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« La mussola. Van Gogh a Mossultravasa travagli in un f... »

Le trine di Rilke

Post n°450 pubblicato il 14 Maggio 2012 da simurgh2
 

Ad un certo punto entrano nella mia vita le trine di Rilke. Prima ancora Rilke mi era entrato tutto intero con le Elegie. Le trine si trovano ne "I quaderni di Malte Laurids Brigge", a pag. 103. Avevo però gia letto quella parte nel web. Ieri sera ci sono arrivato pian piano, leggendolo nel libro. Proprio ieri sera. Leggo poche pagine ogni tanto. Quella pag. 103 ora conserva un'appunto che ho scritto sopra. Una cosa pesante per me.
Quello che segue è un quadretto di Rilke da piccolo con Maman. Ti da l'idea di un Rilke femmineo, pavido, delicato di salute, impaurito e sgomento. Mica di uno che a quell'età giocava al  ribaldo cavaliere, all'ussaro combattente nella tundra, macchè: srotolava trine assieme a maman, come una bambinetta cortese, si addestrava all'uncinetto della poesia: 

nebbia.jpg"Adesso so anche cosa accadeva quando Maman srotolava le piccole strisce di trine. Si era riservata per il suo uso uno soltanto dei cassetti del secrétaire di Ingeborg.
«Le guardiamo, Malte?» diceva e si rallegrava come se le avessero appena regalato tutto quanto si trovava nel cassettino laccato di giallo. E poi non riusciva quasi, per l'impazienza, a svilupparle dalla carta velina. Ogni volta dovevo farlo io. Ma anch'io divenivo eccitatissimo quando le trine apparivano. Erano avvolte intorno a un rocchetto di legno che sotto le trine non si riusciva a vedere. E adesso le svolgevamo lentamente e guardavamo i disegni che si succedevano, e trasalivamo un poco ogni volta che una finiva. Cessavano così d'improvviso.
Venivano dapprima bordure di lavoro italiano, pezzi tenaci a fili tirati, in cui tutto tornava sempre a ripetersi, come in un giardino di contadini. Poi, d'un tratto, una lunga fila di nostri sguardi era graticciata di trine veneziane ad ago, come se noi fossimo chiostri o prigioni. Ma tornavamo liberi, e si guardava lontano, in giardini sempre più artificiali, finché tutto era fitto e tiepido negli occhi come in una serra: piante sontuose che non conoscevamo spalancavano enormi foglie, viticci si sorreggevano l'un l'altro come colti dalla vertigine, e i grandi fiori aperti dei points d'Alençon annuvolavano tutto con il loro polline. Subito, stanchissimi e confusi, si usciva sulla lunga via dei Valenciennes, ed era inverno e mattina presto e brina. E ci si spingeva attraverso i cespugli innevati dei Binche e si giungeva in luoghi ove ancora nessuno era stato; i rami si piegavano all'ingiù in modo così strano, sotto ci poteva ben essere una tomba, ma noi ce lo nascondevamo a vicenda. Il freddo ci stringeva sempre più dappresso, e alla fine, quando giungevano le piccole, finissime trine al tombolo, Maman diceva: «Oh, adesso ci verranno i fiori di ghiaccio agli occhi,» ed era proprio così, perché faceva molto caldo in noi.
Al momento di riarrotolare sospiravamo ambedue, era un lavoro lungo, ma non volevamo lasciarlo a nessuno.
«Pensa solo, se avessimo dovuto farle noi,» diceva Maman e sembrava addirittura atterrita. Era una cosa che non riuscivo neppure a immaginare. Mi accorgevo d'aver pensato ad animaletti che filano sempre trine e che per questo si lasciano in pace. No, naturalmente erano donne.
«Certo sono andate in cielo quelle che le hanno fatte,» dissi pieno d'ammirazione. Ricordo che mi colpì di non aver chiesto del cielo da lungo tempo. Maman sospirò, le trine erano di nuovo arrotolate.
Dopo un momento, quando già avevo dimenticato le mie parole, disse molto lentamente: «In cielo? Io credo che siano tutte qui dentro. A guardare le trine così: potrebbe essere una beatitudine eterna. Ma ne sappiamo così poco.»"

