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Oltre la dissacrazione - La riflessione
Post n°20 pubblicato il 01 Giugno 2012 da meninasallospecchio
Nella postfazione di un libro di David Foster Wallace, ho trovato questa frase: [DFW]... ... ha capito che una delle grandi eredità del postmoderno, l'ironia dissacrante e globalizzata, non è più una valida risposta alla durezza del reale. La televisione e la pubblicità hanno spettacolarizzato la dissacrazione, ne hanno fatto il proprio principale strumento; insistere con il cinismo, con l'ironia di una rappresentazione brutale e sfacciata, conduce soltanto a "morire d'accettazione". E' una questione sulla quale rifletto da anni, senza venirne a capo. Ho una formazione culturale che risale alla fine degli anni '70 e ai primi anni '80. Non la Milano da bere, quello è solo un aspetto della faccenda. C'erano idee molto più serie. C'era il pensiero debole, quello che ci spiegava Gianni Vattimo (all'epoca non ancora rinco) dalle colonne della terza pagina de La stampa. Ci raccontava di come Joyce, Musil, ma anche Svevo, Calvino, avessero fatto a pezzi, letteralmente, i monoliti ideologici dell'800, lasciando un mondo leggero, senza ideologie, in cui c'era spazio per la tolleranza, la solidarietà, la pietas. E l'ironia naturalmente. Il delirio militarista delle ultime BR rafforzava la convinzione che le ideologie contenessero il germe dell'intolleranza, della distruzione, dell'errore di una ratio estrema avvitata su se stessa, incapace di dubbio e quindi di umanità. C'era la teologia post-conciliare, il dibattito paritario con i non credenti, Sergio Quinzio e il silenzio di Dio; finiva in quegli anni il pontificato di Paolo VI, il papa problematico, il vero interprete del Concilio, ingiustamente sottovalutato. C'era Umberto Eco con Il nome della rosa, anche quello un inno al relativismo culturale e alla tolleranza, l'idea di un'immaginaria Poetica di Aristotele dedicata alla commedia e al riso, sovvertitore di tutti gli assoluti e della loro incarnazione autoritaria. C'era l'estetismo che sempre accompagna i periodi cosiddetti "decadenti", cioè quelli in cui, conquistato il benessere, la ricerca della felicità individuale predomina sugli ideali, sulle idee di impegno o di trasformazione della società. Ma non c'è niente di moralmente sbagliato in questo, che nella storia ha prodotto i capolavori dell'età augustea, del manierismo, della fine '800. E negli anni '80 ha generato in Italia il boom non effimero della moda e del design e altrove la meraviglia raffinatissima, ironica e affettuosa dell'architettura postmoderna.
(continua)
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