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Post n°330 pubblicato il 27 Aprile 2014 da meninasallospecchio
Ebbene sì, ce l'ho fatta, mi sono sciroppata 75 km d'auto andata e ritorno, benzina, autostrada, per andare (ovviamente da sola) a vedere la seconda parte del film di Lars Von Trier. Nella Sala 4 del 45° Nord di Moncalieri eravamo in 9, 4 coppie e la vostra inviata speciale qui presente. Avrei potuto vederlo in streaming, ma sono un po' contraria a farlo con i film in uscita nelle sale. Lo streaming o l'home video stanno al cinema come la masturbazione sta al sesso. Magari qualcuno lo preferisce, non io. Del cinema mi piace anche il rito, la sala, sì, anche il fatto di pagare, come con la psicoanalisi. La full immersion, la concentrazione, il dedicarsi a quello. Sto un po' divagando. Il film? Questa volta trovo sul web recensioni molto più convincenti e condivisibili: abbiamo fatto fuori i bacchettoni e gli snob con il Volume 1, è rimasto lo zoccolo duro. Per esempio questa recensione l'ho trovata molto interessante. Aggiungo le mie umili opinioni a quello che trovate in giro e alle idee che voi stessi vi sarete fatti. Come l'altra volta, non racconterò il film a chi non l'ha visto; mi limiterò a commentare quello che mi ha colpita, a beneficio (?) di chi già lo conosce e vuole condividere qualche impressione. La mia prima sensazione è stata: il Volume 1 mi piaceva di più. Ma con questo mi do la zappa sui piedi. Proprio all'inizio di questa seconda parte, Joe rileva che Seligman (l'uomo che la ascolta), non si è affatto eccitato per il racconto della sua vita sessuale, ma ha tratto piacere soltanto dalle sue digressioni intellettuali, dai suoi paralleli con la matematica, la musica o l'arte. Già. Come me, come lo spettatore medio, come lo stesso regista. Mi compiaccio della mia medietà che fa di me il target perfetto e lascio che Lars Von Trier mi porti dove vuole lui. Che lo spettatore prenda il punto di vista di Seligman l'avevo già rilevato. C'è una sorta di identificazione doppia, ma quella con Joe è mediata da lui. Seligman rivendica l'oggettività del suo punto di vista: lui è vergine e questo gli permette di giudicare il sesso senza pregiudizi. Castità, come quella del Dogma 95. "Così io esprimo il mio VOTO DI CASTITÀ" afferma Von Trier il coda al suo manifesto: distanza, freddezza e assenza del gusto personale, soltanto la verità dei personaggi. Curiosamente, se esiste una cesura nel film, non passa fra le due parti in cui è diviso. Cambiano gli interpreti (Joe e Jerome prima giovani e poi maturi), cambia l'atmosfera; ma questo non avviene improvvisamente e soprattutto non avviene nel distacco fra le due parti, come sarebbe lecito aspettarsi, dato che la divisione è stata comunque decisa dal regista. La prima parte, oltre che "scientifica", era stata ampiamente caricaturale: anche questo aveva consentito quel distacco che ha messo lo spettatore a proprio agio. Una certa ilarità associata al sesso è un forte antidoto contro la paura di confrontarsi con le pulsioni, con l'inconscio, con i sentimenti, con l'io. Qui l'unico spazio per la caricatura è quello di una sorta di episodio di transizione, l'incontro con i due negri. Negri, così li chiama Joe, subito bacchettata da Seligman. Segue piccolo pistolotto contro il linguaggio del politically correct, un tema ideologico caro al regista. E' soltanto ipocrisia, dice Joe, e questo ci dà una chiave di lettura da utilizzare in seguito.
(continua)
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