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Commenti al Post:
simurgh2
simurgh2 il 14/05/12 alle 18:05 via WEB
Trine avvolte in un rocchetto, nella carta velina. Non so, non credo neanche se ne vedano piu in giro. Evoca a pochi questa parola. Le merciaie non ci badano, la gente non chiede. Loro due, rilke e sua madre, si mettevano la e le guardavano. Ed erano eccitatissimi nel farlo, era un loro segreto. Il fatto è che me li immagino quei due, con i fiori di ghiaccio negli occhi, a guardarsi l'un l'altra, e gioire di questo: di un rocchetto da cui srotoli trine. Come rappresentazione, dell'immaginario e del sogno in cui rifugiarsi. Questo gli insegnava maman.
Trine...
mi è così cara questa parola
la sua indomabile grazia
Quel tralasimento che entrambi coglieva, ogni volta che un rocchetto finiva. Ecco, è forte per me la sensazione che questa immagine evoca, la sua poesia.
 
lightdew
lightdew il 15/05/12 alle 13:10 via WEB
cos'è che ti lega ai tessuti ed ai merletti?..grazie per questa chicca di rilke, per quanto vicino, mi era sconosciuta, ma intuibile. ;)
 
 
simurgh2
simurgh2 il 15/05/12 alle 14:56 via WEB
Niente mi lega ai tessuti e ai merletti. In questo caso è un'allegoria, un pretesto, una parola che mi conduce altrove. Nel post precedente c'era una tenda di mussola gonfiata da una corrente d'aria. Da li ne è nata una storia, un pò visionaria, come a srotolar quelle trine. Simbologie personali e codici che intessono trame, come i tessuti.
Un libro strano quei Quaderni di Malte. In parte mi permette di percepire da dove venga la sua poesia. Mi permette di percepire i temi fondanti di quell'uomo.
"bisogna saper aspettare,se i ricordi svaniscono, che tornino in noi tramutati in sangue, sguardo e gesto così che ci appartengano in modo eterno."
Poi c'è il piacere della prosa, del come scriva e racconti di stati d'animo all'interno di spazi interiori, del riflettersi negli oggetti e nelle persone. Del come da esse si allontani, forse solo per creare piu spazio ancora dentro di sè, per poter contenere tutto ciò che gli è sensibile.
Bah! Quando l'avrò finito, cercherò di spiegarlo anche a me quel come mai sia cosi importante, cosi come ora pare, questo libro.
Grazie lightdew
 
simurgh2
simurgh2 il 15/05/12 alle 15:16 via WEB
"Certe volte passo dinanzi a negozietti, per esempio nella rue de Seine. Rigattieri o piccoli commercianti di libri antichi o di acqueforti, con vetrine zeppe. Da loro non entra mai nessuno, evidentemente non fanno affari. Ma se si guarda dentro, li si vede sedere, sedere e leggere, noncuranti; non si curano del domani, non si preoccupano del guadagno, seduto dinanzi a loro hanno un cane, soddisfatto, o un gatto che fa ancora più grande il silenzio strofinandosi lungo le file di libri, quasi spolverasse i nomi sui dorsi.
Oh, se ciò bastasse: vorrei certe volte comperarmi una di quelle vetrine zeppe e sedermi là dietro con un cane per vent'anni.

da "I quaderni di Malte"
è cosi che mi sento adesso
 
 
lightdew
lightdew il 18/05/12 alle 09:12 via WEB
hai ragione, lo descrive davvero bene..e sai una cosa? lo comprendo come se fosse un mio sentire..;) grazie a te
 
daunfiore
daunfiore il 16/05/12 alle 08:27 via WEB
secondo me anche a creale ti senti in un pezzetto di cielo.
 
