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Le ombre della notte
Quando la sera tardiamo a prender sonno e la notte diventa sempre più profonda, può capitare di essere invasi da un senso di inquietudine, se non di paura. Leggere può farci star meglio, soprattutto se chi scrive, come nel brano sotto riportato, la pensa diversamente. Buona lettura! “Amo la notte con passione. L’amo come si ama il proprio paese o la propria amante, d’un amore istintivo, profondo invincibile. L’amo con tutti i sensi, con gli occhi che la vedono, con l’odorato che la respira, con le orecchie che ne ascoltano il silenzio, con tutta la mia carne che le tenebre accarezzano. Le allodole cantano al sole nell’aria turchina, calda e leggera delle mattinate limpide. Il gufo fugge nella notte, macchia nera che attraversa il nero spazio, e rallegrato, inebriato dalla nera immensità, getta il suo grido vibrante e sinistro. Il giorno mi stanca, e m’annoia. E’ brutale e rumoroso. Mi alzo a fatica, stancamente mi vesto, e esco di malavoglia, e ogni mio passo, o movimento, o gesto, o parola, o pensiero, mi stancano come se sollevassi un pesantissimo fardello. Quando però tramonta il sole, una gioia confusa m’invade, una gioia di tutto il corpo. Mi sveglio, mi rianimo. A mano a mano che l’ombra cresce, mi sento un altro: più giovane, più forte, più vivace, più felice. La guardo addensarsi, la grande e dolce ombra caduta dal cielo: sommerge la città, come un’onda inafferrabile, impenetrabile, e nasconde, cancella, distrugge i colori e le forme, serra le case, gli esseri, i monumenti, col suo impercettibile tocco. Allora mi viene voglia di urlare dal piacere come le civette, di correre sui tetti come i gatti e mi s’accende nelle vene un impetuoso e invincibile desiderio d’amore”. (Da: L’inutile bellezza, La notte, Incubo, G. Maupassant)
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Lucia Mondella, venendo dalla filanda, incontrò il lupo mannaro: che, levatosi il cappello, e sdrusciatene le gran piume per terra, andava sussurrandole certe parolette ad orecchio, delle più zuccherose che aveva. Lucia scappò: e raccontò ad Agnese ogni cosa.
Questa favola ne induce a sospirare: «C’est dommage!»
E. Gadda, Il primo libro delle favole Milano, Mondadori, 1995