale... piace un sacco anche a me... schhhhhhhhhh, zitto però] Buona serata a te! ;))
 
   
PierreRoche
PierreRoche il 28/03/07 alle 00:24 via WEB
Come tutte le tradizione,deve sussistere una nostalgia di conservazione… ma si deve pensare anche al cambiamento che tende proseguire sempre di più verso una meta comune; chissà se in una nuova era non ci troveremo costretti a conservare anche conservare l’italiano. Maaaa..... tra la capitale e la Francia?
 
     
salotto.redazione
salotto.redazione il 28/03/07 alle 17:53 via WEB
Touché! ;)
Vero, è necessario guardare avanti, ma per farlo meglio è utile conservare memoria delle proprie origini e in ogni caso, la lingua cambia, si evolve, si adatta e il grado di flessibilità che dimostra è un indice della sua vitalità.
 
mony1975
mony1975 il 22/03/07 alle 11:35 via WEB
interessante, in effetti anche senza rendercene conto il nostro dialetto è un pò come un biglietto da visita, ti presenti pensi di parlare un italiano pulito ma non è cosi abbiamo sempre questa sfumatura dialettale e tra l'altro è bellissimo sentire i vari dialetti.....anche se il piemontese non è tra i miei preferiti....
 
 
lorenzopellegrini
lorenzopellegrini il 22/03/07 alle 12:25 via WEB
:-) se ti riferisci a me, di piemontese non capisco una sola parola neh... ahahahah...
 
   
salotto.redazione
salotto.redazione il 22/03/07 alle 18:07 via WEB
Cerea munsù... Lei avrebbe bisogno di un corso full immersion per l’apprendimento rapido del dialetto piemontese. Ne abbiamo uno prêt à porter che potrebbe essere di suo interesse: “Sopata la poer d’adoss” [ndr. Scuoti la polvere di dosso] con grande rito bagnacaodesco finale :))

pensa che nella scuola elementare che frequenta mia figlia hanno inserito nel POF (piano dell’offerta formativa) anche un Laboratorio di lingua Piemontese... ed è bellissimo perché adesso lei mi dice convinta: “sai... conosco tre lingue io... l’italiano, l’inglese e il piemontese...”

 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 22/03/07 alle 18:04 via WEB
Il piemontese è poco conosciuto rispetto ad altri dialetti e purtroppo si sta perdendo. Lo dico con una sana e consapevole vena di campanilismo... ma che vuoi... le radici sono quelle e sono ben salde. E poi, sì, l’inflessione dialettale che tradisce le nostre origini io la trovo davvero simpatica... e caratteristica, anche. Questo mi fa riflettere sul fatto che bene o male ogni regione ha avuto simpatiche personalità di spicco nel mondo dell’arte e del teatro in particolare, che si sono fatte portavoce della cultura locale servendosi proprio del loro dialetto. Sto pensando al “nostro” Erminio Macario e a Gilberto Govi, fondatore del teatro dialettale genovese e al loro precursore Goldoni che utilizzava il dialetto con molta ironia per tratteggiare meglio i suoi personaggi. Il teatro è sicuramente un buon canale della comunicazione che utilizza come codice il dialetto, per trasferire il suo messaggio.
 
lorenzopellegrini
lorenzopellegrini il 22/03/07 alle 21:33 via WEB
giusto per chiarire... io abito in Piemonte da alcuni anni, ci sto benissimo e senza il minimo problema di ambientazione, però sono abbastanza calabrese... Un saluto dialettale a tutti:-)
 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 23/03/07 alle 13:18 via WEB
Ehmmm... mi cogli impreparata, ché non so mica come si risponde nel tuo dialetto... Rifletto... questo è un grosso limite della comunicazione scritta: è statica e piatta... nella realtà invece, un dinamico sorriso rotondo, magari accompagnato dal gesto della mano, scavalcherebbe tutti i dialetti e tutte le lingue del mondo! :)
 
Laxmi84
Laxmi84 il 23/03/07 alle 14:23 via WEB
E' importante salvaguardare il dialetto... anche se ammetto che il mio dialetto trentino non è uno fra i miei preferiti... ;P ciao!
 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 23/03/07 alle 14:49 via WEB
Benvenuta Laxmi, sì, è senz’altro importante salvaguardare il patrimonio di tradizioni e cultura che ci appartiene... ma tu, quale dialetto trovi più simpatico, quale suona meglio fra i tanti?
 
morphamind
morphamind il 24/03/07 alle 19:31 via WEB
sono anch'io un convinto sostenitore della conservazione dei dialetti.
il dialetto è infatti l'indicatore della nostra radice culturale e non andrebbe mai dimenticato, ma neanche ostentato eccessivamente con chi il dialetto non lo capisce...
se poi chi, come me, si sente figlio di due culture dialettali diverse, a quel punto la conoscenza e l'utilizzo (di tanto in tanto) dei due dialetti diventa una parte dell'identità personale...
per quanto riguarda la poesia dialettale sono assolutamente favorevole al suo progredire e alla sua conservazione...ciao!
paolo ^_^
 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 28/03/07 alle 17:51 via WEB
Ciao Paolo, benvenuto e... sì, l’ostentazione è un errore sempre, soprattutto quando inibisce la comunicazione. Però... bello avere una duplice identità dialettale, è un po’ come essere bilingue? ;)
 
   
morphamind
morphamind il 28/03/07 alle 20:12 via WEB
si infatti...io conosco il dialetto pugliese (genitori di lucera - FG, ndr) e un pò di piemontese, lo parlo appena ma lo capisco abbastanza :-P
diciamo che mi sento parte di due culture diverse...
una curiosità: ma siete un'associazione di scrittori?
ciao, paolo ^_^
 
     
salotto.redazione
salotto.redazione il 30/03/07 alle 18:06 via WEB
La nostra è un’ Associazione Culturale , dove la maggior parte degli associati sono scrittori. L’intento è proprio quello di dare la possibilità agli autori, soprattutto agli esordienti, di farsi conoscere da un pubblico sempre più vasto.
A presto e buon fine settimana. Elena.
 
Animebianche1
Animebianche1 il 30/03/07 alle 21:48 via WEB
Felice scoperta in questa serata piovosa e sonnolenta ma non sprecata. Il dialetto scorre nelle mie vene rendendo ottuso il mio punto di vista. Sono chiusa come una comunità rurale del primo novecento. Niente mi farà cambiare idea, soprattutto leggendo: "Me pare - Me pare el jera come el mar; calmo o in burasca nol podea far de manco de carezar a tera". (Mio padre - Mio padre era/come il mare; calmo o in burrasca/non poteva fare a meno/di accarezzare la terra). Complimenti! Carla
 
 
Animebianche1
Animebianche1 il 30/03/07 alle 21:51 via WEB
Dimenticavo di citare la fonte. La poesia è tratta da "Fen! Fen! Fen!" di Sandro Boccato.
 
   
salotto.redazione
salotto.redazione il 31/03/07 alle 11:09 via WEB
Felice di averti trovata, Carla, spero vorrai accomodarti spesso nel nostro salotto. Un sorriso.
Molto bella anche la poesia. Grazie. Elena.
 
bottekkia
bottekkia il 31/03/07 alle 12:33 via WEB
Un post eccellente. Un bel blog. Complimenti!
 
 
salotto.redazione
salotto.redazione il 01/04/07 alle 15:13 via WEB
Grazie, spero ci farai visita ancora.
 
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