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"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran)
Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)
« si saranno fatti un tiro... | Mi sembra alle volte che crepi » |
Principio di piacere e di successo. Queste parole sento quando entrano. Parlavano dei ragazzi di adesso, ho capito dopo. Dicevano dei principi che prevalgono. Erano due insegnanti, questo l'ho capito in un istante. Si guardavano e non vedevano altro tanto erano assorbiti tra loro. C'era un sole che si schiatava nel pavimento illuminando la scena. Ho visto le margherite sui prati da giorni. C'è qualcosa nell'aria che stordisce. "Marzo el mato va descalso" dice mia madre ogni anno a quest'ora. L'ho accompagnata in posta stamattina.
Le parole successive dei due son state che "Una volta prevaleva il principio di fatica come valore ed insegnamento" Questo l'ha detto lui. E' vero, ho pensato.
"Non c'è piu questo concetto della fatica - ha ripreso lei - Non come pratica formativa o, perlomeno non è lo stesso concetto di fatica che allora veniva intesa"
Lei aveva una folta capigliaura sale e pepe raccolta sulla nuca, un maglione largo pieno di lane e colori minuscoli, dei gin e stivali bassi, scamosciati chiari con la lana di pecora dentro, come doposci. Aveva una bella forma. Quella la me la ricordavo da giovane. Era una troskista leninista in uno di quei gruppetti sempre in mezzo ai maroni. Una tipa delicata, cresciuta con quel tipo di educazione rispettosa e garbata, che si era fatta il mito operaio e contadino della rivoluzione sovietica. Suo padre era un quadro dell'Inps. Sempre uguale, ho pensato.
Lui aveva una giacca a spina di pesce sul verde, labbra strette da tignoso, come gli occhi da miope. Un venditore di enciclopedie a rate pareva.
Teneri tra loro. Amanti da poco, ho pensato. Entusiasti, con un sacco di argomenti e voglia fitta di dirsi le cose. La sentivi quella felicità densa, quell'entusiasmo adolescenziale. Si erano seduti ad un tavolo. Io in un altro scrivevo una poesia. poi si sono alzati e sono andati via.
Lui ha insistito per pagare. Lei ha detto "Ubi maior, ubi cessat". A me fanno un certo effetto le citazioni in latino. Dico sempre di tenerne un po a memoria, per fare una certa figura, poi non mi ricordo mai.
Per me, quella roba che lei gli ha detto mi ha capitolato. Scaltra lasciava a lui il simbolico vanto. Son cose a cui gli uomini ci tengono. Io se lasciassi pagare lei mi sentirei sminuito, per esempio. Che roba sarà questa che abbiamo, non sò.
Poi ho chiesto al tipo al bar, uno che conosco, cosa avessero bevuto. Due spritz mi ha detto. Con cosa gli ho chiesto. Uno con il Campari e uno con l'Aperol, mi fà. Chi ha preso quello con il Campari? Lei? gli chiedo con una sorta di tensione tutta mia. Si, lei, mi ha detto. Chissà perchè queto mi faceva contento? Le donne di solito lo prendono con l'Aperol. Il Campari è per quelli tosti. Lui un pò fighetta, ho pensato. Sarà lei ad avere il potere, anche se finge di lasciarlo a lui perchè abbia la soddisfazione del ruolo.
Allora, almeno io, quando ho vicinanza con situazioni simili di amanti, avverto la tensione amorosa che si espande con la loro presenza. Non so come erano messi nella loro storia, a che punto e via discorrendo ma mi veniva una voglia sentendo la loro. Secondo me quelli che sono o si stanno innamorando e si desiderano lasciano nell'aria una tensione, che devono essere i ferormoni. Mi viene in mente quando lui è via e ha lasciato una maglietta adoperata nella camera dell'amata e lei la prende in mano e se la schiata sotto il naso e va via di testa dalla voglia. Quelli la sono i ferormoni, sostanze volatili. Adesso mi è rimasta addosso tutta una rimescolanza a farmi venire in mente quei due. Ma guarda un pò mi vien da dire.
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Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)