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Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

 

« Peripezie dell'acquaSalva con nome »

Ekki Mùkk

Post n°498 pubblicato il 11 Febbraio 2013 da simurgh2
 

 

La necessità della lentezza
delicata architettura della spirale
dentro c'è il Minotauro
l'utero, il labirinto
che la lumaca sfida
piano accerchia e stringe
nella costruzione della sua spira
che prima allarga
poi torna e decresce
Angelus Novus
Nel suo sguardo
mortale Medusa
la via d'uscita
la sua piccola bufera
riportando al centro il margine
la lenta spirale
circolare che trattiene
di ogni andare il ritorno
come l'Angelus ascende
o sprofonda
un perdersi nell'apice
cala la spirale
ottavo ipogeo
sottosuolo e controcanto
esegesi della spirale
che dagli inferi sale
un Ulisse in ognuno
una semantica della fuga
l'utero e il filo di Arianna
l'embrione e il germoglio 
il cordone ombelicale
Intorno al collo
(simurgh)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un uomo trasognato nei suoi pensieri con lentezza nell’erba alta cammina assieme a loro è in altro luogo. Ha un grande piede che poggia e piega l’erba verso la terra. La lumaca lo vede, muove circospetta le antenne, si orienta, ascolta, poi teme, gli angeli malati che sente nell’erba che geme, una soffitta, i giocattoli, un trenino di legno, una scatola di Lego, una scatoletta di legno, come uno scrigno con dentro un Ussaro di stagno che, una volta, lui metteva sotto il cuscino. Un cancello, si ferma, un confine delimita, più oltre erba ancora, un pascolo, alta quell’erba , nasconde in un fruscio dentro  i suoi passi, e freme l’intorno, le foglie, i legni, i vermi per terra, le cerva ai margini del piccolo bosco e la lumaca lo sente, muove le antenne e striscia la sua bava e lui pensa alle tettine tremanti della bambina, ai piccoli capezzoli induriti dal freddo. L’uomo aveva perso la strada per casa. Da quattro giorni camminava senza meta. Non era cosi sveglio, se cosi si puo dire, quell’uomo. La lumaca viene presa su dagli occhi dell’uomo, dall’erba, tra le dita, nel palmo lei posa. Lui da sempre, negli occhi lo stesso stupore, come sfugge l’impermanenza delle cose e questo, per lui è qualcosa che spinge verso quell’inquietudine che cerca la pace. Come ogni uomo, l’andare. La testa piena di piccoli sonni, un argine separa, da cui non sa mai se il suo è un’essersi svegliato e allora, quel guardarsi attorno ogni volta., in quella sorta di sgomento cova stupore., come ogni strada persa che riporta a casa.

 

"Irreale
Tu sei apparsa a me
A nessun altro
E tornata ( ad essere) niente"
Sigur Ross)

...il racconto continua nello spazio dei commenti

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Commenti al Post:
simurgh2
simurgh2 il 11/02/13 alle 18:27 via WEB
E’ una delicata struttura la costruzione della spirale. La lumaca lo sa. Dentro c’è il minotauro, l’utero fuori. Con delicata voce la lumaca, posata sulla spalla lo guida dentro il bosco, calpesta le foglie. Con la Dea non hai confidenza. Anche tu sei solo una piccola bestia ,gli dice la lumaca. Andiamo dentro al passo che segue, andiamo. E insieme vanno. La natura è un ringhio sommesso. La natura ci teme nel bosco. Oppure a noi è totalmente indifferente ci perde, inventandosi un cerchio di vento che scuote in alto le foglie. Una piccola volpe ferita in mezzo al sentiero, ringhiando china la testa, ferito il suo nascondersi o fuggire. Un linguaggio privo di segni, un guaito, l’imploro negli occhi, chiodi nei legni.

“Abbiamo trattenuto il respiro
Finché
Potevamo resistere”
(Sigur Ross)

Gli istanti in cui il cielo si ferma e ogni cosa trattiene il respiro, come con quella bambina, il gioco nel suo piccolo seno, i colombi sulla ginestra beccavano bacche, e quelle piccole tettine sotto la maglietta, premuta dalle righe la bambina la alza, lui tocca quel candore come un mattino scintilla., le cosce smagrite, subito nervose versava impietosa ma era come se un petalo cadesse dal cielo. Rimase solo qualche piccolo segno rosso su quel candore, dopo a dirle di un suo tempo che si faceva piu breve.

“Abbiamo chiuso i nostri occhi
E abbiamo premuto le nostre mani sulle
nostre orecchie
Non sentivamo alcun suono “
(Sigur Ross)

La lumaca l’aveva guidato verso la volpe ferita. Nello sguardo, come quello della bambina, c’era imbarazzo, forse vergogna, eppure ugualmente fiera l’attendeva in mezzo all’erba e le foglie secche. Allo stesso modo la teneva tra le braccia la volpe bambina. Il sangue della ferita gli inzuppava la stoffa. Camminarono a lungo in quella campagna, tra l’erba, la volpe ferita, l’uomo e la lumaca sopra la spalla come di vedetta, scrutava. Si sdraiarono sotto un grande albero. Lui era stanco e angeli goffi e merli spaventati lo rapirono al sonno, per terra sotto quel troco, la volpe sul suo petto e tutto quel sangue. La lumaca striscia giu dalla spalla e piano s’infila tra l’erba.

“Respirando piano
Battiti del cuore
Prendi un respiro e tuffati giù
E viaggia “
(Sigur Ross)

La volpe la guarda. immobile, con lo stato d’animo della perdita e della solitudine, riunita in un cerchio di comprensione mortale, si sdraia per terra, mentre l’uomo sogna la bambina, lei muore, la lumaca si allontana strisciando. La bambina intanto si inventava il vento tra i capelli correndo giu, verso il mare, le piccole onde, sotto i piedi le alghe, bianche meduse. Forse sulle scapole aveva piccole ali. Il padre, seduto ad un tavolino di ferro fuori del caffè sulla spiaggia, che aveva un nome di santi o naviganti, guardava sollevare la sabbia quel corpo correndo in una piccola danza, mentre lui si metteva in bocca una scura oliva salata. Piu tardi, quel padre, presenterà la bambina agli altri dei e la inciterà a danzare tutta la notte.

 
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