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Post n°310 pubblicato il 15 Febbraio 2014 da meninasallospecchio
L'amico legge ad alta voce. Si ferma ogni due parole, osserva le mie reazioni. Non sta funzionando come l'altra volta. Si finge goliardico, ma è davvero preoccupato per me. Non sarebbe il caso, queste stronzate mi scivolano, davvero, specie dopo aver metabolizzato la lettera di un anno fa. Cerco di farglielo capire, ma non è convinto. Si ferma, mi dice "Noooo, questa non te la leggo". "Tranquillo, vai avanti". E' in buonafede, ma il suo atteggiamento peggiora la situazione. Volevo essere spalleggiata, non protetta. Non lo sta facendo apposta, questa volta ne sono certa, ma la sua preoccupazione si riflette su di me indebolendomi. E poi c'è sempre un momento, quando credi che più niente possa ferirti, in cui scopri che c'è ancora qualcosa di peggio. L'amico questa volta si è fermato e non finge più di sorridere. "Questa davvero non la leggo, non te lo meriti", dice. La lettera è quasi finita, legge quello che segue, vorrebbe non ridarmela. La riprendo e leggo io stessa. Mia madre si vergogna con le sue amiche: loro hanno i figli sistemati e "nipoti intelligenti e bravi". La devo spiegare, perché di mio figlio ho parlato soltanto una volta in questo blog. Ha un disturbo dello spettro autistico chiamato sindrome di Asperger. Forse farei bene a scriverne, a divulgare informazioni; ma ho una certa reticenza, non perché me ne vergogni, ma perché questo problema ha segnato in termini di impegno e sofferenza un significativo periodo della mia vita. Oggi i contorni della questione si sono definiti come piuttosto lievi e tollerabili: mio figlio ha un QI nella norma, va bene a scuola, è ragionevolmente autonomo, non ha comportamenti ingestibili, anzi sotto molti aspetti è più gestibile dei suoi coetanei "normali". I problemi ci sono, naturalmente, ma sono abbastanza serena e fiduciosa e i momenti di angoscia voglio lasciarmeli dietro le spalle, non ho voglia di parlarne. Ho bisogno di leggerezza, anche per poter essere al meglio con lui. Insomma, il problema qui è mia madre, costretta a essere invidiosa delle sue amiche babbione, dei loro figli con chissà quali meravigliosi lavori in questo periodo in cui siamo tutti nella merda e con i loro nipoti fantastici. Non come lei che si deve vergognare di una figlia senza marito e senza lavoro e di un nipote deficiente. Ma vaffanculo. Che il signore mi perdoni, conclude. Eh, che ti perdoni lui se c'è, perché io non lo farò. La lettera brucia nella stufa, con il suo carico di idiozie e inutili cattiverie; avrei dovuto farlo fin dall'inizio. Non ne leggerò altre, in nessun caso.
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