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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

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« Gli haiku del branzinoSasso »

Un altro Ohran

Post n°388 pubblicato il 28 Gennaio 2012 da simurgh2
 

Fin da bambino, per anni ho creduto che vivesse un altro Orhan, del tutto simile a me, un mio gemello, in una strada di Istambul, in un'altra casa simile alla nostra. Non mi ricordo dove e come ebbi per la prima volta questo pensiero. Molto probabilmente, il pensiero si era inciso dentro di me alla fine di un lungo processo, tessuto di incomprensioni, coincidenze, giochi e paure[. .] A cinque anni ero stato mandato in un'altra casa.  I miei genitori, dopo la separazione, si erano incontrati a Parigi e avevano deciso di lasciare me e mio fratello a Istambul. Io ero andato da una zia materna, mentre mio fratello era dalla nonna paterna e il resto della famiglia. Su una parete di questa casa, dove ero sempre stato accolto con affetto e sorrisi, c'era la fotografia di un bambino piccolo, in una cornicie bianca. Ogni tanto lo zio e la zia, indicando la foto dicevano sorridendo "Guarda, quel bambino sei tu"

Quel bambino grazioso, dagli occhi grandi, si, mi assomigliava un pò. Allo stesso tempo però, sapevo che non ero esattamente io. (In realtà la fotografia l'avevano comprata in Europa) Poteva il bambino essere l'altro Ohran cui pensavo sempre, che viveva in quell'alta casa? Anch'io adesso vivevo in un'altra casa. Forse ci ero andato per poter incontrare il mio simile che viveva da un'altra parte di Istambul, ma io non ero affatto contento di questo incontro. Volevo tornare a casa mia, a Palazzo Pamuck. Quando mi dicevano che era mia quella fotografia sul muro, nella mia testa tutto si confondeva: io, la mia fotografia, la fotografia che somigliava a me, il mio simile, le immagini di un'altra abitazione si mescolavano e volevo tornare a casa....

(Orhan Pamuck - Instambul - Inizia cosi)

Io non ho mai creduto che vivesse un altro me da qualche parte però quella dimensione di spaesamento l'ho vissuta eccome. Tutt'ora, la amo, la cerco, la esploro piu che altro. 

 
Rispondi al commento:
simurgh2
simurgh2 il 30/01/12 alle 11:05 via WEB
Da piccola eulalie, cresciuta volando e poi inciampando, prendendo paura s'è inventata una cura, non poteva far altro...resistere, esistere pian piano, senza troppo rumore, rubando l'amore, quel poco che resta, messo in conto ogni tanto, a rate, a scadenza, ogni tanto una festa, una pallottola in tasca, una poesia tirata fuori dal buio della foresta, tigri della malesia, faine sotto i cespugli, chiocciole dalmate sulle foglie della salvia in giardino, anche i rami spogli d'inverno, stagliati contro la luna facevano paura, mostri, carcasse, giganti, poiane, pesci dalle squame di vetro e poi farfalle elettriche, giostre alla sagra, canzoni smarrite, pezzi di vetro sotto la sabbia mentre io, seduto sulla sedia, battevo i calcagli, contavo i colpi, quanto mancava e sul tappeto sognavo, guardando tutti quei disegni, come dentro una foresta, gli alberi, i conigli, i serpenti, le montagne, gli uccelli e allora mi inventavo un'avventura, ero un brigante, uccidevo della gente, andavo a cavallo, davo fuoco alle case, diventavo millemila altre persone, malandrini, santi, cow boy, pirati. "Stai fermo con quelle gambe, non battere i tacchi, vieni su da quel tappeto, sempre la con quella testa persa, vai a studiare"
Bella la poesia di natan zach e poi bello quel nome, zach, che taglia, interrompe, scantona, s'impianta come un albero, radice che espande sotto sotto scava cunicoli, le unghie sporche di terra, grattare via le stagioni, le radici, i tuberi, le talpe e i vermi, i sassi, le infiltrazioni d'acqua, i giocattoli nascosti, i gatti morti in giardino, dove poi sopra piantavano l'albero di Zach. Era un albero di prugne o albicocche, non ricordo piu eulalie, non ricordo
 
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