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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

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Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

 

« La poesia in un urlo a c...Incendi »

delle pallonate

Post n°255 pubblicato il 30 Giugno 2011 da simurgh2
 

12 giugno sul mezzodì

Entrai in quel cortile sul tardo pomeriggio
Un giorno caldo che sembrava d'estate
Tra quei palazzi che incombevano pesanti
come giganti stesi al suolo le ombre dal cielo
Appesantite da un sole che pareva aver mangiato l'anguria
Poi adesso mi chiami te e a me vien da piangere
Che son qua al Foster che è domenica, come al solito
vengo qua e mi vien da scrivere quello che mi viene in mente
e mi viene in mente questo in quel cortile tra i palazzi.
Allora c'erano queste ombre nel cortile
Ombre metafisiche come quelle
di chi cazzo è quel pittore?
C'era un ragazzino che tirava palonate su per il muro
Giocava da solo. Mi fermai ad ascoltare quel suono
Un rimbombo che le pallonate facevano tra i muri
Quei colpi tu tun tu tun dei rimbalzi
in un mondo che pareva quasi fermo
Lo guardai e gli dissi solo hei hei
Il ragazzino si girò e mi passò il pallone
come fosse la cosa piu normale al mondo
Cosi stemmo la un po a passarcela l'un l'altro
senza dire niente, che tanto serve mica
A me pareva un linguaggio quel passarci il pallone
Una cosa tra uomini, fatta di sguardi, di gesti
di porcheputtane e olallà che tiro
Poi alla fine diedi un calcione alla palla
che andò alta in cielo e cadde vicino
Grazie dei passaggi, gli dissi andando via
Lui mi fece un gesto con la mano
Adesso non sò neanche bene cosa volessi dire
Era un'immagine cosi, che avevo dentro
pensando fosse un quadro di Hopper
con un pò di De Chirico, ah ecco chi era
e poi con questa immagine dentro che avevo
mi veniva da commuovermi, che avrei anche pianto.
Allora delle volte mi dico lasciatemi stare
chiudetemi dentro anche se sto qui fuori
con poche parole, di quelle lasciate cadere
abbandonate sui tavoli o dentro i bicchieri
robe qualsiasi, anche prese da gente che parla
che mi servono poi a scassare serrature e aprire ferite
che mi arrangio, che faccio tutto da solo

 

Poi, dentro, c'era il signore là di questa storia di una settimana fà. Era li da solo e non con sua figlia e genero come al solito.
Guarda che giocano a bigliardo.
Pareva sollevato.Mi sà che avrebbe tirato due pallonate, senza pensieri. A badare solo di dare un bel colpo. Di dargli l'effetto con l'interno del piede, Godere della traiettoria arcuata. Non pensare al broncio di sua figlia, al fargliela pesare. Era solo quella domenica. Lei a mangiare con lui non c'era voluta andare. Ti ho tirato su io, brutta troia, ha pensato un secondo.
E adesso qua solo. Ma si, che sto anche meglio
La storia si trova cliccando quà 

 

 


Nò  o cjantin parceche  o fignin dur
il nostri muri al è pal nassi da fis
cuan? ch'io cjantin alcin lontan
dal scur dal bosc al cin di Avril
il fuc dal nostri sanc, par l'indoman
(Pierluigi Cappello)

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
lontradelbosc il 01/07/11 alle 04:15 via WEB
Le poche parole che cadono sui tavoli la notte fanno uno strano rumore, par di sentirne il sospiro rimbalzare nei bicchieri, confuse con l'ultimo sorso. Chè se saltassero dal tavolo e corressero libere non scasserebbero serrature e non aprirebbero ferite. E non si dovrebbe far tutto da soli, si chiamerebbero il fabbro o il medico. Però mi intenerisce chi si arrangia a far tutto da solo e si fa chiudere dentro anche se sta fuori! E mi piacerebbe anche sapere: Nò o cjantin parceche o fignin dir...
 
 
simurgh2
simurgh2 il 01/07/11 alle 17:35 via WEB
Sono le parole, a volte quelle che bastano, che ti cadono dentro come biglie di vetro, e rotolano appiccicandosi ad altre parole o suoni che incespicano e con quelle, come un vecchio artigiano, sai cavarne parole segrete, codici d'accesso, consolazioni provvisorie, un gioco sommesso.
Non si dovrebbe far tutto da soli
A volte non sai fare altro, altre volte da solo ti trovi, altre volte potresti e forse hai paura. Forse, infine è proprio solo che uno vuol stare
Nò o cjantin parceche o fignin dur
Era dur e non dir la parola. Ho sbagliato a scriverla.
"Noi cantiamo perchè teniamo duro"
 
lontradelbosc
lontradelbosc il 02/07/11 alle 10:23 via WEB
Il canto aiuta la fatica la supporta un po' l'allegerisce, come le parole che si incontrano o si scontrano o si strizzano l'occhio e fra di loro alla fine fanno festa, e chi le dice si diverte di questo loro stare insieme anche se le guarda da solo e da lontano.
 
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