Schwed RaccontaSu e giù per la tastiera |
C'ERA UNA VOLTA MONTALCINO
JIGA MELIK E IL SIG. SCHWED
Jiga Melik è l'alter ego intermittente dello scrittore Alessandro Schwed. Il signor Melik nasce nel 1978 nella prima e provvisoria redazione del Male, un ex odoroso caseificio in via dei Magazzini Generali a Roma. Essendo un falso sembiante di Alessandro Schwed, Jiga Melik si specializza con grande naturalezza nella produzione di falsi e scritti di fatti verosimili. A ciò vanno aggiunti happening con Donato Sannini, come la consegna dei 16 Comandamenti sul Monte dei Cocci; la fondazione dell'Spa, Socialista partito aristocratico o Società per azioni, e la formidabile trombatura dello Spa, felicemente non ammesso alle regionali Lazio 1981; alcuni spettacoli nel teatro Off romano, tra cui "Chi ha paura di Jiga Melik?", con Donato Sannini e "Cinque piccoli musical" con le musiche di Arturo Annecchino; la partecipazione autoriale a programmi radio e Tv, tra cui la serie satirica "Teste di Gomma" a Tmc. Dopo vari anni di collaborazione coi Quotidiani Locali del Gruppo Espresso, Jiga Melik finalmente torna a casa, al Male di Vauro e Vincino. Il signor Schwed non si ritiene in alcun modo responsabile delle particolari iniziative del signor Melik.
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FA SCHIFO ANCHE IL CAMPIONATO. ERA MEGLIO IL CALCIOMERCATO
Post n°84 pubblicato il 16 Settembre 2013 da Jiga0
Tag: assi, brocchi, centravanti, classifica, corsie, esterni, miseriacane, noia, realtà, serie A, soldi, tifosi Non fanno che pareggiare e rompersi il menisco di Alessandro Schwed Il calciomercato è meraviglioso, purtroppo sta finendo. Ecco cosa succede ovunque, grazie alla potenza onirica della speranza. Ovunque il sogno ruggisce, dalle tifoserie con le squadre destinate alle stelle, a quelle dal quinto posto scendendo fino a metà classifica, dove la speranza è prendere qualcuno con una gamba rotta appena rimessa a posto che ci stia ad abbassarsi lo stipendio, per finire alle società che strappano il prestito dei corridori, portatori della cosiddetta quantità invece dell’inebriante qualità. Ma ovunque, si sogna in modo industriale. In cima alla classifica, grandi giorni a palpitare per l’acquisto di Tevez, Higuain, di agguantare Gomez spalmando l’ingaggio in due lustri, il lungo duello tra Firenze e il Nord, la guerra cruenta per non vendere Jovetic alla Juve e Ljaic a Galliani e poi darlo alla Roma, tiè. Perché il calcio-mercato vero (la compra-vendita del calcio di metà inverno è una parodia, triste solitaria e finale), offre una vita bellissima, degna dell’infanzia, quando i propri eroi compiono le imprese gravemente feriti e sconfiggono da soli una legione nemica. La campagna acquisti si definisce in chat, al telefono, sulla spiaggia. Si riuniscono gli amici, si consulta se stessi, e si elabora: se vendiamo Cavani, col ricavato compriamo un centravanti, se diamo via Jovetic ci compriamo un esterno spagnolo, un interno slavo, il portiere olandese e un mediano basso. Non ci sono limiti per il calcio-mercato interiore. Gli scudetti e le coppe vengono giù come ciliegie dall’albero delle vittorie immaginarie, l’inno della Roma, della Fiorentina, del Napoli detonano nei rispettivi stadi invisibili: nessuno è risparmiato dal trionfo. Il calcio-mercato è la stagione delle soluzioni perfette, senza smentite sino a fine agosto quando comincia lo smorto campionato. L’estate invece, quando gli stadi sono vuoti e i prati ingialliti, durante la caterva delle vittorie nella repubblica della fantasia, i presidenti delle potenziali grandi squadre fanno vivere momenti indimenticabili, le promesse trivellano le teste dei tifosi dove c’è un assetato deserto. Quale speranza è migliore della speranza che offre tutto e si aggiudica tutto? Non c’è fidanzata promessa, Imu promessa, lavoro nuovo fatto balenare anche ipoteticamente, patto con gli elettori, in grado di riprodurre una speranza così, anno dopo anno, puntualmente. Perché le fidanzate, l’Imu, i partiti passano, ma il calcio-mercato, la campagna acquisti irreale è lì ogni estate, pronta e servita, dai tempi di Altafini, Hamrin, Sivori e Maradona fino a Higuain, Tevez e Gomez. A Firenze, in piena estate, con la calura che bolle la città e la spolpa come non accade a nessuna città italiana, quando le pietre del Duomo gemono per un bollore vulcanico, irrompe il nuovo acquisto, Gomez, è lui, è lui, il numero nove che manca dai tempi di Batistuta, detto fatto allo stadio arrivano 30.000 tifosi, pronti a celebrare la più bella coppa, la vittoria del sogno. La pazzia più gioiosa che esista. Ora invece è finita. Arrivano le papere del portiere, la bolletta del gas, i muscoli cotti, il conto del dentista che doveva arrivare a metà settembre. Cominciano le variabili senza controllo: le caviglie slogate a macchinetta, il vento contrario, Higuain che scivola sugli scogli e tocca far causa alla Regione. Ora è finita e non c’è niente di sciatto come l’estate che finisce e il campionato vero e proprio che inizia con i pareggi in casa. Volete mettere con il calcio-mercato?
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