 
simurgh2
simurgh2 il 16/05/12 alle 10:46 via WEB

..potrebbe essere una beatitudine eterna. Ma ne sappiamo così poco.
Una bambina guardava sempre la nonna
A star là, in silenzio, la guardava ricamare
Ogni tanto alzava il viso, la guardava, le donava un sorriso
Le infondeva una calma segreta e tutto sembrava fermarsi
Un vento tiepido pareva scaldarle la pelle
Non sapeva darle un nome ma era l'istante di una beatitudine
che pian piano, come un ricamo, cuciva qualcosa
Univa dei lembi, dei pezzetti di cielo, il battito di ciglia sorprese
come ricami, intrecci, più tardi diventano richiami
Non imparò mai quella bambina il ricamo del filo
Non era piu tempo per quel modo di star sole le donne
Ricamare foglie, il salto nell'erba del merlo
ricamare preghiere, sospiri, alleviare dolori
Nella casa della bambina da grande non c'erano centrini
Non le garbavano i ricami, i pizzi su tende e cuscini
Un giorno però comprò un'antica tovaglia un poco ingiallita
Era di fiandra o di lino, non ricordava più
Era rimasta per anni in un cassetto, piegati i suoi ricami
Non sa perchè, ma le venne in mente la nonna, il sorriso
Quel silenzio nella stanza e la beatitudine del gesto
Ecco, adesso si sapeva darle un nome, un pezzetto di cielo
Prese la tovaglia e la stese. Un piccolo gesto
Ne afferrò i bordi e tenne nelle mani il pizzo sul fondo
Compì quel gesto che apre e stende nell'aria
Quell'istante eterno in cui rimane sospesa.
L'attese e la sentì piano ricadere con un'altra movenza
Come avesse catturato per sè un piccolo cielo
La sentì tra le dita, non sapeva come dire ma era come un sorriso
Quel gesto era stato un ricamo, il richiamo ad un pezzetto di cielo
Io credo siano tutte qui dentro, pensò. Ma ne sappiamo cosi poco

 
   
daunfiore
daunfiore il 16/05/12 alle 11:08 via WEB
a volte tu sai fare gli incantesimi...mescoli parole ed emozioni...e memoria...già mia nonna ricamava e mi sorrideva e raccontava...
 
     
simurgh2
simurgh2 il 17/05/12 alle 16:48 via WEB
incanti distanti
incauti ricanti
di ricami e trine
disincanti e manfrine
ricucire e scucire
bottoni e cerniere
per far ballare parole
nelle sordide balere
e la ballerina di liscio
con la sottoveste nera
di seta, il ricamo
un poco da sotto
il ricamo le usciva
perchè poco prima
se l'era tirata su
quella gonna
a mostrar le ginocchia
che c'era un bel moro
che veniva da fuori
arrivato in moto col rombo
la polvere dietro
sullo stradone
e allora qua le parole
bisogna farle fare dei suoni
fisarmoniche e trombe
violini e mazurke
ordiscono trame
passi doble e caschè
fanno moine
mostrano appena
spalline
che scivolano
giù
e poi si tirano su
come i capelli
dietro la nuca
con quella mossa vigliacca
raccontava la nonna
dei suoi anni migliori
ah, diceva ogni volta
beata gioventù
e riprendeva il ricamo
 
lontradelbosc
lontradelbosc il 18/05/12 alle 23:52 via WEB
Sete, mussole e mussoline, tulli, pizzi e trine, macramè...che passione,
e che bella l'immagine del tessuto leggero che vola. Io ogni volta ci gioco quando li stendo.
Da bambine usavamo i merletti per agghindarci da spose o fingerci attrici o ballerine.
Ci giocavamo coi ritagli non utilizzati dalle nostre mamme o con quelli un po' rovinati che staccavamo dalle lenzuola smesse.
Le trine e i merletti sembrano fatti apposta per accendere fantasie di tutti i tipi.
"Il pensiero sotto un velo così sottile - È più distintamente visibile - Come le trine rivelano fedelmente l'impeto - O le Brume - l'Appennino -"
Emily Dickinson
Credo che potrei leggerli quei quaderni di Malte, ma a piccole dosi. E'così intensa e struggente quella pagina 103, da far male.
 
