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"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran)
Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)
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Veramente l'uomo è Agni (Fuoco):
Le parole sono i ceppi,
il soffio è il fumo,
la lingua la fiamma,
l'occhio le braci,
l'orecchio le scintille.
Sono parole che appartengono a due delle Upanishad più antiche. Le Upanishad sono preghiere Indù. Upanishad è il nick di una tipa a cui scrivevo. Upanishad non sapevo neanche cos'era. Upanishad ovviamente sono andato a vedere in wilkipedia. Wilkipedia mi ha detto, io ho capito ma non è che interessa, anche si ma non mi pare di avere tempo, non per sapere ma per starci dietro. Questo è il Veda. Allora queste preghiere vogliono spiegare come il mondo è fatto. Se mi facessero questa domanda: Com'è fatto il mondo?" io non saprei neanche da dove cominciare, balbetto e vado in confusione e se proprio dovessi comincerei con un dunque vediamo..
Loro dicono cosi, che il mondo è fatto dello stesso elemento, che è anche dio: Agni. Tutti sono fatti di fuoco.
A me piacerebbe rispondere cosi. Fatta, facile no? Un pensiero potente e venerato dalla millenaria cultura indiana. Il fatto è che leggevo di Roberto Calasso a cui porto massimo rispetto per due cose: una è la Adelphi che dirige. l'altra è un libro suo che ho letto "Le nozze di Cadmo e Armonia" sulla mitologia greca. Adesso ha scritto questo ultimo libro che si chiama "L'ardore". Sono piu di 500 pagine e costa 35 euro. Prima sono andato in questa libreria di sinistra che non mi fà mai gli scontrini, mai. Però ci sono queste commesse, una piu di tutte che io insomma, mi emoziona e mi imbarazza, ed è come imbarazzata anche lei quando mi sta dietro per qualcosa e cosi, con questo imbarazzo non si va da nessuna parte. Ci vorrebbero vent'anni con questa anda qua. Dovrei prepararmi del bigliettini scritti da mettergli sul parabrezza della macchina? Non sono il tipo. Ho un decalogo preciso. Ma non era questo ma che prendo il mano il libro di Calasso. A me questa cultura indiana affascina a morte, quasi quanto la commessa. Però ci vuole una testa secondo me, mica come la mia. Insomma mi fa paura, mi impressiona. Calasso dice che con questa cultura qua ti vien permesso di diventare qualcosa di piu che umano. Lui è un'esperto. Rituale e liturgia sono gli elementi ossessivi per compiere il sacrificio e diventare qualcosa di piu che umano. Chi non vorrebbe vivere come questi uomini vedici che perseguono solo certi stati della coscienza. Sopratutto vogliono essere coscienti di pensare. A volte son sicuro di avere stati della coscienza di questo tipo e sento delle folgoranti illuminazioni. Allora, al piu grande maestro nelle Upanishad viene chiesto " Su quale trama viene tessuto il tempo?" Lui risponde "Sulla trama dello spazio"
A me vien piu da pensare alla commessa a dir il vero
Poi l'altra domanda: "E lo spazio?". Il maestro risdponde
"Sull'indistruttibile che non è visto e vede, che non è udito e ode, non è pensato e pensa, non è conosciuto e conosce."
Tanto a questo punto non mi leggerà piu nessuno ma Calasso conclude con questa considerazione " Ma come si puo conoscere ciò che non si lascia conoscere? Soltanto per una via: diventando in qualche misura quella cosa stessa".
O' gli indiani sono 2600 anni che fanno queste cose qui ed è la loro via alla conoscenza, una tradizione segreta immutata e la cosa piu bella che dice è questa. "Puoi conoscere soltanto il falso, il vero devi esserlo tu stesso"
Ed è meglio che finisca cosi. A me una frase cosi non verrebbe mai da dirla neanche per scherzo. Però mi è venuto in mente questo concetto sulla poesia di Chlebnikov che considera la stessa come l'atto di nominare il senza nome, di misurare il senza misura, di vedere il senza volto. Uno che ha scritto una poesia che (vado a memoria) dice:
Sole
mare
vento
vino
tralallà
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Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)