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Carso 1917

Post n°934 pubblicato il 04 Luglio 2012 da paperino61to

Carso, un giorno di metà giugno, data 1917.

Una trincea, filo spinato davanti . Colpi di cannone sparati dal nemico.

“ Paura Morelli ? “ mi domanda il capitano. “ Certo che no “..

“ Non sparare cazzate Morelli, io ne ho e son più vecchio di te “.

Con il dito indicò i miei compagni, l’Adolfi si era pisciato addosso e si vedeva la macchia enorme sui pantaloni ;  Gisti  pregava nel suo linguaggio incomprensibile della alta val Bergamo.

“ Vedi Morelli, hanno tutti paura, inutile mentire, siamo uomini “.

Abbassai la testa, era vero  che avevo paura , paura di morire per una cazzo di guerra . Ci avevano fatto credere che era una passeggiata, ora sono due anni che sta durando.

Nessuno ha vinto , tutti sconfitti.

“ Capitano  , ha moglie ? Io ho una morosa, si chiama Anna, bella come il sole. Fianchi larghi per fare tanti putei, bei putei “.

Scosse la testa, sembrò andare in meditazione e poi rispose : “ Avevo una moglie, morì di parto , ho una figlia che la tengono i miei. Bel nome la tua morosa, bravo Morelli, fai tanti figli , la patria ne terrà conto “.

Già , la Patria pensai, bella roba, mandarti a morire giovane , a volte penso che gli Anarchici o comunisti fanno bene ad accoppare Re e Regine.

“ Capitano, capitano “ arrivò di corsa il sergente Lipio , facendo il  solito saluto militare e anche se ormai sono anni che si conoscono  la procedura va sempre rispettata. “ E’ arrivato l’ordine , capitano, tra dieci minuti si attacca il nemico”.

 

Non disse nulla, prese il foglio, lo accartocciò e lo mandò a finire per terra.

“ Terra siamo e terra ritorneremo “. Poi con voce , a singhiozzo, disse : “ Tenetevi pronti ragazzi, al mio via, tutti fuori e corriamo verso sti pezzi di merda austriaci. Che Dio sia con voi e viva il RE “.

Buffo ,pensai, il Re sarà  sicuramente seduto in una delle tante ville, al comodo, al massimo , se avrà gli stivali sporchi , i servi li puliscono, noi invece qui, nella merda giorno dopo giorno, anno dopo anno, stagione dopo stagione.

Raccolsi lo zaino e caricai il fucile, era pronto per la sua opera di morte, ammazzare un povero cristo che credeva in qualcosa ma che alla fine ci si accorge che è tutto una presa per il culo.

“ Al mio via, si va..Viva l’Italia, Viva Il RE ! “.

Uscimmo come disperati da quella trincea che era la nostra casa a ciel aperto.  Urla di paura si mischiarono ai colpi di mortaio , il Crepitio della mitragliatrice portò i suoi  saluti.  Pecora, Sazzi, Tulli, spazzati in un  ‘attimo ,  vidi il sangue uscire copiosi sulle loro divise sporche.

Martulli , Adolfi  vagavano  davanti  a me facendosi il segno della croce, fino a quando un cecchino pose fine alle loro vite.

Guardai indietro , metà plotone era stato smembrato, si poteva immaginare come un fiume in piena avesse spazzato via la compagnia D.  I rantoli dei feriti  che chiedevano  aiuto si perdevano nel caos delle armi da fuoco. Poi sentì  vicino a me un sibilo e poi più nulla.

Ospedale di Trento, reparto feriti.

“ Bravo Morelli, ti sei comportato bene, come tutti i tuoi compagni “. Chi parlava ,era il Maresciallo di Stato maggiore Rizzi.

Mi sembrava di sognare, da quanto ero li ? E i miei compagni, il capitano , che fine avevano fatto ?

Mi dissero nei giorni seguenti che erano morti, i sopravissuti a quella carneficina erano in tutto 13 su 290. Piansi come un bambino. Un dottore disse che ero stato fortunato, con tutto il fiato che avevo le risposi : “ Fortunato dottore ? Mi ha visto ? Non ho più le gambe, mi manca il braccio destro e lei mi dice che sono fortunato ? Non potrò mai avere figli, chi cazzo si sposa uno come me ? Con che coraggio mi dice che sono fortunato ? “.

Mi voltai abbracciando con l’unico arto rimasto il cuscino. A sera mi dissero che voleva intervistarmi un giornalista. Chiesi il perché , propaganda militare risposero.

Al mattino, un infermiera mi sbarbò,  mi lavò i capelli e mi vesti , anche se sarebbe bastato mettermi addosso una camicia ed ero a posto. Il tizio entrò nella cameretta ,  

mi salutò e poi con voce squillante, affascinante, pieno di retorica patriottica ,  iniziò l’intervista. Aveva il mento pronunciato, i capelli stavano lasciando spazio alla calvizia. Notavo che aveva spesso l’abitudine di mettersi le mani sui fianchi e allargava le gambe  quando voleva dire qualcosa di eclatante.

Quando finì nel salutarmi disse : “ La Patria, la nostra sacra Patria ha bisogno di persone come lei. Viva l’Italia “.

Se ne andò , un paio di giorni dopo l’infermiera mi portò il giornale, “  Il Popolo D’Italia “  si chiamava, lessi la mia intervista. Rimasi di stucco, non c’era una parola di quella che avevo detto . Il pezzo terminava : “ Italiani , mandate i vostri figli a servire la Patria, la nostra Italia contro il mostro austro ungarico. Noi discendiamo dai nobili Romani e come essi dobbiamo portare la nostra civiltà a questi barbari”.

Mi voltai verso il mio  vicino di letto ,e le dissi chi era sto stronzo che scriveva queste minchiate ? Ero nero di rabbia, anche solo con un arto l’avrei ammazzato se mi veniva a tiro.

Mi chiese di leggergli il nome di questo mentecatto giornalista.

“ si firma Benito Mussolini “.

Hai ragione, ragazzo  a chiamarlo stronzo, questo , fino a pochi giorni prima dell’entrata in guerra del nostro paese era contro e non passava giorno che lo scrivesse  sull’Avanti“.

“ Perché allora ? “ Non riuscivo a capire, perché cambiare idea.

“ Soldi,ragazzo mio, soldi. Chi vuole la guerra paga per avere dalla sua la stampa “ e continuò dicendo : “ Purtroppo molti sono come questo venduto, e speriamo di sbagliare ma ho impressione che sentiremo parlare spesso  di questo Mussolini nel futuro “.

Voltai lo sguardo fuori dalla finestra, era una bella giornata di agosto, tra poco tornerò a casa, fortunato di essere vivo e mentre sorridevo a questa amara ironia, vidi in lontananza le urla allegre di un’intera compagnia di soldati. Erano arrivati i nuovi a sostituire i vecchi, o meglio erano i nuovi morti ad sommarsi a quelli vecchi.

Una lacrima solcò il mio voltò e urlai a squarciagola : “ affanculo il Re e la Patria, assassini “.

 

 
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