 
simurgh2
simurgh2 il 19/05/12 alle 07:42 via WEB
Lontra sai, non è che mi trovi proprio bene star qua a parlare di mussole e trine. Che magari dò l'idea di uno che ricama di nascosto a casa. E neanche Rilke, con maman mi da questa idea cosi virile in fatto di identità sessuale. E di certo, proprio per questo, riesce a cogliere la delicatezza e resistenza dell'universo femmineo che lo circonda. Sua madre, glielo dice, avrebbe preferito che lui fosse stato una bambina. Allora, quando sono soli, lui finge di esserlo, fa la vocina ingentilita, le mossette e tutto. Ecco qua, trovato, pagina 77. Rilke si mette il nome di Sophie. Avviene questa scissione identitaria, con la complicità di maman, in questo loro privato gioco.
"Ero Sophie, la piccola di maman, che si occupava della casa e a cui maman doveva fare una treccia perchè non la si scambiasse con quel cattivo di Malte (Malte è Rilke), quando fosse tornato."
Poi, sempre nella stessa pagina, sempre tra lui e maman, scrive:
"..non era per amore delle favole. Perchè eravamo d'accordo nel non amare le favole. Avevamo un'altra idea del meraviglioso. Secondo noi, cio che avveniva con gli elementi naturali era sempre più meraviglioso. Non davamo molta importanza al volare per aria, le fate ci deludevano, e dalle metamorfosi ci aspettavamo sempre un cambiamento molto superficiale. Ma leggevamo un pò per sembrare occupati. Ci era sgradito, dovere subito spiegare, se entrava qualcuno, quello che stavamo facendo, davanti a mio padre, specialmente, esageravo in evidenza".
Ha un'affinità sorprendente con la dimensione femminile, con le dinamiche domestiche delle donne, con il senso che sanno dare all'amore. Forse per questo è diventato il poeta che è, anzi sicuramente.
Beh lontra, cosi mi hai dato modo di ripensare a questo suo sguardo sul mondo, di capirne maggiormente l'angolatura, la prospettiva; l'essenza, in fondo, di Rilke. Ma con questa mia escursione, starò ben annoiando, sorry.
Le bambine adesso non giocano piu a far le spose ne, credo abbiano occasione di tener tra le dita dei merletti. Immagino scimmiottino davanti allo specchio a far le subrette o le veline. L'immagine che tu trasmetti è molto bella, con la sua dose di nostalgia. La sensazione che rilke trasmette attraverso merletti e trine, la sintetizza bene la dickinson, e ti ringrazio perchè è bellissima.
Un libro strano e difficile questo qua. Difficile nel senso che se non hai un imprescindibile interesse per quel mondo da cui rilke esce e si forma, magari lo si può trovar noioso. La prosa è incantevole. Il gusto di leggere cose scritte bene, per quell'estetica che, almeno per me, è cura. Poi ha una valenza simbolica personale, nel senso che rappresenta un pezzo di storia mia recente. E' colmo di annotazioni e divagazioni. Un laboratorio a cui attingere ed ispirarsi. Lo leggo pian piano per questo motivo. Sono quei libri che ti devono capitare, prima o poi. Se l'avessi letto dieci anni fa, per dire, non sarebbe stata la stessa cosa. In un certo senso, sono i libri che ci cercano o che, attraverso altri, con cui si riconoscono affinità anche affettive beh, ecco avverti il desiderio di condividere, di spartire gli stessi sguardi sulle parole, sulla narrazione, sulle emozioni.
Madonna, che pappardella.
Tornerò a leggere di pugili.
 
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