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Il Gran Bal Trad

Post n°518 pubblicato il 24 Luglio 2016 da meninasallospecchio

E torniamo là dove avevamo cominciato, dalla mia gita a Vialfré.

Vialfré è un minuscolo paesino del Canavese, dove ogni anno si tiene una 4 giorni di ballo folk. Nei prati e nei boschi nei pressi del paese.si costituisce un accampamento: quattro grandi tendoni con fondo a palchetto, opportunamente distanziati fra loro, bar, mensa, servizi, zona camper e tende.

Durante il giorno nei tendoni si tengono degli stage, in cui gli stessi gruppi che poi suoneranno la sera, coadiuvati da maestri, insegnano i vari balli. Oltre agli occitani, ci sono anche irlandesi, israeliani, gruppi dal sud Italia che insegnano la taranta e la pizzica, e tanto altro.

La sera dalle 21 si balla, in contemporanea nei 4 tendoni, con gruppi e musiche diverse. Ogni gruppo suona circa un’ora e mezza, ma sono leggermente sfalsati, per cui quando finisce uno, per non aspettare, ci si può spostare a un altro tendone. L’ultimo gruppo finisce di suonare alle 4 del mattino. Ma a volte i singoli musicisti si trovano ancora al bar e suonano fra loro, mentre la gente balla fino all’alba.

Insomma, tutti parlavano di ‘sto Viafré e mi sono incuriosita. Da casa mia però sono due belle ore di macchina. Prima ho pensato di andare di giorno, ma poi mi hanno spiegato, quelli che c’erano già stati, che non aveva molto senso. Oltretutto costa anche caro. Meglio andare di sera, più bello e i costi sono contenuti. Già, però due ore di macchina da sola alle 4 del mattino… Prima ho tentato di coinvolgere una tipa del mio corso di ballo. Poi, fallito il tentativo, mi sono detta che si poteva fare, a patto di dormire là e tornare il mattino seguente.

Ma io non sono tipo da tenda. Per carità, ho dormito in tenda molte volte in vita mia, ma se posso evito. Oltretutto i B&B del Canavese, zona per nulla turistica, sono molto economici. Già, economici ma pieni. Non so se avete presente, quando uno è indeciso se fare una cosa oppure no, e dice: lasciamo decidere il destino. C’è anche il trucco della moneta: testa vado, croce non vado. Poi esce croce e dici: vaffanculo, vado lo stesso.

Insomma, chiamo questo B&B. Siamo pieni, mi dice la signora. Ok, non importa. Aspetti, dice lei, le do il numero di uno che fa B&B da poco e forse ha ancora posto. Mah, le dico, in realtà sono incerta perché non so se viene la mia amica, forse sono sola. No, ma venga! dice entusiasta la signora. Vedrà che si diverte, anche da sola. Bah, proviamo. Chiamo il tipo e non mi risponde. Bon, destino.

Due ore dopo mi richiama. Lui non ha posto ma c’è un altro tizio che invece il posto ce l’ha. Via, andata. Prendiamo accordi: lo incontro in un paese e poi lui mi accompagna alla mia destinazione. Già al telefono questo personaggio, che balla anche lui, si rivela un tipo alquanto rustico. All’incontro si presenta con berretto e foulard al collo con bandiera occitana d’ordinanza. La sua auto è tappezzata di adesivi occitani. Nel seguito di questo racconto sarà quindi chiamato l’Occitano. Mi corre tuttavia l’obbligo di ricordare che nel Canavese sono occitani quanto me.

 

(continua)

 
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